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Lavoro, allarme sociale per il Sud. Svimez: “Nel 2020 spariscono quasi 400mila posti”

Nel Mezzogiorno la discesa del Pil sarà meno marcata che nel resto del paese ma le ricadute sociali della crisi più devastanti. Le famiglie reggono grazie anche ai 21 miliardi di sostegni pubblici. Ripresa lenta nel 2021
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Sorpasso in retromarcia e c’è davvero ben poco da festeggiare. Secondo lo Svimez l’economia del Mezzogiorno quest’anno farà meglio del Centro Nord. Anzi, più corretto dire che farà meno peggio. Al Sud il Prodotto interno lordo dovrebbe calare dell’8,2% mentre al Centro-Nord il tonfo sarà del 9,6%. La ripartenza sarà però più faticosa, nel 2021 l’economia delle regioni meridionali salirà del 2,3% contro il 5,4% di quelle centro settentrionali.

IL DRAMMA OCCUPAZIONALE – A preoccupare gli analisti dello Svimez sono però soprattutto le ricadute sociali di un impatto occupazionale che si annuncia più forte nel Mezzogiorno. Solo 2020, 380mila posti di lavoro andranno persi. La perdita di occupati è paragonabile a quella subita nel quinquennio 2009-2013 (- 369.000) ma condensata in un solo anno. Gli occupati del Sud scenderebbero così intorno ai 5,8 milioni, su livelli inferiori a quelli raggiunti nel 2014 al culmine della doppia fase recessiva. Al Sud inoltre gli occupati irregolari sono circa il doppio rispetto al resto del paese mentre gli atipici sono il 17,6% del totale contro il 12,8% del Centro Nord.

IL SALVAGENTE DEGLI AIUTI PUBBLICI – La gravità del quadro si attenua solo grazie al consistente sostegno pubblico. Grazie agli interventi di contrasto agli effetti del Covid-19, per un importo pari a circa 75 miliardi di euro (di cui 21 mld destinati al Sud), la caduta del Pil è stata contenuta di circa 2,1 punti al Centro-Nord e di quasi 2,8 punti percentuali nel Mezzogiorno. I sostegni pubblici spiegano perché anche il calo dei consumi risulterà più contenuto al Sud (- 9,1%) rispetto al Centro Nord (- 10,5%). La caduta del reddito disponibile delle famiglie appare essere la più ampia mai riscontrata dalla metà degli anni ’90 (-4,1% nel Centro-Nord e -3,3% nel Sud) per effetto, innanzitutto, della forte contrazione attesa nel volume di occupazione, spiega lo Svimez. Il dato meridionale è in parte da attribuire alla spinta di segno opposto delle prestazioni sociali, caratterizzata da un peso comparativamente maggiore, rispetto al Nord.

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