“Se la Soprintendenza non prende posizione in tempo utile potrei fare un’ordinanza per la sicurezza dell’infrastruttura e imporre l’abbattimento”. Il Sindaco di Genova, Marco Bucci, taglia corto sull’ultimo imprevisto che incombe sulla riapertura al traffico del nuovo viadotto di Genova, la cui inaugurazione è ufficialmente prevista il 3 agosto. A preoccupare, questa volta, non è lo stato di degrado di gallerie o viadotti adiacenti al ponte, ma il fatiscente gasometro che dagli anni Quaranta giganteggia sulla Val Polcevera. Un cilindro di lamiera arrugginita alto 80 metri e dismesso dal 1985. Ai suoi tempi stoccava fino a 100mila metri cubi di gas, oggi giace abbandonato in condizioni definite “critiche” da una perizia realizzata per conto dell’attuale proprietaria Ireti (gruppo Iren) e fatta trapelare la scorsa settimana dal Secolo XIX.

Il timore, messo nero su bianco dai tecnici in una lettera indirizzata alla Soprintendenza, è che questo manufatto di archeologia industriale possa effettivamente “crollare sul vicino viadotto autostradale”. “Avremmo dovuto farlo saltare in aria assieme al moncone del ponte Morandi – puntualizza l’esplosivista Michele Risso, che con la SIAG di Parma ha seguito lo scorso anno le operazioni di demolizione – Per conto del gruppo Iren avevamo condotto assieme allo studio di progettazione PRD un’analisi dettagliata. Inizialmente c’era la volontà di sbarazzarsene prima della costruzione del nuovo viadotto, poi prevalse l’idea di fare una cosa per volta per evitare rallentamenti al cantiere della ricostruzione”.

Il primo a offrire una seconda chances all’ex-gasometro fabbricato dalla storica ditta tedesca Man, quando era ormai sulla via della demolizione, è stato l’archistar Stefano Boeri, quando nella presentazione del progetto di riqualificazione dell’area sottostante al nuovo viadotto aveva immaginato una nuova vita per il relitto industriale. “Un sogno ben lontano dall’avere basi economiche, sponsor o investitori che gli consentano di diventare realtà”, spiegano i promotori della mozione approvata dal consiglio comunale di Genova che impegna sindaco e giunta a portare a termine lo smantellamento del mastodontico manufatto.

Alla base del gasometro campeggia il cartello dell’avvio dei lavori di demolizione, già appaltati e cantierizzati, che si sarebbero dovuti concludere ad aprile, senza l’utilizzo dell’esplosivo per via delle condizioni precarie del versante collinare franato su cui insiste la struttura, e sarebbero costati a Iren 1.248.230 euro. A salvare ancora una volta la struttura pericolante è intervenuta la Soprintendenza per i beni storici e culturali. Avendo oltre 70 anni di storia, infatti, Iren necessita di un’autorizzazione per procedere all’abbattimento, possibile solo dopo un’analisi sull’interesse pubblico che la stessa Soprintendenza dovrebbe valutare.

A sollecitare l’intervento dell’ente preposto a salvaguardare i beni storici e architettonici, che non si sarebbe altrimenti interessata al destino del manufatto, un nutrito gruppo di docenti universitari, esperti in patrimonio industriale, architetti, studiosi e urbanisti. “Capisco che possa risultare imbarazzante difendere questo magnifico solido industriale che si staglia sulla Val Polcevera – spiega Giovanna Rosso del Brenna, docente di archeologia industriale dell’Università di Genova – e capisco anche che molti lo possano vedere solo come un cilindro arrugginito, ma invito tutti a comprendere le potenzialità di questo segno urbano che può testimoniare un pezzo di storia”.

La sua “inutilità” viene quindi vista dagli esperti di archeologia industriale come un elemento da valorizzare, per passare “dalla fruizione del gasometro come oggetto utile e funzionale al suo apprezzamento come forma”, sulla scia di quanto avvenuto in diverse città europee: “Perché altrove queste strutture vengono tirate a lucido e diventano musei, auditorium, spazi per la collettività e a Genova non si può fare?”, si domandano gli ammiratori del cilindro di lamiera arrugginito che domina la Val Polcevera.

Un dibattito aperto che non sarebbe esistito se lo scorso anno l’esplosivista civile di fama mondiale Danilo Mr.Dinamite Coppe avesse avuto la possibilità di eliminare “in due secondi netti” il manufatto industriale: “Fosse per me utilizzerei l’esplosivo anche per togliere un dente cariato”, ebbe a dire a margine dell’implosione ‘perfetta’ di quel che restava del ponte Morandi.

La decisione di temporeggiare presa lo scorso anno si ripercuote sull’attuale braccio di ferro tra la Soprintendenza e Ireti, che sulla scia della relazione tecnica firmata dall’ingegner Stefano Foglietto e scovata dal Secolo XIX chiarisce il suo punto di vista: “Riteniamo che la struttura vada abbattuta per lo stato di pronunciato dissesto idrogeologico nel quale si presenta la collina retrostante, per il grave degrado delle sovrastrutture e l’ossidazione delle lamiere e per l’esiguità statica”. Il gasometro rappresenta per Ireti “un elemento fortemente vulnerabile e al contempo potenziale rischio per le aree circostanti, gli impianti di distribuzione gas, la via pubblica sottostante e l’adiacente nuovo viadotto autostradale”.

A proporre una mediazione tra l’abbattimento totale e il mantenimento è lo stesso Sindaco di Genova Marco Bucci, ovvero la conservazione parziale della struttura, per mantenere la funzione di memoria della storia industriale del quartiere senza prendersi rischi o accollarsi spese ingenti sul piano della sicurezza. Quello che il Sindaco-Commissario straordinario per la ricostruzione non è invece disposto a tollerare sono i tempi elefantiaci richiesti dalla Soprintendenza per esprimere un parere, non compatibili con l’esigenza di sicurezza necessaria alla riapertura al traffico del nuovo viadotto.

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