Parlare del Festival di Sanremo 2021 già a luglio? Si può, non solo perché “Sanremo è Sanremo” ma perché è talmente tanta la voglia di ‘normalità’ in mezzo a una lacerante pandemia, che va bene pure appigliarsi allo sfavillante mondo dello showbusiness. Amadeus è al lavoro, già da mesi, alla nuova edizione della kermesse, e ha già presentato il 23 giugno scorso il nuovo regolamento. Il manager del direttore artistico Lucio Presta, infatti, scriveva sui social: “Amadeus racconta a Stefano Coletta, alla Rete ed alla struttura di Sanremo, il nuovo regolamento del 71esimo Festival di Sanremo categoria Campioni e Nuove Proposte che abbiamo preparato”. Poi, durante i palinsesti Rai è stato ufficializzato il ritorno sul palco di Amadeus con Fiorello e le date dello svolgimento, slittate di un mese: dal 2 al 6 marzo 2021. Fin qui tutto bene. Fino alla proposta, dalle pagine del Corriere della Sera, di Enzo Mazza della Federazione Industria Musicale Italiana che lancia l’idea di restringere il voto della Sala Stampa ai soli critici musicali. Lo scorso anno erano 1.271 giornalisti accreditati, tra la Sala stampa dell’Ariston Roof e la Sala Lucio Dalla al Palafiori. Ma i criteri per le votazioni sono chiari: un voto a testata e tesserino da giornalista in mano. Quindi il numero scende a qualche centinaio di votanti.
Abbiamo intercettato Enzo Mazza che ci conferma “una possibile soluzione legata al fatto che la giuria stampa è nata come giuria tecnica. Altrimenti vale tutto. Che differenza ci sarebbe tra una demoscopica o televoto, da una sala stampa fatta di centinaia di inviati che scrivono, ad esempio, di televisione o di costume? Alla Rai fanno comodo perché scrivono del Festival. Ma se guardiamo alla realtà noi vorremmo che si votasse la musica grazie ad una competenza”.
Non è d’accordo l’altra faccia della discografia, quella dei produttori indipendenti. Dario Giovannini dg di Carosello Records (la discografica del vincitore dello scorso anno Diodato, ndr) e vicepresidente di PMI. “Credo che il peso del voto della sala stampa sia stato fondamentale in questi anni, riuscendo a valorizzare progetti ed artisti che fino a qualche anno fa erano ‘schiacciati’ dal dominio del televoto. – afferma a Il FattoQuotidiano.it Giovannini – L’attenzione, la conoscenza, la qualità della sala stampa per noi resta una garanzia fondamentale in un meccanismo di voto che altrimenti resterebbe in mano solo al televoto, trasformando Sanremo in un talent show e non nel Festival della musica italiana. Ricordiamo che, anche grazie alla sala stampa, in questi anni sono esplosi progetti importanti che oggi hanno un posto importante nella musica italiana. Non va dimenticata l’importanza anche di siti e blog più piccoli che hanno capacità ed impatto nella percezione musicale. Selezione all’origine? Parliamone, ma quali sono i criteri di scelta? Di quante unità parliamo? Se limitano la stampa vincerebbero sempre i talent. Non vincerebbe mai un Diodato. Gli indipendenti portano quasi sempre progetti di lungo respiro, i grandi discografici ormai lavorano one shot”.
Anche Eddy Anselmi, autore dello show italiano su Eurovision e storico di Sanremo, autore dell’Enciclopedia dedicata al Festival, si affianca al pensiero di Giovannini. “La proposta FIMI mi stupisce ma non mi stupisce allo stesso tempo. Il rischio, parlo da da costituzionalista del Festival, è quello togliere l’imprevedibilità del risultato, o farlo decidere in stanze diverse. – dice Anselmi a IlFattoQuotidiano.it – In fondo i discografici quarant’anni fa accettavano, non certo supinamente, che il Festival lo decidesse il Patron. Un osservatore esterno potrebbe pensare sia un discorso di ‘potere’, per me è più un fatto di provincia. Un po’ come gli studenti del V anno di Liceo che vogliono decidere solo loro chi sarà la reginetta del ballo della scuola. Ma come è logico che sia. Perché il voto di Radio Amore Palermo deve pesare come il voto del grande quotidiano? Per me al contrario l’interesse del Festival è quello di avere un vincitore inatteso, che poi ha successo commerciale e in questo gli ultimi due anni sono stati meravigliosi. Se non è gara vera il Festival si ammoscia”.
I sistemi di votazione in genere, anche nelle migliori democrazie, si cambiano perché non funzionano. A Sanremo non si contano le volte in cui i regolamenti siano cambiati fino agli ultimi due anni quando – tra televoto, Sala Stampa e Demoscopica – hanno trionfato Mahmood e Diodato (l’anno precedente tra i Giovani Ultimo) tra il plauso generale di tutti. Nessuno si è lamentato, come era solito accadere un anno sì e un altro no. Quindi la domanda è: dove starebbe la necessità di cambiare un sistema che sembra funzionare bene? Nell’ipotizzare la presenza di una Academy, quali sarebbero i criteri di selezione? Il rischio che si entri in un terreno minato è alto. Chi dovrebbe decidere chi può e chi non può votare, tra le decine e decine di professionisti accreditati nella Sala Stampa di Sanremo? L’attuale sistema sembra aver premiato grandi talenti ed è stato riconfermato lo scorso giugno da Amadeus. Finché dura, teniamocelo stretto.