Una discussione che si è protratta fino a notte fonda quella del vertice europeo sul Recovery Fund. Mentre nella serata di lunedì sono circolati i particolari della nuova proposta del presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, che avrebbe dovuto accogliere le richieste di tutti gli attori e i risultati degli accordi tra le varie parti, i capi di Stato e di Governo europei hanno continuato a lavorare sugli ultimi dettagli prima di un annuncio previsto per la giornata di martedì. Almeno stando al tweet del commissario agli Affari Economici Ue, Paolo Gentiloni, che poco prima della ripresa dei colloqui, dopo cena, ha scritto: “Comincia la quarta notte di #NextGenEU. Domani una giornata europea da ricordare“. “I negoziati sono stati molto difficili, ma sono fiducioso. E anche se è importante continuare a lavorare, penso e sono convinto che un accordo sia possibile“. Queste la parole, intorno alle 19, di Michel che si è presentato davanti ai giornalisti e ha annunciato di aver inviato una nuova proposta ai leader.

Questa, secondo le ultime indiscrezioni, prevede: 390 miliardi di sussidi più 360 di prestiti per un pacchetto complessivo di 750 miliardi. La nuova composizione porterebbe all’Italia 209 miliardi, anche se Roma perderebbe 3,4 miliardi di sussidi ottenendone 35 in più di prestiti, per un totale di 81,4 miliardi a fondo perduto e 127,4 di prestiti. La cifra, viene spiegato, potrebbe ancora variare, perché si stanno facendo i calcoli sulla base della nuova proposta: se venissero confermati sarebbe una cifra superiore a quella della proposta iniziale della Commissione, che si fermava a 173 miliardi. Per quanto riguarda il bilancio europeo 2021-2027, nella nuova proposta messa sul tavolo dal presidente del Consiglio europeo Michel, resta a 1.074 miliardi di impegni. Aumentano i rebate, i cosiddetti “sconti” nei contributi al bilancio, per: Danimarca, Germania, Olanda, Austria e Svezia, la maggior parte definiti Paesi frugali, che si sono opposti finora all’accordo. Alla Danimarca andranno 322 milioni annui di rimborsi; alla Germania 3,671 miliardi; all’Olanda 1,921 miliardi; all’Austria 565 (quasi raddoppiando rispetto a quelli attuali), e alla Svezia 1,069 miliardi.

Per chiudere la dura battaglia sulla governance si è invece trovato un compromesso sulla falsa riga di quello annunciato dallo stesso Conte durante l’ultimo punto stampa: nessun veto dei Paesi membri alle proposte di riforma di uno Stato, come inizialmente richiesto dal primo ministro olandese Mark Rutte, con il via libera che dovrà avvenire invece in sede di Consiglio Ue a maggioranza qualificata in base alle proposte presentate dalla Commissione. La valutazione sul rispetto delle tabelle di marcia e degli obiettivi fissati per l’attuazione dei piani nazionali sarà affidata al Comitato economico e finanziario (Cef), gli sherpa dei ministri delle Finanze. Se in questa sede, “in via eccezionale”, qualche Paese riterrà che ci siano problemi, potrà chiedere che la questione finisca sul tavolo del Consiglio Europeo prima che venga presa qualsiasi decisione.

Infine, a favore dei paesi Bassi c’è anche anche l’aumento dei costi di raccolta delle risorse proprie Ue tradizionali, tra le quali ci sono i dazi doganali, dal 20% al 25%. L’intenzione iniziale era di abbassare i costi di raccolta al 10%, poiché consentire ad uno Stato di trattenere un quinto del gettito dà al Paese in questione un aggio significativo, se è efficiente nell’esazione delle imposte. Questo favorisce in particolar modo L’Aja perché il porto di Rotterdam è il più importante d’Europa per il traffico merci: una riduzione al 10% dei costi di raccolta avrebbe sottratto all’erario olandese un gettito probabilmente non piccolo.

Sulle condizionalità legate al rispetto dello stato di diritto, in serata si sarebbe arrivati a un accordo, dopo l’opposizione dei paesi del gruppo di Visegrad, in particolare Polonia e Ungheria.

I tagli agli altri programmi: meno fondi a React Eu e Horizon – Il taglio dei trasferimenti si fa sentire su tutti gli altri programmi di Next Generation Eu: React Eu, destinato a potenziare i fondi di coesione e caro all’Italia, passa dai 50 miliardi della proposta di Michel del 10 luglio a 47,5 miliardi. I tagli penalizzano anche i fondi Nge destinati a potenziare HorizonEurope, il programma per la ricerca, che passano da 13,5 a 5 miliardi. Anche InvestEu, erede del piano Juncker, passa da 30,3 miliardi a 2,1 miliardi, mentre viene dimezzato il rafforzamento allo sviluppo rurale, da 15 a 7,5 miliardi. Il potenziamento del Just Transition Fund passa da 30 a 10 miliardi e RescEu, il programma di rafforzamento della risposta alle emergenze, passa da 2 miliardi a 1,9 miliardi. Inoltre, Ndici, i fondi per il vicinato, lo sviluppo e la cooperazione internazionale, passano da 15,5 miliardi a 3,5 miliardi.

Scompare il Solvency Support Instrument da 26 miliardi che era stato pensato per salvare le imprese strategiche in difficoltà a causa della pandemia di Covid-19. Era però un programma comunitario che non a tutti gli Stati membri andava a genio, generando perplessità sul piano giuridico. Scompare da Nge anche il programma per la salute da 7,7 miliardi di euro.

I segnali di ottimismo dai leader – Mancano ancora alcuni passaggi importanti, ma già dal pomeriggio tra i leader europei si è iniziato a fare strada l’ottimismo. Questo dopo che lo stesso Michel, in mattinata, aveva ammonito: “In caso di strappo, presenteremo il volto di un’Europa debole, minata dalla sfiducia“. Così dal tardo pomeriggio, da tutti i fronti, sono cominciate ad arrivare caute aperture rispetto alla possibilità di un accordo sul Recovery fund. Che siano speranze concrete o tentativi di dare l’ultima spinta ai partner verso il raggiungimento di un’intesa, sia la cancelliera tedesca Angela Merkel sia il presidente francese Emmanuel Macron – grandi mediatori di questo Consiglio straordinario – si sono detti prudentemente ottimisti. Sulla stessa linea il premier italiano Giuseppe Conte: “Stanotte c’è stata una svolta: sono cautamente ottimista“. Certo restano diversi paletti, perché le risorse per l’Italia devono essere “cospicue” – il premier punta ad almeno 70 miliardi di sussidi – e “il sistema di controllo e verifica spetta agli organi comunitari“. Ergo non può essere soggetto al veto di singoli Stati. Cauto eppure “molto soddisfatto dei testi attualmente sul tavolo” anche l’avversario di Conte in questo tour de force, Mark Rutte, l’olandese leader dei frugali, che parla di “chiari progressi”. “Sono positiva per oggi, non ci siamo ancora, ma le cose si muovono nella giusta direzione“, conferma dal canto suo la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen entrando al vertice Ue. “Dopo tre giorni e tre notti entriamo nella fase cruciale”.

Macron, che nella notte ha alzato i toni con i capi di governo frugali esprimendo fastidio per il loro continuo alzare la posta con nuove richieste, riconosce che “ci sono stati momenti molto tesi, ci sono momenti ancora difficili, ma senza dubbio ci sono stati progressi. Ora bisogna entrare nei dettagli della nuova proposta, che dovrà essere” sì “un compromesso, ma dovrà mantenere l’ambizione di una grande politica europea per il futuro dell’Europa”.

La trattativa su aiuti a fondo perduto, sconti e governance – Le lunghe trattative notturne hanno visto ridursi le distanze sulla cifra da assegnare a titolo di trasferimenti a fondo perduto. Per Conte è ed era fondamentale non scendere sotto i 70 miliardi di sovvenzioni per l’Italia. Per convincere i “frugali” ad alzare l’asticella rispetto ai “non più di 350 miliardi” messi sul piatto domenica, si è lavorato a uno scambio tra l’ammontare dei sussidi e quello degli sconti sul contributo al bilancio comunitario di cui godono i Paesi nordici.

Si parla di 390 miliardi di sussidi – a fronte dei 500 immaginati dalla Commissione – più 360 di prestiti. Quello a 750 miliardi potrebbe essere l’accordo che si delineerà nelle prossime ore, anche se fino a ieri Merkel, Macron e lo stesso Conte non volevano scendere sotto i 400 miliardi, pari a un taglio di 100 miliardi rispetto alla proposta originaria. Se passasse quella cifra, “condurrebbe un maggiore sconto per i Paesi che ne hanno diritto”, ha spiegato Conte, “quella da 390 miliardi un minore sconto”.

Ci sono passi avanti anche per quanto riguarda il nodo della governance su come saranno spesi i soldi raccolti dalla Commissione emettendo titoli di debito e distribuiti ai Paesi. L’Olanda chiedeva il diritto di veto sui piani di riforma nazionali, opzione irricevibile per l’Italia. La proposta di mediazione prevede che il “super freno d’emergenza” possa essere attivato in Consiglio europeo solo a maggioranza qualificata (il 55% dei Paesi Ue rappresentanti il 65% della popolazione europea): niente possibilità di veto per un singolo Stato, dunque, ma la questione verrebbe comunque portata di fronte al massimo livello politico come chiedeva Rutte. Anche se è alla Commissione, non agli Stati, che i trattati assegnano il potere esecutivo e di controllo. Conte ha parlato di “una più corretta soluzione, rispettosa delle competenze dei vari organi definite dai trattati”. La mediazione soddisfa anche Rutte che ha esultato per “un’ottima bozza che ritengo stia lentamente guadagnando consenso. Sono davvero contento, perché questa è stata una condizione cruciale per noi per essere in grado di costruire quel bilanciamento” tra prestiti e sovvenzioni.

I leader dei frugali ostentano soddisfazione: “Ottimi risultati perché siamo stati uniti” – Nella notte il leader olandese Rutte e l’austriaco Sebastian Kurz, secondo fonti europee, sono stati ancora una volta i più intransigenti nel mantenere la linea rossa dei “350 miliardi di sussidi e non oltre” per il Recovery Fund, mentre i capi di governo svedese, danese e finlandese hanno ammorbidito le loro posizioni. Ma Rutte in mattinata ha smentito assicurando: “Stiamo tutti sulla stessa linea”. Anche Kurz, in una strategia evidentemente coordinata, ha ostentato soddisfazione per i “risultati” raggiunti finora: “I negoziati non sono ancora finiti, ma possiamo essere molto soddisfatti di essere riusciti a ottenere una riduzione dell’importo totale, che era la nostra richiesta principale, un aumento degli sconti per l’Austria e la garanzia che investimenti e riforme saranno controllati“. Poi ha rivendicato: “Eravamo in quattro e ora siamo in cinque, unirci è stata sicuramente la decisione migliore” (riferimento all’adesione della Finlandia al fronte dei frugali). E davanti a Paesi come “Germania e Francia, i più piccoli da soli non avrebbero peso. Se crei un gruppo e combatti per gli interessi comuni, puoi spingerti molto in là e sono molto felice che il gruppo dei frugali sia cresciuto perché non avremmo mai potuto raggiungere questo risultato da soli”. Lo scontro con Macron? “Abbiamo negoziato per venti ore, trovo che uscire” dalla stanza “qualche volta sia abbastanza normale, comunque abbiamo trattato in modo professionale. E’ comprensibile che alcuni, se dormono poco, a un certo punto siano snervati, ma ci rispettiamo e tutto è bene ciò che finisce bene”. L’austriaco, secondo quanto riferito da alcune fonti diplomatiche, ha fatto infuriare il collega francese andandosene nel bel mezzo dei colloqui per rispondere a una telefonata.

Conte: “Chi si contrappone affosserà i sogni delle nuove generazioni – Durante il tavolo notturno, secondo fonti italiane, il premier ha sottolineato che “il recovery plan non può diventare uno strumento per condurre battaglie ideologiche. Chi oggi si contrappone alla chiusura di questo negoziato e pensa di acquisire nell’immediato maggiore consenso sul piano interno deve però pensare che non solo la storia gli chiederà il conto ma che i suoi stessi cittadini, superata la reazione emotiva, si renderanno che quella di stasera è stata una valutazione miope che ha portato a una decisione che ha contribuito ad affossare il mercato unico e la libertà di sognare delle nuove generazioni”, ha aggiunto. Sono giorni che si continua a trattare al ribasso, ha ricordato, “intervenendo a ridurre l’ammontare, a compromettere l’efficacia, a frapporre vari ostacoli operativi“, e inizia a venire il sospetto che “non si voglia rendere effettivo uno strumento che è nell’interesse di tutti che funzioni”. In particolare “i grants sono necessari a una pronta ripresa per rafforzare la resilienza dei paesi che hanno più difficoltà nella crescita economica”.

Michel: “Voglio che i giornali titolino che l’Europa è riuscita in missione impossibile” – I 22 leader che sostengono la proposta presentata ieri da Michel in modo informale alle delegazioni e rigettata dai frugali – 400 miliardi di aiuti a fondo perduto, una soluzione sulla governance, rebate cospicui e compensazioni per l’agricoltura all’Austria e una soluzione sullo stato di diritto – avevano in precedenza ricordato la gravità della situazione sottolineando che non si può sempre chiedere di più. “I 27 leader responsabili nei confronti dei popoli d’Europa sono in grado di costruire unità e fiducia nell’Europa?”, ha chiesto Michel. “Oppure, attraverso uno strappo, presenteremo il volto di un’Europa debole, minata dalla sfiducia?. Durante i negoziati, ho ascoltato tutti, mostrato il massimo rispetto. Continuerò a lottare per un accordo, con lo stesso rispetto. Il mio auspicio è che giungiamo a un accordo e che FT e i nostri altri giornali domani titolino che l’Ue è riuscita in una missione impossibile“.

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Recovery fund, intesa raggiunta su 750 miliardi. All’Italia 36 in più rispetto alla proposta di maggio: 82 a fondo perduto e 127 di prestiti. Ai frugali più sconti. Conte: “Momento storico, ora ripartire con forza”

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