Pochissimi stranieri, qualche sparuta nave da crociera ancorata al porto con divieto assoluto di appoggiare l’alluce sulla banchina, un Sud non assediato dalle masse e un Napoli Teatro Festival, tredicesima edizione, che riparte alla grande sotto la direzione di Ruggero Cappuccio. Perché la cultura è un bene primario, come il pane. Ripensate le location, ampi spazi e distanziamento sociale (che ci dovrebbe essere sempre, covid o no covid). Le location sono da urlo: la corte del castello del Maschio Angioino, il Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale, la Fagianeria del Real Bosco di Capodimonte, l’Orangerie e i Giardini della Reggia di Caserta. Mentre il Teatro San Carlo si sposta nella vicina Piazza Plebiscito, un palcoscenico “naturale” tra il colonnato della Basilica di San Francesco di Paola e la facciata di Palazzo Reale. La prima della Tosca sarà riservata al personale medico e infermieristico che hanno combattuto l’emergenza pandemia.
E adesso si alzi il sipario sul La Chunga. Per la rassegna Scena Aperta in sinergia con il Teatro Stabile di Napoli e la Fondazione Campania del Festival. Fra i testi teatrali scritti dal premio Nobel Mario Vargas Llosa, portato in scena per la prima volta a Lima nel 1985, è stato quello più rappresentato. Pappi Corsicato propone la sua versione spostando l’ambientazione al porto di Napoli. Si rievoca un’atmosfera fumosa da bassifondi, Josefino ha perso tutto al gioco e ha messo in pegno la sua bella Mèche per poter continuare a giocare a dadi con gli amici. La Chunga, l’animalesca locandiera interpretata da Cristina Donadio, gli propone di fargli credito chiedendo in cambio Mèche per tutta la notte. Josefino accetta. Che cosa successe in quella camera da letto? Mèche dopo quella notte è sparita…
L’estate perduta: ballata per Cesare Pavese, uno spettacolo con Alessio Boni, Marcello Prayer, Francesco Forni, Roberto Aldorasi, è invece dedicato alla figura dello scrittore. Due voci e due strumenti ne ripercorrono la vita e l’anima, come margini di una ferita tra infanzia ed età adulta, città e campagna, desiderio e incapacità di essere amati, solitudine individuale e impegno civile, estasi e realtà, mito e Storia, tra l’Italia del dopoguerra e l’America dell’american dream, senza tempo che Pavese non visitò mai se non nei libri che amò e tradusse.
El pibe d’oro del teatro (e speriamo che Maradona non ci chieda i diritti d’autore. Vedi la disputa con Paolo Sorrentino). Mimmo Borrelli sognava di fare il calciatore, un infortunio gli fece invece scoprire il teatro. Il primo goal di palcoscenico fu Nzularchia, debutto nel 2005 al Teatro Mercadante e da allora, raccogliendo premi e riconoscimenti, è diventata un cult, una specie di “coppa dei campioni”.
Una carriera che decollò grazie a Roberto Andò, attuale direttore del Teatro Stabile Mercadante. “Quando presentai questo testo criptico per i non napoletani, fu l’unico della giuria a leggerlo fino in fondo e a sostenerlo fino alla vittoria”, ricorda il drammaturgo. A distanza di quindici anni lo ripropone in una forma del tutto particolare con musiche dal vivo del sodale Antonio Della Ragione e in dialogo con i video di Alessandro Papa. Una rilettura di Nzularchia (bisogna esercitarsi molto nella pronuncia) che Borrelli definisce in “lettura e corpo”. Dove la fisicità dell’attore diventa tutt’uno con la forza della parola. Il linguaggio è un misto dei dialetti dell’area dei campi flegrei, eredi della grossa influenza di una vasta comunità ebraica emigrata in quella zona agli inizi del sedicesimo secolo. Nella introduzione Borrelli rilegge un brano della Torah in dialetto di Bacoli, sua terra d’origine.
Informazione di servizio: Tutti gli spettacoli è possibile rivederli in streaming o sul sito del Napoli Teatro Festival.
En attendant Sir Antonio Pappano il 30 luglio alla Reggia di Caserta con “Omaggio a Beethoven”.
Sarà veramente Un’Estate da Re. Senza inutili cortigiani.
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