"Scelgo lui, in cambio di un panino riesco a fare il lavoro, per ciò che mi serve", afferma in una delle intercettazioni uno degli imprenditori di origine pakistana finito in carcere. Le indagini sono partite nel 2018 da una segnalazione della prefettura di Firenze: un cittadino straniero ospitato nel Cas di Scandicci aveva presentato richiesta di protezione internazionale, dichiarando di lavorare nel settore pubblicitario. Ma dai controlli effettuati dalle autorità non risultava assunto presso alcuna ditta. I caporali coinvolti nell'inchiesta hanno reclutato oltre 80 migranti, controllandoli anche tramite gps per evitare che si allontanassero prima di finire il turno. Corsia "preferenziale" per quelli più bisognosi
Reclutati nei centri di accoglienza, pagati 2,5 l’ora per oltre 13 ore di lavoro e controllati tramite gps per evitare il loro allontanamento prima di aver consegnato tutti i volantini ai passanti. È successo in Toscana, dove i carabinieri del Comando per la tutela del lavoro hanno eseguito 11 misure cautelari su disposizione del gip di Firenze, dopo aver scoperchiato un sistema di caporalato sui migranti. In manette sono finiti due imprenditori pakistani, residenti a Prato, e quattro reclutatori di manodopera. Ai domiciliari una 62enne residente a Pistoia, dipendente di una ditta di pubblicità che commissionava la consegna dei volantini alle ditte coinvolte, mentre per quattro “capi-squadra” è stato deciso l’obbligo di dimora. Le accuse sono quelle di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Sequestrati sette furgoni utilizzati per il trasporto dei volantini pubblicitari, conti correnti e carte di credito per un valore complessivo di circa 500mila euro.
“Scelgo lui, in cambio di un panino riesco a fare il lavoro, per ciò che mi serve”, afferma in una delle intercettazioni uno degli imprenditori finito in carcere. Dalle indagini emerge in modo chiaro che per il volantinaggio venivano reclutati in via prioritaria i migranti più bisognosi. “Capo per favore – dice uno dei lavoratori al suo datore di lavoro in un’altra conversazione – ora devo anche pagare le spese di casa qui e devo mandare i soldi in Pakistan per i miei figli. Ti chiedo per favore dammi 500, il resto te lo lavoro dopo”. Una supplica che, stando alle carte, non è stata accolta. I circa 80 cittadini di origine africana impiegati dai caporali nella maggior parte dei casi non avevano alcun contratto o al massimo risultavano come lavoratori part-time, nonostante le ore lavorate fossero molto superiori al normale. I turni, che partivano dalle 6 del mattino, erano previsti sette giorni su sette, sabato e domenica inclusi, e la consegna dei volantini avveniva in quasi tutte le province della Toscana. A fine giornata la paga era di circa 30 euro, anche se una parte era comunque destinata ai caporali. E per evitare che qualcuno lasciasse la sua postazione prima della fine del turno, riferiscono gli inquirenti, i superiori utilizzavano un sistema di geolocalizzazione per tracciarne gli spostamenti.
Le società coinvolte, tutte attive nel settore pubblicitario, hanno sede a Prato e Massa Carrara, mentre la rete di reclutamento dei migranti poteva contare su uomini di fiducia presenti nei vari Centri di accoglienza del territorio. Tra i destinatari delle misure cautelari di oggi, infatti, ci sono anche un ospite del Cas di Campi Bisenzio (Firenze), uno della struttura della Caritas a Sesto Fiorentino (Firenze), e due ospitati presso gli Sprar di Scandicci e Campi Bisenzio.
Le indagini sono partite nel 2018 e sono state condotte attraverso pedinamenti, intercettazioni e pure tramite appostamenti con telecamere a infrarossi, utilizzate per riprendere in notturna la partenza dei furgoni carichi di volantini. A dare il via a tutto è stata una segnalazione della prefettura di Firenze: un cittadino straniero ospitato nel Cas di Scandicci aveva presentato richiesta di protezione internazionale, dichiarando di lavorare nel settore del volantinaggio. Ma dai controlli effettuati dalle autorità non risultava assunto presso alcuna ditta. Tra i i destinatari dei provvedimenti c’è anche una 62enne italiana di Pistoia, dipendente di una delle ditte coinvolte nell’inchiesta, finita agli arresti domiciliari. Gli altri sono originari di Pakistan, Mali, Tunisia e Marocco.