“Di pubblico non si può discutere. Se si ipotizza una riforma delle regole, c’è l’alzata di scudi“. Giuseppe Sala torna a parlare della differenza di salari dei dipendenti pubblici al Nord e al Sud. E lo fa, ai microfoni del Tgr Lombardia, rafforzando il concetto espresso pochi giorni fa e che aveva sollevato le polemiche. Sabato scorso il sindaco di Milano aveva dichiarato che “se un un dipendente pubblico, a parità di ruolo, guadagna gli stessi soldi a Milano e a Reggio Calabria, è intrinsecamente sbagliato, perché il costo della vita in quelle due realtà è diverso“. Invocando, di fatto, le gabbie salariali, cioè quel sistema di calcolo degli stipendi che tiene conto, tra le altre cose, del costo della vita, e che in Italia venne applicato per circa 18 anni prima di essere abolito.
“Ogni città ha le sue peculiarità ed è necessario affrontare la questione. Il nostro è il Paese delle non riforme ma se vogliamo fare un passo avanti rispetto al mondo del pubblico è necessario pensare a una riforma significativa”, ribadisce Sala. “Nel mondo del privato tra Nord e Sud ci sono ampie differenze di retribuzione”, è il ragionamento dell’ex commissario di Expo, “tanto che lo Svimez parla di un 20%. Se si tocca il pubblico diventa un tabù. Di pubblico non si può discutere. In Italia – prosegue – ci sono 3 milioni e mezzo di dipendenti pubblici e tutti noi spesso ci lamentiamo di come funziona il sistema pubblico, se si tenta di ipotizzare qualcosa che vada verso una riforma delle regole c’è l’alzata di scudi”.
Nei pensieri del primo cittadino del capoluogo lombardo non c’è solo la pubblica amministrazione ma, da settimane, lo smart working. Che, nelle riflessioni del sindaco, ostacola la ripartenza di Milano. Meno di un mese fa, nel suo tradizionale appuntamento in diretta su Facebook, aveva chiesto di fermare il lavoro da casa, domandandosi se il primo articolo della Costituzione fosse ancora valido. Queste le sue parole, oggi, a SkyTg24: “”È evidente che una parte della città è ferma perché qualcun altro non lavora in presenza“. E poi, ancora: “Capisco che c’è la necessità di smart working, però non consideriamola normalità“. Se così fosse, aggiunge Sala, “dovremmo ripensare la città e ripensare la città richiede tempo. Mi dicono che difendo bar e ristoranti, certo che li difendo, ma non penso solo a loro, penso ai taxi, a tutto il mondo dello spettacolo. Che cosa fanno queste persone se la città è vuota?”.