Non deve essere per nulla sottovalutata la portata storica del vademecum per i casi di pedofilia del clero pubblicato dal Vaticano. Per la prima volta, infatti, i vescovi di tutto il mondo hanno una linea unica, chiara e trasparente su come procedere quando si trovano a dover affrontare abusi sessuali di religiosi su minori. Non a caso il vademecum è stato definito dal cardinale prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Luis Francisco Ladaria Ferrer, un “manuale di istruzioni” che guida i presuli lungo tutto l’iter da seguire per affrontare i casi di pedofilia: dalla prima notizia di un possibile delitto alla conclusione definitiva della causa.
Un percorso finora ignoto proprio a chi doveva affrontare con risposte immediate, trasparenti e decise gli abusi sessuali del clero su minori. In questi decenni, però, troppe volte si sono verificati insabbiamenti commessi da coloro che avrebbero dovuto ascoltare le vittime e indagare in modo approfondito per arrivare alla verità e condannare i colpevoli. Il vademecum è sicuramente un ulteriore e importante traguardo nel fermo contrasto di Papa Francesco alla pedofilia del clero. Più volte Bergoglio ha indicato la linea della “tolleranza zero” in questa lotta precisando che“se nella Chiesa si rilevasse anche un solo caso di abuso – che rappresenta già di per sé una mostruosità – tale caso sarà affrontato con la massima serietà”.
Non si può non dare atto a Francesco di aver agito proprio su questa strada, senza mai voltarsi indietro, soprattutto dopo lo storico summit sulla pedofilia da lui convocato in Vaticano nel febbraio 2019 e al quale hanno partecipato i presidenti di tutte le conferenze episcopali del mondo. Un vertice nel quale, per la prima volta nella storia della Chiesa cattolica, è stata data voce alle vittime. Il Papa, infatti, ha voluto che sia prima che durante i quattro giorni del summit i vescovi ascoltassero i racconti di coloro che, quando erano minorenni, sono stati abusati dai preti. Ed è stata molto indicativa l’ammissione di alcuni presuli che hanno rivelato di non aver mai ascoltato prima di quell’incontro la voce delle vittime.
Lo storico summit sulla pedofilia ha portato fin da subito risultati concreti e molto importanti. Con una legislazione inedita e abbastanza dura per quei vescovi che hanno insabbiato gli abusi spostando i colpevoli di parrocchia in parrocchia. Ma soprattutto con l’abolizione del segreto pontificio per i casi di pedofilia del clero. Una decisione che era stata chiesta proprio dai partecipanti al summit in Vaticano.
Norme alle quali si sono subito dovute adeguare anche molte conferenze episcopali del mondo, a iniziare da quella italiana. La Cei, infatti, ha introdotto “l’obbligo morale” di denuncia alle autorità civili dei casi di abuso sessuale su minori commessi dai sacerdoti. Un aspetto sottolineato con particolare evidenza proprio nel vademecum: “Anche in assenza di un esplicito obbligo normativo, l’autorità ecclesiastica presenti denuncia alle autorità civili competenti ogni qualvolta ritenga che ciò sia indispensabile per tutelare la persona offesa o altri minori dal pericolo di ulteriori atti delittuosi”.
Nel vademecum, inoltre, viene sottolineata la necessità della verifica scrupolosa e accurata di qualunque informazione ricevuta su un presunto caso di abuso. Anche se la fonte è anonima. “Talvolta, – si legge nel testo – la notitia de delicto può giungere da fonte anonima, ossia da persone non identificate o non identificabili. L’anonimato del denunciante non deve far ritenere falsa in modo automatico tale notitia; tuttavia, per ragioni facilmente comprensibili, è opportuno usare molta cautela nel prendere in considerazione tale tipo di notitia, che non va assolutamente incoraggiato. Allo stesso modo, non è consigliabile scartare aprioristicamente la notitia de delicto che perviene da fonti la cui credibilità può sembrare, ad una prima impressione, dubbia”.
È innegabile che questo iter per affrontare i casi di pedofilia del clero segna un passo decisivo, atteso da molto tempo, nel contrasto degli abusi. Una vera e propria piaga della Chiesa cattolica che, negli ultimi decenni, ne ha fortemente minato la credibilità. La lotta alla pedofilia del clero è stata giustamente messa da Francesco al primo punto del suo pontificato, sulla scia di quanto aveva fatto Benedetto XVI. Fu proprio l’allora cardinale Joseph Ratzinger ad affermare con forza, nel 2005, nelle meditazioni dell’ultima via crucis del Venerdì Santo al Colosseo di San Giovanni Paolo II: “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui!”. Per contrastare tutto ciò era necessario il vademecum che rappresenta un ulteriore passo in avanti, non certo l’ultimo, per estirpare definitivamente la piaga della pedofilia del clero.