Pubblichiamo la lettera rivolta dal coordinatore nazionale dei Verdi al segretario del Pd dopo la risoluzione presentata da 20 deputati democratici in commissione Ambiente che chiede di usare i soldi del Recovery Fund per realizzare il collegamento tra la Calabria e la Sicilia
Investire una bella fetta dei circa 170 miliardi previsti per l’Italia dal Recovery Fund per realizzare il ponte sullo Stretto: è la proposta contenuta nella risoluzione presentata da 20 deputati Partito democratico in commissione Ambiente che chiede al governo di inserire la grande opera, storicamente sponsorizzata dal centrodestra, tra quelle che dovrebbero usufruire dei finanziamenti europei per far ripartire il Paese dopo l’emergenza coronavirus. Una proposta criticata dagli alleati di maggioranza di Liberi e Uguali e dal coordinatore nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli.
Pubblichiamo la sua lettera rivolta al segretario del Pd, Nicola Zingaretti:
Era l’11 ottobre 2006, la Camera dei deputati approvava la mozione del centrosinistra che bocciava la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina proposto da Berlusconi. C’era una volta una sinistra che con Anna Finocchiaro diceva: “Il ponte era il caviale mentre il pane sono le strade, ferrovie e i porti per la mobilità interna in Sicilia, il Ponte costerà molte decine di miliardi di euro ed è altrettanto chiaro, a questo punto, che la spesa graverà sui cittadini italiani, anche se non è affatto una priorità”. Durante le primarie contro Bersani, Renzi disse che il ponte sullo Stretto era una brutta pagina da chiudere. Fassino nel 2006, da segretario dei Ds, sosteneva che l’analisi costi e benefici non reggeva, Orlando da ministro dell’Ambiente che era un capitolo chiuso. Franceschini in risposta all’annuncio di Berlusconi nel 2009 di avviare i lavori del ponte disse: “È veramente una presa in giro inqualificabile solo proporla, se si vuole far ripartire l’edilizia si metta in campo un grande piano di manutenzione delle scuole italiane che cadono a pezzi”.
Questo era il Pd di alcuni anni fa, ma oggi il Pd ha cambiato idea e sposa l’idea progetto di Berlusconi che all’apertura della campagna elettorale del 2013 al teatro Politeama di Palermo disse: “Sogno, perché l’ho sempre avuto nel cuore di poter passare, prima di morire, sul ponte sullo Stretto, che farà della Sicilia una terra super italiana”.
Due giorni fa, ovvero nel giorno in cui Palermo è andata sott’acqua, il Partito democratico ha presentato in commissione Ambiente della Camera dei Deputati una risoluzione, sottoscritta da 21 deputati, con la quale impegna il governo a utilizzare i fondi del Recovery Fund per realizzare il ponte sullo Stretto. Analoga richiesta era stata approvata il giorno prima dal consiglio regionale della Calabria su proposta del centrodestra. Il 18 giugno la ministra De Micheli ha annunciato che il ministero delle Infrastrutture avvierà le valutazioni tecniche per la realizzazione dell’opera come se in questi decenni non ne siano mai state fatte. Il ponte sullo Stretto secondo i vecchi progetti costerebbe 8,5 miliardi di euro, ma in realtà è già costato quasi 1 miliardo di euro solo per progetti e promozioni. Questo lo ha messo nero su bianco la Corte dei Conti che ha calcolato che la società ponte sullo Stretto ha speso dal 1981, anno della sua costituzione, al 2013, anno della decisione di liquidarla, 958.292 milioni di euro. A questa cifra pende un ricorso in appello da parte del consorzio Eurolink, dopo che il tribunale aveva respinto la richiesta di avere un risarcimento di 700 milioni di euro che si aggiungerebbe ai 958 milioni di euro.
Il ponte sullo Stretto verrebbe realizzato in una zona molto ventosa e altamente sismica, sede di faglie attive: è qui che è possibile riscontrare una subduzione della placca africana sotto quella indo-europea. Secondo Gianluca Valensise, vulcanologo e sismologo dell’Ingv, la stima è che il fondale dello Stretto si stia sollevando fino a 2 mm l’anno.
Il ponte sullo Stretto sarebbe uno spreco di risorse pubbliche con una distrazione di investimenti da altri settori strategici fondamentali per aiutare l’economia del Sud, Calabria e Sicilia in primis, come i trasporti locali che si trovano in una situazione di profonda arretratezza. Non è vero che la realizzazione del ponte migliorerà il sistema infrastrutturale del Sud perché nella realtà sottrarrà risorse per realizzare diversi investimenti infrastrutturali strategici. Vi sono 237 agglomerati urbani che non hanno fogne e depuratori, piccoli centri che ancora non hanno acqua potabile, linee ferroviarie a binario unico con treni che ancora sono alimentati a gasolio, una grave situazione di dissesto idrogeologico e un abusivismo edilizio che la regione Sicilia vuole sanare estendendo la sanatoria anche nelle zone vincolate. Sostenere che lo stretto di Messina sia il tappo allo sviluppo economico del Sud è falso: il tappo è rappresentato da questa politica di opere faraoniche che ha abbandonato il Sud dal punto di vista dei collegamenti ferroviari, sopprimendo linee, non investendo nella difesa del suolo e negli interventi edilizi per garantire sicurezza sismica. Il Sud che frana, le città che si allagano non sono una priorità, il ponte sì.
L’Italia è diventato un paese alla rovescia e il Partito democratico, che oggi vuole il ponte, dovrebbe invece riflettere su come cambiare le politiche sul territorio, affrontare l’emergenza del cambiamento climatico e del dissesto idrogeologico. Non inseguire folli e irresponsabili progetti proprio nelle ore in cui la città di Palermo deve subire le conseguenze del disastro.
Avreste mai immaginato che a realizzare il sogno di Berlusconi ci avrebbe pensato il Partito democratico?