Sarà eliminata la burocrazia! Sarà riformata la giustizia! Aulici annunci seguiti dal nulla. E anzi il nullismo alimenta la stessa burocrazia, come leggerete. Tribunale civile di Milano, cancelleria della sezione V, oggi ore 10,00. Nel deserto assoluto del tribunale, nonché della stessa cancelleria, vi si entra per rispondere ad una richiesta della stessa cancelleria di due settimane fa.

Il cancelliere rivolge lo sguardo e replica “ha l’appuntamento?”. Risposta: “sinceramente no ma ci avete richiesto il deposito degli originali del Contributo Unificato e della marca, nonché avete chiesto immotivatamente ed erroneamente una integrazione del C.u., e comunque non c’è nessuno”.

Il cancelliere imperterrito replica: “deve prendere l’appuntamento!”. Risposta: “ma non c’è nessuno e poi perché devo prendere l’appuntamento?”. Il cancelliere sempre imperterrito replica: “deve prendere l’appuntamento, perché queste sono le disposizioni!”.

L’istante legge le disposizioni affisse e legge in un burocratese imperscrutabile che sono datate marzo quando appunto c’era l’emergenza Covid-19, indi replica al cancelliere: “mi scusi ma l’emergenza è finita!”. Replica dell’indefesso cancelliere: “no è sempre attuale!”. L’istante, avvocato, abbandona sconsolato la scena. Dinanzi ad un tale fervente burocrate empio e tronfio di cotale esercizio del suo maestoso potere, cos’altro avrebbe potuto fare? Forse chiamare le forze dell’ordine?

Non è un brano tratto da Il processo di Kafka, ancorché lo sembri e soprattutto appaia sempre attuale. E’ accaduto a Milano, nella città che in modo arrogante si erge a capitale morale, intellettuale, economica, efficiente, illuminata. Ed è un episodio, tra i mille pure raccolti dal sottoscritto, tutti simili ed avvilenti, avvenuti in questi mesi di lockdown, nei quali gli operatori del diritto, in particolare degli avvocati ma anche le stesse parti rappresentate, seppure solo indirettamente hanno dovuto assistere impotenti.

Impotenti perché poco si può dinanzi alla bieca ottusità di chi si mostra sordo a qualsiasi logica elementare, a qualsiasi rispetto, del diritto fondamentale alla difesa (art. 24 Costituzione), ma direi ancor prima del lavoro altrui, che pretende una buona amministrazione della Giustizia. Il che a sua volta pretende la salvaguardia di alcuni principi elementari quali:

1) una giustizia amministrata e organizzata da soggetti capaci (che l’esperienza c’insegna sarebbe più utile non fossero magistrati ma manager formati);

2) la reale responsabilità di chi rende giustizia e la verifica dell’abnegazione nel rendere giustizia;

3) la pari dignità tra magistratura e avvocatura e non la sudditanza della seconda alla prima;

4) l’autonomia effettiva della magistratura dalla politica (ad oggi ancora assente, come di recente ci hanno pure ricordato Onida e Cassese);

5) l’assenza di protocolli, circolari e linee guida dei vari Tribunali che irritualmente, impropriamente e gravemente si ergono a fonti del diritto, tali da condizionare l’applicazione uniforme del diritto;

6) sedi della giustizia decorosi e non fatiscenti e putrescenti;

7) snellimento del Codice di rito (e in tale periodo sono state introdotte forme anche snellenti quali la trattazione scritta e il processo da remoto, che meritano una regolamentazione anche per il futuro);

8) pubblici dipendenti (cancellieri, ausiliari etc.) formati, motivati e responsabili;

9) un accesso all’avvocatura ben più severo.

In quattro mesi e mezzo dall’inizio di lockdown la Giustizia, già assai precaria di suo come confermato dalle classifiche internazionali, si è quasi paralizzata: tribunali divenuti inaccessibili o previa prenotazione (come per gli esami medici); udienze spesso rinviate di 6 mesi o un anno all’autunno-inverno-primavera, sovente con comunicazione anche successiva all’udienza che si sarebbe dovuta tenere in questi mesi; linee guida feudali varate da ogni singolo tribunale o giudice di pace. Il caos assoluto. Il guardasigilli in tutto ciò ha evidenti responsabilità, poiché l’indirizzo chiaro e netto spettava a lui.

In questi 6 mesi (poiché di fatto riprenderà i normali ritmi solo dai primi di settembre) i magistrati, cancellieri e ausiliari sono stati regolarmente pagati. La produttività è rimasta uguale, è peggiorata o è migliorata?

Se il rating della nostra giustizia era già da Bbb, ora di quanto scenderà? Serve senso di responsabilità, uniformità, riformismo. La Giustizia è patrimonio di tutti, non è dominio di una parte. Serve a garantire i diritti fondamentali. Serve a rendere affidabile un Paese. E al momento la bilancia pende solo da un parte. Con un pesante macigno su un piatto.

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