Scienza

Wuhan, “fino all’87% di infezioni Covid prima dell’8 marzo non accertate”: i risultati di un nuovo studio di ricercatori cinesi e americani

Una ricerca per stabilire l’efficacia delle strategie d’intervento senza farmaci sul contenimento della pandemia ha stimato che prima nei primi due mesi dell’anno l’indice di trasmissibilità del virus era di 3,54 per poi scendere fino a 0,28

Prima dell’8 marzo, fino all’87% di infezioni da coronavirus a Wuhan non è stato accertato, tra cui vanno inclusi i casi asintomatici e casi lievi. È la stima di un nuovo studio pubblicato su Nature con l’obiettivo di studiare le dinamiche di trasmissione del virus e l’efficacia delle strategie d’intervento attuate finora nel mondo.

Per i ricercatori della Huazhong University of Science and Technology e della Harvard University, nei primi due mesi dell’anno non sarebbero stati diagnosticati tra il 53 e l’87% dei malati, nei quali si includono anche asintomatici e casi lievi. In quel periodo, l’indice di trasmissibilità R0 sarebbe stato di 3,54, “molto più alto che per Sars e Mers”, si legge.

Ma, nonostante l’indice fosse molto alto, le strategie d’intervento come il lockdown hanno permesso un contenimento dell’epidemia e abbassato notevolmente la trasmissione del virus: “Osserviamo che gli interventi su più fronti hanno avuto effetti considerevolmente positivi nel controllo dell’epidemia, diminuendo l’indice di trasmissibilità del virus a 0,28, riducendo il numero di infezioni a Wuhan del 96%”.

Prendendo come modelli le stesse stime fatte su Wuhan, gli scienziati hanno quindi considerato “la probabilità di rinascita dopo la sospensione di tutti gli interventi dopo 14 giorni di assenza di infezioni accertate” concludendo che, sulla base di modelli con 87% e 53% di infezioni non accertate, si stima una ripresa della trasmissione del virus con un indice rispettivamente di 0,32 e 0,06. “Questi risultati – conclude la presentazione dello studio – forniscono importanti implicazioni per la sorveglianza continua e gli interventi per contenere i focolai di Covid-19”.

Leggi la ricerca pubblicata su Nature