La Covid fa male alla politica. E al suo linguaggio. Il chiacchiericcio autoreferenziale, la sloganistica para-pubblicitaria hanno mostrato tutta la loro povertà di spirito di fronte alla più grande emergenza del dopoguerra. Se provate a rileggere le dichiarazioni dei grandi di tutto il mondo, non troverete una sola frase con quell’alta retorica motivazionale che siamo abituati ad associare alla grande politica.
Le “lacrime, il sudore e il sangue” di Churchill, il “fratelli e sorelle” di Stalin, “non chiedete cosa lo stato può fare per voi” di Kennedy. Ma neppure i tonitruanti “spezzeremo le reni” o “un popolo, un impero, un capo” della terribile, ma grande, oratoria di destra. Forse ricorderemo solo il cinico dobbiamo morire tutti di Bolsonaro.
Le parole non sono state all’altezza del momento. Per cui figuriamoci se ci si può sorprendere della salvinata che rovescia lo slogan di Stalin e immagina di raccogliere le bandiere del berlinguerismo dal fango in cui le hanno lasciate cadere i democratici. E solo perché si trasferisce nella stessa via che fu toponimo identificativo del Pci. Chiacchiericcio. Come dire bacioni. Che, invece, il discorso sarebbe assai serio.
Che la destra abbia provato, nel deserto di proposte della sinistra (?), a sventolare quelle bandiere, è vero. Ha pure funzionato. Almeno a livello di propaganda. Il carnage del discorso inaugurale di Trump, il nazionalismo economico, e adesso pure il new deal di Johnson. Vuol dire che i danni del quarantennio liberista sono lì, sotto gli occhi di chiunque. E la pandemia li ha pantografati.
Ma la destra populista più che usare quelle parole come esca per elettori incattiviti non può fare. Con Berlinguer figuriamoci, ma nulla c’azzeccano neppure con Roosevelt, Beveridge o Keynes. Sono selfie con i disperati. Poi si fanno la doccia per ripulirsi. Certo poi pensi ai silenti Biden e Zingaretti, al successore di Corbyn, incapace di valere un titolo di giornale mentre gli inglesi stramazzavano come durante il blitz e ti chiedi se sia davvero meglio tacere alimentando il sospetto della stupidità, piuttosto che parlare dandone la certezza.