La risposta degli Stati alla pandemia di coronavirus passa anche da cospicue risorse destinate a fornire liquidità e capitali alle aziende. Bruxelles però mette dei paletti: non concedere questi aiuti a chi ha legami con gli Stati che figurano nella lista Ue delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali. Ma anche alle imprese condannate per reati finanziari. Il commissario Gentiloni: "Dobbiamo proteggere i nostri fondi affinché possano aiutare i contribuenti onesti". L'europarlamentare 5 stelle Pignedoli: "Se L'Aja vorrà accedere al Recovery dovrà uniformarsi"
Le risorse per la ripresa post-coronavirus non devono finire alle imprese che hanno legami con i paradisi fiscali extra europei. La risposta degli Stati alla pandemia passa anche da cospicui aiuti finanziari destinati a fornire liquidità e capitali alle aziende. Per questo la Commissione Ue ha raccomandato ai Paesi membri di non concedere questi aiuti a chi ha legami con gli Stati che figurano nella lista Ue delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali. Non solo: la restrizione si deve applicare anche alle imprese che sono state condannate per reati finanziari come frode, corruzione ed elusione degli obblighi in materia fiscale e previdenziale. Un modello, conforme alle normative dell’Ue, da utilizzare per evitare, in vista dell’approvazione del Recovery Fund, che gli aiuti pubblici vengano assegnati ad imprese impegnate in pratiche e sistemi di frode, evasione e elusione fiscale, di riciclaggio del denaro o di finanziamento del terrorismo. “Non è accettabile che le imprese che beneficiano di aiuti pubblici adottino pratiche di elusione fiscale che coinvolgono paradisi fiscali. Si tratterebbe di un uso improprio dei bilanci nazionali e dell’Ue, a danno dei contribuenti e dei sistemi di previdenza sociale. Insieme agli Stati membri, vogliamo fare in modo che ciò non accada“, spiega la vicepresidente e commissaria alla concorrenza, Margrethe Vestager.
“Chi cerca deliberatamente di eludere le norme fiscali e chi esercita attività criminali non dovrebbe beneficiare dei sistemi che cerca di eludere. Dobbiamo proteggere i nostri fondi pubblici affinché possano realmente aiutare i contribuenti onesti di tutta l’Ue”, aggiunge il commissario all’economia Paolo Gentiloni. “I paradisi fiscali sono il male d’Europa. Condividiamo la presa di posizione della Commissione”, commenta anche Sabrina Pignedoli, europarlamentare del Movimento 5 stelle. “Il pugno duro della Commissione è un avvertimento anche per l’Olanda“, aggiunge Pignedoli, sottolineando che se L’Aja “vorrà accedere ai fondi del Recovery Fund dovrà uniformarsi alle raccomandazioni di Bruxelles che prevedono il superamento della pianificazione fiscale aggressiva così da garantire l’applicazione efficace delle normative antiriciclaggio“. “I paradisi fiscali interni ed esterni all’Unione sono infatti sfruttati dalla criminalità organizzata per riciclare il denaro sporco e questa pratica non è più tollerabile”, conclude l’europarlamentare M5s.
L’obiettivo della raccomandazione adottata oggi da Bruxelles è fornire agli Stati membri orientamenti su come introdurre delle condizioni relative alla concessione di aiuti finanziari durante la ripresa post-Covid. Coordinando le restrizioni relative alla concessione di aiuti finanziari, sottolinea infatti la Commissione, gli Stati membri eviteranno inoltre che si verifichino squilibri e distorsioni nel mercato unico. “Ci troviamo in una situazione senza precedenti in cui, per motivi legati all’epidemia di coronavirus, alle imprese viene concesso un volume eccezionale di aiuti di Stato”, sottolinea ancora Vestager. Per questo, spiega Gentiloni, “tutti devono versare la giusta quota di imposte se vogliono sostenere e non, al contrario, sabotare l’impegno collettivo a favore della ripresa”.
In questo contesto sono stati gli stessi Paesi membri a manifestare la disponibilità ad adottare nuove norme, limitando l’accesso agli aiuti per chi ricorre a paradisi fiscali. La Commissione europea ha quindi fornito questo modello, che si basa sulla lista Ue delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali. “È la base migliore per applicare tali restrizioni, in quanto consentirà a tutti gli Stati membri di agire in modo coerente e eviterà le misure individuali che potrebbero violare il diritto dell’Ue”, spiega Bruxelles, aggiunge che l’uso della lista dei paradisi fiscali “creerà anche maggiore chiarezza e certezza per le imprese”. Allo stesso tempo, la Commissione è pronta a discutere con gli Stati membri in merito ai loro piani specifici per garantire che la concessione di aiuti di Stato, in particolare sotto forma di ricapitalizzazioni, si limiti alle imprese che “pagano la giusta quota di imposte“.
Qualora gli Stati membri decidessero di introdurre tali disposizioni nelle rispettive legislazioni nazionali, la Commissione propone una serie di condizioni che dovrebbero risultare soddisfatte per beneficiare degli aiuti finanziari. Innanzitutto c’è appunto il legame con i paradisi fiscali. Bruxelles raccomanda inoltre di applicare – a condizioni rigorose – deroghe a tali restrizioni, “al fine di tutelare i contribuenti onesti“. A determinate condizioni, le imprese possono comunque godere degli aiuti se “sono in grado di dimostrare di aver pagato le imposte dovute nello Stato membro per un determinato periodo di tempo (ad esempio, gli ultimi tre anni) o se svolgono un’effettiva attività economica nel paese che figura nella lista” dei paradisi fiscali. In caso di dichiarazioni false e inesatte, “gli Stati membri sono invitati a prevedere sanzioni adeguate“, sottolinea Bruxelles. Inoltre, i governi Ue dovranno concordare “requisiti ragionevoli per consentire alle società di dimostrare l’assenza di legami con le giurisdizioni che figurano nella lista Ue”. Gli Stati dovranno informare la Commissione in merito alle misure che intendono introdurre per conformarsi alla raccomandazione.