Un minuto di silenzio stringendosi la mano davanti all’ingresso della foiba di Basovizza a Trieste. E’ un gesto di pace storico quello che ha unito il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e l’omologo sloveno Borut Pahor. Una cerimonia congiunta che segna una tappa fondamentale nei rapporti tra Italia e Slovenia, ma non solo: Pahor è il primo presidente di uno dei Paesi nati dalla disgregazione della ex Jugoslavia a commemorare le vittime italiane delle foibe. E, proprio a Basovizza, si stima che i partigiani jugoslavi abbiano gettato duemila italiani tra militari e civili.

Il 13 luglio non è una data qualsiasi: 100 anni fa il Narodni dom, la casa del popolo, venne data alle fiamme dai fascisti. E oggi, 100 anni dopo, è tornata alla comunità slovena in Italia. I due presidenti infatti, poco dopo la cerimonia a Basovizza, hanno infatti presenziato alla firma di un protocollo di intesa che trasferisce la proprietà dell’edificio a una fondazione costituita dalle due associazioni che rappresentano la minoranza slovena, l’Unione Culturale Economica Slovena (Skgz), e la Confederazione delle Organizzazioni Slovene (Sso). “La storia non si cancella e il dolore non si dimentica”, ha detto Mattarella intervenendo poco dopo la firma. “O si coltiva il rancore o se ne fa patrimonio comune nel ricordo e nel rispetto, coltivando un’amicizia comune. Sloveni e italiani sono decisamente per la seconda strada rivolta verso il futuro”.

Quando è stato invece il turno di Pahor ha ringrazia gli amici italiani e i compatrioti sloveni: “Oggi, come disse qualcuno, viviamo quei sogni proibiti che si avverano, come se dopo cento anni tutte le stelle si fossero allineate. Ma non lo hanno fatto da sole, siamo stati noi a farlo”. Rivolgendosi quindi al “caro presidente e amico Mattarella, ai cari compatrioti sloveni, ai cari amici italiani”, Pahor ha parlato di una “gioia immensa” oggi che “il torto è stato corretto, giustizia è stata fatta”, di “un giorno di festa perché stiamo a celebrare insieme, Italia e Slovenia, un’impresa condivisa”.

Il minuto di silenzio alla foiba di Basovizza – Intorno a mezzogiorno i due presidenti, arrivati poco prima a Basovizza, dopo essersi avvicinati alla corona di fiori che due corazzieri avevano deposto, si sono dati la mano davanti all’ingresso della foiba. Si sono, inoltre, soffermati davanti al cippo che ricorda quattro membri del Tigr (Trst Istra Gorica Rijeka) fucilati il 6 settembre 1930 in esecuzione di una condanna a morte emessa dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato. Ferdo Bidovec, Fran Marusic, Zvonimir Milos e Alojz Valencic avevano tra i 22 e i 34 anni e facevano parte di un gruppo clandestino collegato al Tigr; erano stati riconosciuti colpevoli anche di un attentato contro il quotidiano fascista locale “Il Popolo di Trieste”, in cui era morto un redattore, Guido Neri. I quattro giustiziati sono nel tempo divenuti simbolo della resistenza delle minoranze slave al fascismo.

Il riconoscimento allo scrittore Boris Pahor – Al termine delle cerimonie, i due capi di Stato hanno anche consegnato allo scrittore sloveno con cittadinanza italiana Boris Pahor le onorificenze dei rispettivi Paesi. Il Capo dello Stato italiano ha conferito a Pahor il cavalieriato di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana. Il presidente Pahor ha invece conferito allo scrittore l’onorificenza “dell’ordine per meriti eccezionali”. Boris Pahor, che compirà in agosto 107 anni, il 13 luglio 1920 assistette, all’età di sette anni, all’incendio del Narodni dom, una tragedia che non dimenticherà più e di cui oggi è unico testimone vivente. Pahor è il simbolo vivente del travagliato rapporto fra i due popoli: ha subito la persecuzione fascista, la deportazione nei campi di concentramento nazisti e la messa al bando dalla Jugoslavia di Tito. “Dedico le onorificenze”, ha detto, “a tutti i morti che ho conosciuto nel campo di concentramento e alle vittime del nazifascismo e della dittatura comunista”.

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