Cronaca

Sami Modiano testimone di Auschwitz compie 90 anni: Mattarella lo nomina Cavaliere di Gran Croce

Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica e gli auguri più sinceri, fa sapere il Quirinale. Sami, numero di matricola “B7456", oggi si dedica ai ragazzi, all'importanza del ricordo e della consapevolezza, anche accompagnandoli ai campi

Tieni duro Sami. Tu devi farcela” gli disse suo padre prima di morire nel lager A di Auschwitz. E Sami Modiano, che oggi compie 90 anni, ce l’ha fatta. A fuggire dall’orrore. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo ha nominato Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica e gli ha fatto arrivare i suoi auguri più sinceri. La vita di Sami è raccontata nel documentario di Walter Veltroni “Tutto davanti a questi occhi“: un’intervista sull’abominio dei campi, le immagini e le facce di alcuni studenti che hanno fatto da pubblico. Perché niente per Modiano ha più valore e significato che tenere viva la memoria, “mostrare” ai ragazzi l’orrore. Tutto inizia a Rodi dove il 23 luglio 1944 i nazisti prelevarono tutti gli ebrei presenti sull’isola, allora italiana. Prosegue tra gli escrementi presenti nella stiva del vascello destinato al bestiame nel quale furono imbarcati come animali. Poi sale sui vagoni piombati e arriva al campo di Birkenau, il 16 agosto 1944. Poi la separazione degli uomini dalle donne, le botte al padre che tentava di trattenere con sé la bellissima sorella 16enne di Sami, Lucia. Sami, attraverso il filo spinato che separava maschi e femmine, riuscì a farle arrivare la sua razione quotidiana di una fetta di pane e lei la rispedì al fratello insieme alla sua. La scomparsa della sorella Lucia. Poi l’orgoglio con il quale Sami Modiano mostra il suo numero di matricola “B7456“. Oggi Modiano si dedica ai ragazzi, all’importanza del ricordo e della consapevolezza, anche accompagnandoli ai campi: “La prima volta io non volevo andarci. Temevo di non essere creduto e per un testimone non essere creduto è un doppio dolore – ha raccontato in una intervista su ugei.it lo scorso gennaio – Per evitare questo dolore rifiutavo. Poi mi hanno messo all’angolo come un pugile, dicendomi che i giovani hanno bisogno di me. Ci sono andato con mio fratello, il mio fratello adottivo, Piero Terracina, con cui ho condiviso la stessa storia e lo stesso dolore. Durante quel viaggio ho visto le lacrime dei ragazzi e quelle lacrime mi hanno aperto gli occhi. Sai, quando esci da quell’inferno vivo, nonostante l’unica via d’uscita possibile da lì sia la morte, cominci a domandarti perché. Perché io, un ragazzino di tredici anni che stava per dare l’anima e invece si è trovato liberato. Com’è possibile che sopravvissi una volta, due volte, tre volte, mentre gli altri morivano a fianco a me? Ecco, quando ho visto le lacrime negli occhi dei ragazzi e delle ragazze ho capito perché sono sopravvissuto. Io sono sopravvissuto per testimoniare. Questa è la mia missione. Questo è ciò che Lui ha voluto per me. Questo è ciò che vedono i miei occhi nel campo: i ragazzi“.