Secondo il Fondo monetario internazionale, sono “danni economici collaterali enormi” quelli causati dal coronavirus negli Stati Uniti. In base alle ultime stime, il Pil americano scenderà del 37 per cento nel secondo trimestre. Una contrazione senza precedenti che richiederà “un periodo prolungato ” per tornare “ai livelli pre-pandemia”. Nel seconda metà dell’anno – sempre se non dovesse esserci un ulteriore aggravamento della pandemia – si prevede una prima ripresa. Ma il 2020 dovrebbe comunque chiudersi con un calo del 6,6 per cento.

Sono previsioni nere quelle contenute nel rapporto annuale dell’istituto guidato da Kristalina Georgieva. E a pagare maggiormente gli effetti della crisi sono le famiglie meno abbienti. Tanto che si parla di un possibile aumento sistemico della povertà negli Stati Uniti. Donald Trump (o il suo rivale Joe Biden, qualora dovesse vincere alle elezioni) sarà chiamato a gestire anche un aumento della disoccupazione da record. L’ipotesi dell’Fmi è che l’indice triplichi dal 3,5% del 2019 al 9,7% del 2020, accompagnato da un dimezzamento dell’inflazione (dall’1,4 allo 0,7%). Il tutto rischia di avere un impatto pesantissimo sui conti pubblici americani, già gravati da un deficit federale pari al 4,6% del Pil nel 2019. Le stime prevedono un boom del deficit al 18% che si traduce in un debito federale (non è incluso quello di stati e municipalità) al 99,6% del Pil.

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