Se si tornasse oggi alle urne il centrodestra unito avrebbe la maggioranza in Parlamento, a prescindere dal sistema elettorale scelto. Diverse sarebbe invece il peso di Forza Italia, mentre chi deve guardare alle soglie di sbarramento è Matteo Renzi: in questo momento nel caso di un proporzionale puro la sua Italia Viva non sarebbe nemmeno in grado di superare il tetto del 3 per cento. Sono alcune delle conclusione a cui arriva il sondaggio condotto da Nando Pagnoncelli sul Corriere della Sera, simulando un ritorno alle urne sulla base delle intenzioni di voto dal 2 maggio al 9 luglio: quindi con la Lega al 25,5%, il Pd al 20% e il M5s al 18,1%, poi FdI (16,4%), Forza Italia (7,7%) e Azione (3%).
La previsione prende in considerazione quattro scenari: le variabili riguardano infatti sia la legge elettorale, su cui si tornerà a discutere dal 27 luglio alla Camera, sia il taglio dei parlamentari, oggetto di un referendum previsto per il 20 e 21 settembre. Nel primo scenario, con l’attuale Rosatellum (che prevede una quota maggioritaria) e senza riduzione degli eletti, il centrodestra avrebbe 391 deputati e 201 senatori: basterebbero Lega e Fratelli d’Italia per formare una maggioranza. Il secondo scenario invece ipotizza, a differenza del primo, un’alleanza pre-urne tra centrosinista e M5s: in quel caso la predominanza del centrodestra verrebbe ridotta, ma comunque garantirebbe a Salvini e alleati un margine tranquillo per governare.
Il contesto cambia nel terzo scenario, che prevede il passaggio alla legge elettorale chiamata Germanicum (proporzionale puro) e l’approvazione del taglio dei parlamentari. In questo caso, evidenzia Pagnoncelli, Forza Italia sarebbe decisiva nella formazione di un governo, dato che Lega e FdI uniti si fermerebbero a 191 seggi (su 400) alla Camera e 94 (su 200) al Senato. La soglia di sbarramento al 5% nazionale o al 15% regionale farebbe entrare in parlamento solo 6 forze politiche. Nel quarto scenario, con la soglia abbassata al 3%, ce la farebbe anche Azione di Carlo Calenda, mentre Renzi rischierebbe comunque di rimanere fuori dal Parlamento. Il quadro complessivo invece non cambierebbe rispetto al terzo scenario.