Dice di essere stato sempre critico sulle correnti in magistratura e di non volere fare “Sansone muoia con tutti i filistei”. Parola di Luca Palamara, ex presidente dell’Anm da cui è stato espulso e per anni esponente di spicco di Unicost corrente di centro, intervistato da Radio Radicale. Il pm, per cui la procura di Perugia ha chiuso le indagini per corruzione, esprime il suo pensiero il giorno dopo il lungo atto d’accusa del pg della Cassazione Giovanni Salvi che nell’atto di incolpazione ha elencato le manovre del magistrato per pilotare, insieme ad altre toghe, nomine anche di importanti uffici giudiziari come la procura di Roma. “Penso che questo sistema, con le vicende che sono emerse che vedo con dolore legate al mio nome, hanno segnato un punto di non ritorno” ha detto come se non fosse lui il protagonista di intercettazioni e chat in cui si cercava di pilotare le nomine. Palamara ha anche sottolineato che “il carrierismo sfrenato fa perdere la bussola, probabilmente anche a me. Che le correnti siano state al centro, il motore, della vita interna della magistratura….nulla si muove all’interno della magistratura se la corrente non lo vuole. È il momento di guardare a chi è rimasto fuori da questo meccanismo?”, si chiede Palamara. “Il mio obiettivo prioritario è difendermi nel processo e non lasciare la magistratura”. Alla domanda se abbia paura dei propri giudici nel procedimento disciplinare che si terrà la prossima settimana, Palamara ha invece risposto: “Ho fiducia nel sistema e credo sia interesse di tutti, non solo mio che mi trovo dall’altra parte, che il giudizio si esplichi” secondo le regole dello stato di diritto”; si tratta di “come esplicare al meglio il diritto di difesa”

La toga davanti al procedimento disciplinare, con il processo che inizierà il 21 luglio, vuole “contestare che le interferenze” a lui attribuite “non sono tali avendo parte fatto parte di un sistema, quello delle correnti, che a torto a ragione caratterizza l’organizzazione interna alla magistratura”. “Non è mio intendimento fare ‘muoia Sansone con tutti i Filisteì ma piuttosto un ragionamento serio e approfondito di come il potere delle correnti abbia influenzato non solo la vita interna della magistratura ma la vita politica del Paese. Sono determinato a chiarire tutto”. Tra le contestazioni più pesanti il tentativo influire sulle nomine dei procuratori di Roma – che indagava sul caso Consip e su Luca Lotti – e Perugia, e la manovra per screditare l’aggiunto Paolo Ielo.

“Prendere le distanze” dalle correnti? Qualcuno potrebbe dire: “Prima hai mangiato in quel piatto e ora, non voglio dire una cosa volgare, fai lo schizzinoso. Chiunque mi ha conosciuto negli anni sa che ho sempre sviluppato uno spirito critico, sono sempre stato fortemente convinto che quel sistema doveva cambiare“. Ci sono “due anime interne alla magistratura: la prima, e maggioritaria, pensa che tutto sia possibile risolvere con l’autoriforma e chi invece ritiene che l’autoriforma non può risolvere tutto e debba entrare la politica”. “Io penso che il meccanismo dell’autoriforma non sia la strada risolutiva di tutti i problemi” fermo restando che “la riforma debba mettere al centro il grande tema dell’indipendenza della magistratura”. La riforma del Consiglio superiore della magistratura è uno degli obiettivi del ministro Alfonso Bonafede lo scorso 1 giugno ha spiegato che servirà un anno, ma le norme elettorali saranno subito in vigore.

“C’è un sistema di proprietà all’interno della magistratura, le correnti sono proprietarie della magistratura. È un sistema superato? Penso che bisogna attentamente fare una riflessione” pensando anche che “indubbiamente penalizza chi è esterno” a questo sistema. Era stato deciso di “accentuare i poteri di una sola persona, pensando che si potessero risolvere i problemi” è invece è sorta “una serie di ulteriori problematiche” e questo “ha aumentato l’incidenza e l’influenza del Procuratore della Repubblica nella vita politica del Paese. Occorre una seria e approfondita riflessione“. L’ex presidente dell’Anm deve però rispondere anche della “strategia di danneggiamento” verso il procuratore capo di Firenze Creazzo “correlata ad esigenze di Luca Lotti”. Contro Creazzo si volevano “enfatizzare”, tramite “dossier”, “vicende ipoteticamente ostative” alla sua nomina a Roma e atte a spostarlo da Firenze.

Intanto però fu Palamara a partecipare la sera del 9 e maggio 2019 all’hotel Champagne di Roma per condizionare le nomine e la “strategia del discredito” contro Paolo Ielo, in corsa per fare l’aggiunto a Roma, posto che faceva gola anche a Palamara, e l’attività di dossieraggio per eliminare concorrenti non graditi, anche al fine di assecondare le “esigenze” del parlamentare Luca Lotti indagato a Roma. Da tutto questo dovranno cercare di scagionarsi anche gli ex componenti del Csm Gianluigi Morlini, Antonio Lepre, Luigi Spina, Corrado Cartoni e Paolo Criscuoli, e Cosimo Ferri, magistrato in aspettativa da anni, ora parlamentare con Italia Viva, già sottosegretario alla Giustizia. Ferri la scorsa settimana ha dato le dimissioni dall’Anm evitando così di essere sanzionato o rimosso, come avvenuto a Palamara.

Agli altri cinque ex togati si contesta di aver tenuto “un comportamento gravemente scorretto nei confronti degli altri colleghi magistrati componenti il Consiglio superiore della magistratura” e “idoneo a influenzare, in maniera occulta, la generale attività funzionale della Quinta commissione dell’organo di autogoverno” in quanto “nella riunione tra di essi tenuta la notte del 9 maggio 2019 in luogo diverso dalla sede consiliare, venivano invitati a partecipare soggetti (Palamara, Ferri e Lotti) completamente estranei alle funzioni e alle attività consiliari e dei quali da parte degli incolpati era accettato e recepito il contributo consultivo, decisorio e organizzativo sulle future nomine” direttive nelle Procure. Ma Palamara si appresta a ricusare uno dei suoi giudici al processo davanti alla Sezione disciplinare del Csm la cui prima udienza è fissata per il 21 luglio. Si tratta di Piercamillo Davigo, che Palamara ha citato nello stesso processo come testimone a suo discarico. Una circostanza che renderebbe incompatibile Davigo con il suo ruolo di giudice disciplinare.

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