Il consiglio regionale sardo ha approvato qualche giorno fa una legge che dà un’interpretazione autentica di norme di pianificazione paesaggistica, che di interpretazione non ha proprio niente. Come successo altre volte in questa legislatura (vedi la legge regionale n. 25 del 2019, “interpretazione autentica dell’articolo 29, comma 1, della legge regionale n.31 del 1999”) è una nuova legge. L’“interpretazione autentica” è retroattiva e defenestra il Ministero dei Beni culturali dalle scelte paesaggistiche più delicate per la Sardegna, in un contesto giuridico in cui lo Stato italiano ha competenza in materia. Come si può pensare che possa passare una norma del genere?

Il presidente Solinas ha fatto tante leggi discutibili, da quando è governatore. Non gli sono state impugnate. L’ex presidente Pigliaru ne ha fatte altre, discutibili, le quali sono state impugnate. Non è un dettaglio. Ci sono legami, rapporti, opinioni, interessi che cambiano quando cambia il governatore, che sfuggono alle sfere del diritto e che, però, sul diritto hanno effetti. Il caso Palamara ce lo insegna e la Sardegna non è esente. Perché non dirlo? O discutere della giustizia in Sardegna o in Italia è un tabù? Abbiamo poi paura che se la prendano con noi?

Non so se la legge verrà impugnata. So che è sbagliata a prescindere. Su temi come il paesaggio, la tutela ambientale, la preservazione dei nostri beni più preziosi, dovremmo co-pianificare non solo con lo Stato italiano, ma anche con organismi europei ed internazionali, e costringere gli altri soggetti del Mediterraneo a fare lo stesso. Perché il cambiamento climatico i sardi lo subiranno lo stesso, anche se noi saremo bravissimi e però, per esempio nella sponda sud o in Sicilia, saranno scarsissimi.

È chiaro ed evidente, quindi, che dietro il paravento autonomistico c’è la volontà di “aumentare le cubature”, rispolverare progetti edilizi vecchiotti (Costa turchese vi dice qualcosa?) e far capire che si vuole far ripartire il “mattone libero”. Magari poi ci scappa anche il condono. Insomma, una Sardegna che prende il passato recente e lo imposta come perno per il futuro prossimo.

Altro che “il Covid cambierà per sempre la nostra società”, i “cambiamenti climatici”, “Greta Thunberg” e “nuovo modello di sviluppo”. Per ora si danno risposte alla cara vecchia lobby del mattone e questa legge dovrà essere letta con quella urbanistica, più corposa, che andrà in aula tra qualche mese. Nel frattempo ASPAL, una agenzia della regione, dimostra che nel 2020 si sono persi più posti di lavoro nel settore dello spettacolo e della cultura che nel settore dell’edilizia.

Ma in fondo, si vuol fare cultura in Sardegna? E poi questi che fanno cultura sono persone che non lavorano, che passano il tempo, molti sono dopo lavoristi, che hanno trasformato un hobby in altro, e ci vogliono addirittura guadagnare. C’è anche chi, magari a 40 anni, fa per esempio l’archeologo, e vuole mettere su famiglia! Meglio altro, la Sardegna ha bisogno di lavoro vero! Sento già il rumore delle betoniere

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