È una sentenza storica quella della Corte Suprema americana che ha stabilito, a maggioranza di 5 giudici favorevoli e 4 contrari, che circa metà dello Stato dell’Oklahoma appartiene ai nativi americani e deve quindi essere riconosciuto come riserva. Terreni tutt’altro che marginali, visto che si tratta di 12.140 chilometri quadrati che comprendono anche la seconda città dello Stato, Tulsa.
In quest’area vivono 1,8 milioni di persone, di cui il 15% sono nativi parte delle tribù locali. A loro la sentenza della Corte darà il diritto di essere perseguiti solo da procuratori federali, oltre che permettere a quelli già condannati nei tribunali statali di impugnare le sentenze. Inoltre, esiste anche la possibilità, specifica la Reuters, che vengano esentati dalle tasse statali.
A sorpresa, il voto decisivo è stato quello del giudice Neil Gorsuch, nominato come membro della corte proprio dal Presidente Donald Trump che nel 2017 dovette superare l’ostruzionismo democratico per piazzarlo tra i 9 membri della Corte. Gorsuch si è infatti schierato con i quattro colleghi liberali e ha scritto l’opinione di maggioranza, richiamando la promessa fatta dal governo americano dopo il cosiddetto Sentiero delle lacrime, ossia la deportazione forzata dei nativi americani del 1830: “Oggi ci viene chiesto se il territorio promesso dai trattati resta una riserva indiana ai fini dell’applicazione della legge federale. Dato che il Congresso non ha detto nulla di diverso, richiamiamo il governo a tener fede alle sue parole”, ha scritto. La decisione è stata presa affrontando il caso di un nativo americano, la cui condanna per lo stupro di una bambina di quattro anni è stata annullata.