È il particolare emerso durante l'udienza del processo ai due giovani cittadini americani accusati dell'omicidio del vicebrigadiere. È consuetudine che gli ordini di servizio vengano compilati dopo il turno, specie quando i servizi sono particolarmente gravosi”, spiegano fonti dei Carabinieri di Roma. Davanti ai giudici della Corte d'assise il collega della vittima ha continuato la sua testimonianza parlando anche del tesserino del collega
“Andrea, bisogna sistemare la questione dell’ordine di servizio. È vuoto, lo devi compilare almeno con l’intervento”. Secondo la difesa, i messaggi vocali inviati dal maresciallo dei carabinieri Gaetano Armao potrebbero dimostrare come, la notte fra il 25 e il 26 luglio 2019, Mario Cerciello Rega e il suo collega Andrea Varriale, abbiano violato regolamenti e omesso procedure nel loro intervento a “caccia” dello zainetto sottratto al presunto mediatore dei pusher, Sergio Brugiatelli. E che questo fattore andrebbe a comporre un puzzle che attenuerebbe le responsabilità di Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjorth, i due 20enne statunitensi accusati dell’omicidio proprio del vicebrigadiere, Cerciello Rega.
L’audio è stato trovato all’interno dello smartphone di Varriale ed è stato fatto ascoltare dall’avvocato Renato Borzone durante l’esame del carabinieri sopravvissuto all’aggressione da parte dei due americani. L’obiettivo dei difensori è dimostrare che quella notte i due militari – in servizio in borghese e senza pistola – stavano operando fuori dalle indicazioni della centrale operativa e, soprattutto, a protezione di Brugiatelli. E che dunque potevano non essere identificabili come agenti di polizia, una volta presentatisi all’appuntamento per il “cavallo di ritorno”, bensi’ come “personaggi pericolosi”. L’incontro, come noto, culminerà in pochi secondi con l’aggressione e le 11 coltellate rifilate da Elder a Cerciello. “Andrea di questa cosa dell’ordine di servizio non ne parlare con nessuno. Ottaviani (comandante della stazione di Piazza Farnese, ndr) già sa che ce l’ho io. Vieni dritto da me. Non ne parlare con nessuno”, dice Armao a Varriale il 28 luglio, dunque due giorni pieni dopo l’omicidio.
In realtà, già dalle registrazioni delle conversazioni fra Cerciello e Piazza Farnese era emerso come la sala operativa fosse a conoscenza degli spostamenti della pattuglia, prima impegnati in un semplice servizio ‘movida’ a Trastevere e poi destinati al recupero della refurtiva. Probabilmente, l’unico ‘qui pro quo’ avviene nel posizionamento dell’operazione, fra piazza Gioacchino Belli (a Trastevere) e via Gioacchino Belli (in Prati), quest’ultima luogo effettivo dell’appuntamento fra i carabinieri in incognito e gli americani. “È consuetudine che gli ordini di servizio vengano compilati dopo il turno, specie quando i servizi sono particolarmente gravosi”, spiegano fonti dei Carabinieri di Roma. Questione spiegata anche da Varriale in Aula: “Non sono mai tornato in caserma – ha raccontato – c’è stato l’omicidio, l’interrogatorio, sono stato in ospedale. Non avevo avuto tempo di compilare l’ordine di servizio”. E allora perché Armao ci tiene affinché Varriale non ne parli “con nessuno”? “Erano momenti concitati e c’erano molti sospetti derivanti da una ricostruzione dei fatti ancora poco chiara”, spiegano fonti delle parti civili.
Fatto sta che l’udienza di giovedì, secondo l’avvocato Massimo Ferrandino, che assiste la vedova Rosa Maria Esilio, “è stata molto positiva”. Varriale, infatti, ha testimoniato di aver visto il tesserino di Cerciello Rega fra gli effetti personali appoggiati al muretto dell’ospedale Santo Spirito, dove il vicebrigadiere fu portato quella notte già in fin di vita. “Siamo a un passo dal dimostrare senza ombra di dubbio che quella sera i militari, e in particolare Mario, si sono qualificati come agenti di polizia e, nonostante questo, gli americani li hanno aggrediti”, ha detto Ferrandino. “Avere o non avere la pistola non avrebbe cambiato gli eventi. Forse se avessimo avuto l’arma sarebbe andata anche peggio”, ha detto sempre Varriale in aula.