C’era musica nei lager nazisti. A volte i prigionieri erano costretti dalle SS a mettere in scena dei concerti per il loro piacere, o per quando arrivavano i treni. A volte, invece – rari momenti – i detenuti utilizzavano ogni superficie disponibile per segnare le note, dalla carta igienica ai sacchi di iuta, recuperando anche se per poco tempo un’umanità che i nazisti cercavano in tutti i modi di eliminare. Una realtà, quella musicale, che fino ad ora non era mia stata utilizzata per raccontare l’Olocausto: per la prima volta infatti le melodie composte dai prigionieri dei campi saranno raccolte, riprodotte ed esposte tramite spartiti ritrovati, nel complesso museale della Cittadella della Musica Concentrazionaria a Barletta.
La Cittadella sorgerà nell’area di un’ex distilleria del comune pugliese e sarà dotata di un teatro, di un museo e di un campus pensato per gli studiosi della materia. Il merito è del direttore d’orchestra Francesco Lotoro. “Negli ultimi trent’anni ho cercato i componimenti in vari stati d’Europa, scovando i materiali nelle biblioteche e contattando i sopravvissuti” spiega Lotoro. Col tempo, non tutti i prigionieri hanno fatto perdere le loro tracce artistiche: molti infatti, nonostante la reclusione, hanno continuato a comporre.
Nel complesso museale non ci saranno solo documenti relativi alla Shoah, dato che Lotoro e il suo team stanno cercando musica prodotta dai deportati nei gulag russi e in altri penitenziari di guerra di tutto il mondo. “Abbiamo opere create nei campi di internamento italiani come Ferramonti di Tarsia, un bellissimo valzer scritto ad Alberobello e una Messa di S. Ottone ideata nel campo di Ariano Irpino. Inoltre ci sono pagine musicali compilate in contesti drammatici come quelli del carcere romano di Via Tasso dal prete musicista Don Giuseppe Morosini (fucilato a Forte Bravetta nel 1944) e stornelli creati a Regina Coeli durante i giorni dell’occupazione, nonché concerti di Gino Marinuzzi Jr. e Berto Boccosi”.
La speranza del direttore Lotoro è che anche altri sopravvissuti o loro familiari contribuiscano a evitare la morte di queste musiche, in modo tale da poterle ascoltare ancora e far così risuonare le emozioni di chi le ha composte. “Nel 2014 parlai del progetto alla pianista e compositrice Wally Loewenthal Karveno, che da giovane ebrea tedesca riparata a Parigi fu deportata a Gurs“, ricorda Lotaro. “Ero a casa sua per trovare il manoscritto del suo Concertino per pianoforte scritto nel campo di concentramento sui Pirenei. Mi disse che per la data dell’inaugurazione sarebbe già stata morta”. La compositrice scomparve nel 2015 e il direttore di orchestra, che lo seppe due mesi dopo quando registrò la sua opera, aggiunge: “La guerra finisce per le armi, ma non per le persone che l’hanno vissuta“.