Chiusa la metropolitana, tagliati bus e i voli in arrivo e in partenza. A Urumqi, capoluogo della regione autonoma dello Xinjiang, posta al confine tra Mongolia e Kazakistan sono scattate restrizioni a seguito dell’insorgere di nuovi casi di coronavirus. I primi dopo 149 giorni in cui la città era ‘Covid-free’. A seguito delle misure decise dalle autorità, scrive il South China Morning Post, si è assistito a scene di panico nei supermercati per l’acquisto di prodotti di prima necessità, dopo che sui social si era sparsa la voce che si sarebbero limitati gli spostamenti. “Taglieremo risolutivamente ogni canale di trasmissione. Aumenteremo i controlli nelle zone affollate, la gestione della rete di comunità e villaggi e effettueremo severi controlli nelle cliniche degli ospedali”, ha fatto sapere la sezione di Xinjiang del Partito Comunista.

I sospetti sulla causa del nuovo focolaio ricadono su un uomo d’affari di ritorno da un viaggio nella provincia orientale di Zhejiang. Al suo rientro in città è stato contattato dal Centro per il controllo delle malattie per un test e si è scoperto positivo anche se asintomatico. Nel frattempo, la Commissione sulla salute operante a Urumqi aveva annunciato una serie di nuovi casi in un post, poi cancellato, su Weibo, una piattaforma social cinese. Nella notte tra giovedì e venerdì sono stati confermati un totale di 17 contagiati, di cui 11 asintomatici.

I primi sentori sul focolaio sono stati rilevati già mercoledì, mentre i media statali hanno iniziato a rassicurare che i supermercati erano dotati di scorte sufficienti di cibo per scoraggiare la corsa agli acquisti. Vista la situazione particolare dello Xinjiang, la provincia nel mirino di Usa e organizzazioni dei diritti per l’accusa a Pechino di aver allestito i campi di internamento per oltre un milione di persone delle minoranze musulmane soprattutto uigura, è allo stato difficile dire se Urumqi sia in totale lockdown, scenario possibile secondo il South China Morning Post che ha citato anche testimonianze raccolte su Weibo. Sui social media circolano informazioni secondo cui sarebbe stata di fatto ‘isolata’ anche la città di Kashgar.

Il Kazakhstan, che confina con lo Xinjiang, è anche alle prese con un’altra fiammata di casi di coronavirus e polmonite al punto che è stato disposta una seconda quarantena nel Paese di due settimane dagli inizi di agosto, in base a un tweet del 13 luglio del presidente Kassym-Jomart Tokayev. Nel periodo 1-8 luglio, il Kazakhstan ha segnato 39.702 casi di una “polmonite virale” non meglio precisata motivo di scontro diplomatico quando l’ambasciata cinese ha postato un avviso di allerta su una malattia “più letale del Covid-19”.

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