Nel suo ultimo libro ('U Siccu, Rizzoli) il giornalista Lirio Abbate ha cercato di mettere ordine sull'enfant prodige di Cosa nostra, pupillo di Totò Riina, "gemello diverso" di Giuseppe Graviano e ultimo custode dei segreti delle stragi. Il risultato è un libro che è un mosaico di ricostruzioni e testimonianze inedite. Come l'unico verbale giudiziario esistente del boss, ascoltato nel 1988 dalla Squadra Mobile di Trapani che stava indagando su un omicidio
Dalle sue parti i suoi fan non lo nominano neanche: quando si riferiscono a lui alzano semplicemente la testa e guardano in alto, in un punto nel vuoto più o meno alla destra dell’interlocutore. Molti altri, invece, non ne pronunciano quasi mai né il nome e nemmeno il cognome. Lo definiscono semplicemente “iddu“, lui. E quando qualcuno, sprovveduto, chiede chi sia “iddu“, rispondono: “Iddu, ‘u latitanti“. È questo che è per i suo conterranei Matteo Messina Denaro, l’ultima primula rossa di Cosa nostra: un signore che semplicemente non c’è.
E su iddu, ‘u latitanti, che Lirio Abbate, esperto giornalista di cose di mafia, ha cercato di mettere ordine. Sull’enfant prodige di Cosa nostra, sul pupillo di Totò Riina, “gemello diverso” di Giuseppe Graviano e ultimo custode dei segreti delle stragi rimasto in libertà, il vicedirettore dell’Espresso ha scritto un saggio d’inchiesta che è un mosaico di ricostruzioni e testimonianze inedite. Il libro è uscito per Rizzoli e i sichiama ‘U Siccu, l’ultimo capo dei capi: il secco è uno dei tanti soprannomi del principe nero di Castelvetrano. Gli altri appellativi noti sono Diabolik, come il ladro dei fumetti. E poi c’è “iddu“, “‘u latitanti“, che non è un soprannome ma il modo per definire una personalità ingrombrante nonostante sia assente.
Come ha fatto a rimanere un fantasma? Chi lo ha protetto? E in che modo? Ma soprattutto: chi è oggi ‘u Siccu? “È uno che ha accumulato tanto denaro da non doverlo più contare”, risponde Abbate nel libro. “Diverso dagli altri padrini corleonesi, ha speso molto, in passato, per gli affiliati. Ha scelto la generosità come strategia di amministrazione del potere, ma se qualcosa in questo meccanismo dovesse incepparsi, i favoreggiatori non farebbero eccezioni: se non dà, se lo vendono“.