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Sanremo 2021, la proposta di ridurre il numero dei giurati in sala stampa porta con sé una domanda. Perché?

La critica musicale è cosa seria, anzi serissima. Primi esempi si trovano alla fine del 1700 e nel Romanticismo la figura del "critico musicale" sboccia, si fa strada, si separa da quella del musicista, è dedicata alla comprensione, all'analisi, al giudizio dell'opera senza condizionamenti. Oggi la figura del "critico musicale" è di difficile individuazione. Quali sono i criteri che definiscono un giornalista come critico musicale, nel 2020-2021?

di Claudia Rossi

Ne aveva parlato qualche giorno fa al Corriere della Sera e ce lo siamo fatto ripetere anche noi de Ilfattoquotidiano.it: Enzo Mazza della Federazione Industria Musicale Italiana ha lanciato l’idea di ‘restringere’ il voto della Sala Stampa del festival di Sanremo ai soli critici musicali competenti (sia chiaro, competenti). Lo scorso anno erano 1.271 giornalisti accreditati, tra la Sala stampa dell’Ariston Roof e la Sala Lucio Dalla al Palafiori ed era possibile esprimere un solo voto per testata. Ora bisognerebbe ridurre il campo. Come mai? Perché sarebbe “una possibile soluzione legata al fatto che la giuria stampa è nata come giuria tecnica. Altrimenti vale tutto. Che differenza ci sarebbe tra una demoscopica o televoto, da una sala stampa fatta di centinaia di inviati che scrivono, ad esempio, di televisione o di costume? Alla Rai fanno comodo perché scrivono del Festival. Ma se guardiamo alla realtà noi vorremmo che si votasse la musica grazie ad una competenza”, ha spiegato Mazza. La sua è una proposta che, almeno per l’edizione 2021, quella dell’atteso ritorno di Amadeus e Fiorello, non vedremo messa in pratica, perché il direttore artistico ha depositato a giugno il regolamento ed è stato riconfermato (sarà adeguato in base all’andamento della pandemia, ma questo non c’è bisogno nemmeno di dirlo, no? A quel punto ci saranno da fare ben altri conti).

Eppure un approfondimento questa proposta lo merita. La critica musicale è cosa seria, anzi serissima. Primi esempi si trovano alla fine del 1700 e nel Romanticismo la figura del “critico musicale” sboccia, si fa strada, si separa da quella del musicista, è dedicata alla comprensione, all’analisi, al giudizio dell’opera senza condizionamenti. Oggi la figura del “critico musicale” è di difficile individuazione. Quali sono i criteri che definiscono un giornalista come critico musicale, nel 2020-2021? Proviamo a individuarne qualcuno, così per metterci nei panni chi ha fatto questa proposta: deve occuparsi solo ed esclusivamente di musica (se una volta l’hanno beccato a scrivere un pezzo, che so, su un programma tv, fuori!). Deve essere un giornalista esperto di settore, un vulcano di aneddotica, un’agenda vivente per quel che riguarda uscite, live. Deve conoscere la storia della musica. Potrebbero essere validi criteri? Forse. E stupirebbe i signori della FIMI sapere quanti giornalisti o blogger hanno tutti questi requisiti e scrivono su siti minuscoli oppure su blog più letti di un quotidiano. Uno dei criteri potrebbe essere poi, andiamo sempre a caso eh, l’esperienza: giornalisti che da anni si occupano solo ed esclusivamente di musica. Quindi, come dire, “si entra da una certa età in su”. Cosa c’entra l’età con la competenza? Niente. Anzi, il miscuglio generazionale, anche in una giuria, è fondamentale. Se il mondo della musica si sta staccando sempre di più dalla realtà e fa fatica a capire i fenomeni che arrivano dallo streaming (ora anche da Tik Tok) è per via di un grosso, enorme, gap generazionale tra chi controlla le grandi discografiche (in molti casi, non tutti), le fonti primarie di informazione e critica (in molti casi, non tutti) e gli ascoltatori di musica. Unire competenza e comprensione della realtà per esprimere al meglio il voto su un’opera: non si tratta di questo? Quindi siamo al punto di partenza: chissà come si fa a individuare il critico musicale competente e a garantirgli l’accesso in sala stampa. Mistero. Per altro, una giuria più ampia è garanzia di indipendenza. Più si è, e più è difficile mettersi d’accordo per una ragione che non sia la bellezza e la validità del brano. No? Negli ultimi due anni oltretutto il meccanismo ora in vigore ha funzionato: Mahmood e Diodato. Bene. Piacciono anche alla gente. A chi, poi, la musica la ascolta. Cosa fa pensare la FIMI che chi vota adesso non abbia competenza? Come si eliminano quelli in più? Che confusione. Dice Mazza che “una sala stampa gremita fa comodo alla Rai”. “Gremita” anche di chi scrive di televisione e spettacolo. E allora? È Sanremo: il cuore è la musica, non facciamo i leziosi, ma lo show televisivo è un po’ la spiaggia al tramonto per il Tango. Durante Sanremo, la gente ama leggere di Sanremo e si legge di tutto su Sanremo: dalla sala stampa arrivano critiche spietate, voti infimi, articoli esaltati, buoni giudizi. Si parla solo di quello. Uno dice, “ok, ma che ne sa uno che scrive di televisione su un piccolo blog di come si giudica un brano?”. Ne sa, si fidino lor signori, i critici musicali. Il suo giudizio si basa su criteri diversi, probabilmente. Ma è ben accetto. Oppure qualcuno spieghi bene quali sono i criteri per essere un “critico musicale competente” e indipendente e ci adeguiamo tutti. Dura lex, sed lex.

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