La polizza non era valida, come gli altri certificati presentati. I dpi non sono mai arrivati. I soldi dell’anticipo non sono mai stati restituiti. E alla fine dei conti, oggi nelle casse della Regione c’è ancora un buco di circa 11 milioni di euro. Un quadro che evolve con estrema lentezza, come sembra emergere dall’aggiornamento prodotto mercoledì dal vice governatore, Daniele Leodori, in consiglio regionale. Sono passati tre mesi dall’esplosione del caso delle “mascherine fantasma” nel Lazio, scoperchiato grazie a un’inchiesta de Ilfattoquotidiano.it e a un’interrogazione di Fratelli d’Italia, ma manca ancora all’appello la restituzione di gran parte dell’anticipo di 14 milioni di euro che la Protezione civile del Lazio aveva assicurato fra il 17 e il 20 marzo alla società Ecotech di Roma per l’acquisto di 7,5 milioni di mascherine Ffp2 e Ffp3 – commessa totale di 35,8 milioni di euro – che sarebbero dovuti servire per la gestione dell’emergenza Covid, il cui picco è ormai allo spalle.

La commessa, dopo essere stata annullata una prima volta e poi rinnovata grazie alla presentazione di un certificato Sgs – poi risultato falsa – è stata definitivamente revocata il 25 aprile. L’Ente regionale sperava di poter incassare la polizza sottoscritta dalla Ecotech con la Seguros Dhi-Atlas, ma anche questo si è presto rivelato un documento non valido in Italia. Solo il 21 maggio, a fronte delle continue rassicurazioni del fornitore, la Regione Lazio ha provveduto a presentare al Tribunale di Roma ricorso per decreto ingiuntivo, che ad oggi non è stato ancora eseguito. “Si evidenzia – ha fatto sapere Leodori rispondendo a un’interrogazione di Chiara Colosimo (Fdi) – che la società Ecotech ha proposto ricorso al Tar del Lazio contro i provvedimenti di risoluzione dei contratti e per il giorno 13 luglio è fissata l’udienza per la decisione sulla richiesta misura cautelare di sospensiva”. Leodori spiega anche che “il ricorso per decreto ingiuntivo è l’unico strumento consentito dalla legge per agire in sede civile al fine di ottenere il recupero del proprio credito”. “È insopportabile la rassegnazione con cui la giunta regionale sta affrontando questa vicenda: qui è in gioco non solo il buon nome di un partito o di una maggioranza, ma della politica tutta”, ha commentato in aula la consigliera Colosimo.

Sulla vicenda sta indagando ormai da quasi tre mesi la Procura di Roma, su input della Guardia di Finanza capitolina, un fascicolo arricchito da un esposto della Regione Lazio con sei aggiornamenti, come confermato da Leodori. Gli indagati noti sono, per ora, solo i vertici della Ecotech. La pm Elena Neri e il procuratore aggiunto Paolo Ielo hanno interessato i colleghi della procura di Taranto e, all’estero, di Lugano e Londra. I soldi, infatti, hanno viaggiato attraverso vari fornitori, che ora risultano essere inadempienti l’uno con l’altro. Ecotech, infatti, aveva corrisposto una parte dell’anticipo alla britannica Giosar Ltd e una parte alla società svizzera Exor. Entrambe le società sono guidate da due italiani, Stefania Cazzaro e Paolo Balossi. La Exor, a sua volta, aveva chiesto l’approvvigionamento alla Internazionale Biolife srl di Taranto, che era già un fornitore della Regione Lazio e che aveva promesso agli svizzeri le mascherine a un prezzo decisamente inferiore a quello pagato dalla Regione a Ecotech. E italiano è anche Andrea Battaglia Monterisi, il titolare della compagnia assicurativa cui la Ecotech – su indicazione della Exor – si è rivolta per assicurare, il 20 aprile, l’anticipo della Regione, polizza poi definita “non valida” dall’Ivass (Istituto di vigilanza sulle assicurazioni): alla data della stipula, Battaglia Monterisi risultava imputato a Benevento, in un processo di camorra con al centro il boss Domenico Pagnozzi.

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