“L’epidemia di Covid-19 – rileva Pino Aprile – ha fatto venire a galla tutti i nodi irrisolti di un’Italia che non c’è, che non è unita e che se non si riunirà, ripartendo dal Mezzogiorno, è destinata a sgretolarsi e a spaccarsi definitivamente nella sua identità di nazione. La pandemia e i comportamenti che ne sono derivati costituiscono nell’analisi del giornalista e scrittore la cartina di tornasole di un Paese, in questo particolare momento, che ritrova al Sud le sue migliori eccellenze: si pensi solo per un istante alla combattiva operatività dell’ospedale Cardarelli di Napoli, sempre in prima linea contro il virus e tra i primi a delineare una possibile strategia di soluzione, con l’individuazione di un possibile vaccino”.
E continua dicendo: “Mentre il Sud ha generalmente contenuto il contagio, rispettando le regole e chiudendosi in casa, fin dalla prima ora, al Nord si assisteva a un lockdown a singhiozzo, in cui le fabbriche, per un malinteso senso del lavoro, che finiva per diventare ossessione produttiva, scaglionavano e ritardavano le chiusure, favorendo anche inconsciamente il propagarsi del virus”.
Nel quadro tracciato da Pino Aprile, il Sud ritrova se stesso nell’elogio di una ponderata concretezza, che nei momenti topici, come la pandemia, diventa competenza e prontezza nell’agire, di fronte a un Nord che invece si ritrova confuso incapace di indicare una direzione comune, di fronte ad un problema incombente.
La pandemia impone quindi un cambio di passo, avverte Pino Aprile. La rinascita o verrà dal Sud, o non verrà; altrimenti di trasformarsi in catastrofe, ancora una volta annunciata e non affrontata. Ma il suo saggio in fondo è anche acusticamente un’ode all’orgoglio terrone, a ciò che noi meridionali siamo e non sappiamo di essere. Rialzeremo la testa? Saremo capaci di proporre e di imporre un nuovo modello di sviluppo? La strada è obbligata.