Si accorgevano che la loro polizza auto era fasulla solo in caso di incidente o di un controllo delle forze dell’ordine. Mentre le due “menti” accumulavano milioni su milioni, tanto da essere conosciuti nel loro paese di origine, Villa Literno, per la “bella vita” tra auto di lusso e serate nei casinò di Campione, Lugano e Venezia. A decine, quotidianamente, cadevano nella trappola ben congegnata che secondo gli inquirenti era stata architettata dai fratelli Federico e Dionigi Catena, finiti in carcere su ordine della procura di Santa Maria Capua Vetere al termine di un’inchiesta del Nucleo investigativo dei carabinieri di Milano.

Otto loro collaboratori sono stati ristretti ai domiciliari, per altre 4 persone il giudice per le indagini preliminari ha disposto l’obbligo di firma e per due l’obbligo di dimora. In venti sono invece indagati a piede libero, mentre 30 milioni di euro sono stati sequestrati. L’inchiesta nei confronti dell’organizzazione – definita “estremamente strutturata e pervasiva” dagli inquirenti – ha avuto inizio nel 2017 quando i carabinieri si sono ritrovati a raccogliere un “numero considerevole e importante” di denunce presentate dai maggiori gruppi assicurativi (una società aveva ricostruito 1000 casi in un anno) per la commercializzazione di polizze assicurative Rca false.

Durante gli accertamenti, è stata quindi ricostruita quella che il procuratore capo di Santa Maria Capua Vetere, Maria Antonietta Troncone, ritiene un’associazione a delinquere attiva dal 2012 nei comuni di Cancello ed Arnone, Castel Volturno e Villa Literno dedita alla “contraffazione” e “commercializzazione”, attraverso 78 siti web di finti intermediari assicurativi, di polizze per scooter, auto e camion. Un giro di affari che gli investigatori hanno accertato oscilasse tra i 5mila e i 10mila euro al giorno.

Lo schema, spiegano gli inquirenti, prevedeva la creazione di una piattaforma telematica con server all’estero, numeri telefonici fissi virtuali, schede Sim intestate a sconosciuti. Quindi erano stati creati due call center attivi dalle 9 alle 19 del venerdì e dalle 9 alle 13 il sabato che “periodicamente venivano dislocati in sedi diverse” per “eludere” le indagini. Chi non “performava”, riuscendo a chiudere poche polizze, veniva allontanato dai team leader. A cadere nella truffa ci sarebbero stati non solo singoli cittadini ma anche, in alcuni casi, broker assicurativi con sedi in tutta Italia.

La truffa – ad avviso della procura – ha avuto un giro d’affari complessivo di almeno 30 milioni di euro che venivano quotidianamente prelevati dalle Postepay, intestate a 280 prestanome, dove venivano pagati i contratti delle polizze e subito girati in minima parte ai complici, mentre il grosso rimane nelle disponibilità dei fratelli Catena che li avrebbero reinvestiti in società a loro riconducibili, spesso “schermate” da teste di legno. Un patrimonio sterminato – ora sequestrato – di concessionarie auto, terreni, beni mobili, sale slot, case, negozi di abbigliamento e un motoscafo.

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