L’ultima offerta di Autostrade per evitare la revoca è nuovamente irricevibile. L’annuncio di Giuseppe Conte nell’intervista al direttore del Il Fatto Quotidiano Marco Travaglio apre il dibattito politico alla vigilia del Consiglio dei ministri in cui verrà sciolto il nodo del dossier sulla revoca. “Quando ho letto la proposta ho pensato a uno scherzo”, ha spiegato il premier definendo “paradossale” un affiancamento tra fondi pubblici e Benetton nell’azionariato della concessionaria dopo il crollo del ponte Morandi, che provocò 43 vittime, e sottolineando che “non sacrifico il bene pubblico per i loro interessi”. Una presa di posizione netta che ha provocato la reazione dei Benetton. Attraverso fonti vicine agli imprenditori veneti, la famiglia sostiene di aver “sempre rispettato le istituzioni: quando in passato è stata sollecitata ad entrare in diverse società – un riferimento agli investimenti in Alitalia, Autostrade e altre società in via di privatizzazione, ndr – così come oggi”.
Aspi ha poi pubblicato online la lettera integrale con la proposta all’esecutivo, provocando la reazione di Nicola Zingaretti: “La lettera di Aspi al Governo è deludente e conferma ulteriormente l’esigenza di un profondo cambio di indirizzo dell’Azienda basato su impegni rigorosi in materia di tariffe, sicurezza e investimenti, e su un assetto societario che veda lo Stato al centro di una nuova compagine azionaria che assicuri l’avvio di questa nuova fase. I rilievi del Presidente del Consiglio sono condivisibili. Il governo agisca tempestivamente e in modo unitario per giungere a una rapida conclusione in tal senso, assicurando quindi la soluzione migliore nell’interesse del paese e dei cittadini”. Di segno completamente opposto alle dichiarazioni del segretario del Pd sono i commenti di Matteo Renzi, tra i primi a rispondere all’ultimatum del presidente del Consiglio alla famiglia di Ponzano Veneto, con l’invito alla vendita delle quote di Aspi e non solo a una diluizione della partecipazione,. “I populisti chiedono da due anni la revoca della concessione. Facile da dire, difficile da fare. Perché se revochi senza titolo fai un regalo ai privati, ai Benetton, ai soci e apri un contenzioso miliardario che crea incertezza, blocco cantieri, licenziamenti. Questa è la verità”, dice il leader di Italia Viva da sempre contrario alla revoca della concessione. L’apertura a un ingresso statale e arretramento di Atlantia, caduta in Borsa con un tonfo 15,1% a 11,36 euro (dopo aver toccato un minimo di seduta a quota 11,31), per mettersi di traverso rispetto alle posizioni dichiaratamente a favore della revoca dei Cinque Stelle, sulle quali si sta pian piano spostando almeno una parte del Partito Democratico.
Se il capogruppo al Senato Andrea Marcucci parla di “passo avanti” nella proposta di Aspi, il sottosegretario dem all’Ambiente Roberto Morassut ricorda che “l’interesse dello Stato risiede in primo luogo nella tutela della sicurezza dei cittadini e della integrità del patrimonio pubblico”. Il governo, aggiunge, “deciderà nelle prossime ore mettendo al centro questo interesse. Chi prende in gestione una infrastruttura e firma un contratto con lo Stato deve sapere che questo comporta oneri e onori, altrimenti giustamente lo Stato può rivalersi”. Apprezzamento per la soluzione è stato espresso anche da Leu: “Totale sostegno al presidente Conte nell’impegno, ben motivato in un’intervista stamattina, a revocare a Aspi la concessione”, ha detto il deputato Stefano Fassina.
“A dire la verità si perdono forse punti nei sondaggi, ma si salvano le nuove generazioni da miliardi di debiti”, sostiene l’ex presidente del Consiglio suggerendo un’altra strada, che toglierebbe il controllo a Benetton ma salvaguarderebbe almeno in parte gli interessi economici privati: “Se proprio lo Stato vuole tornare nella proprietà, l’unica possibilità è una operazione su Atlantia con un aumento di capitale e l’intervento di Cassa Depositi e Prestiti. Operazione trasparente, società quotata, progetto industriale globale. Non ci sono alternative serie e credibili. Il populismo urla slogan, la politica propone soluzioni”, conclude l’ex premier avanzato l’ipotesi di un intervento sulla controllante. “Noi pensiamo che la revoca sia un atto tecnicamente difficile e rischiosissimo, con ricorsi e contenziosi che pagheranno i cittadini. Non abbiamo mai difeso nemmeno un giorno i Benetton, ma pensiamo che le cose vadano chiarite in tribunale e non al tribunale dei populisti”, ribadisce la deputata ligure di Iv Raffaella Paita. “Abbiamo fatto un’apertura sul tema dell’eventuale aumento di capitale di Atlantia – aggiunge – Come Iv porteremo avanti la nostra battaglia. La partita è ancora aperta”.
La soluzione è sovrapponibile a quella espressa in un’intervista a Repubblica dagli amministratori delegati di Atlantia e Aspi, Carlo Bertazzo e Roberto Tomasi. “Atlantia non ha intenzione di uscire da Aspi, ha riconosciuto gli errori e ora vuole avere l’orgoglio e la pazienza di rimediare, anche con altri soci”, afferma Bertazzo rigettato l’ipotesi di uscita totale ma confermando che la società è disposta a scendere sotto il 51% di Autostrade. “La nuova proposta nasce da un confronto durato quasi un anno in cui abbiamo ascoltato con attenzione le esigenze dell’esecutivo – dice invece Tomasi – Ci impegniamo a stanziare 3,4 miliardi suddivisi tra oneri di ricostruzione, riduzione modulare dei pedaggi e ulteriori manutenzioni delle infrastrutture, tutti elementi a nostro carico”.
Ma la linea del premier, sposata da M5s e accettata dal Partito Democratico è quella dura dopo due anni di analisi e supportata indirettamente dalla sentenza della Corte Costituzionale che ha definito “non irragionevole” la loro esclusione dai lavori per la ricostruzione del viadotto crollato: “La revoca della concessione, oppure l’uscita della famiglia Benetton dalla società Autostrade. Per il Movimento 5 Stelle le opzioni sono queste. Mi auguro lo siano anche per il governo”, ribadisce il viceministro dei Trasporti, Giancarlo Cancelleri.
Entrando nel merito della revoca della concessione, il numero 2 di Paola De Micheli sottolinea: “Intanto ricordo che con il decreto Milleproroghe abbiamo ridotto l’indennizzo a limitandolo ai soli investimenti ammortizzati”. Sarebbero 7 miliardi “ma lo Stato – chiarisce – non ci rimetterebbe nulla” perché “diventerebbero la cifra che dovrebbe sborsare il nuovo concessionario, una volta messi a gara i tratti oggi gestiti da Autostrade. Una procedura che non farebbe perdere nemmeno un posto di lavoro”. Dall’opposizione, Matteo Salvini chiede di non “perdere altri anni” per decidere: “Sono passati quasi due anni dal disastro del ponte Morandi. Quando noi come Lega chiedevamo al presidente del Consiglio cosa voleva fare ci diceva che stava studiando il dossier e aspettava un parere legale – dice – Mi domando quanto ci metteranno ancora a decidere. Se vogliono revocare revochino, se vogliono prorogare proroghino. L’unica cosa che non possiamo fare è perdere altri anni”.