Il co-portavoce dei Verdi ed ex candidato sindaco nel capoluogo ionico è intervenuto in merito alla nuova inchiesta della Procura di Potenza su come la magistratura tarantina ha gestito la vicenda del siderurgico e sui legami tra Carlo Maria Capristo e il legale dei falsi depistaggi Eni
“Un anno fa, dopo l’avviso di garanzia che la Procura di Messina inviò al procuratore di Taranto Carlo Maria Capristo, ho chiesto al Consiglio superiore della magistratura di sospenderlo dalle sue funzioni: non solo non è stato fatto, ma nessuno ha mai risposto a quella richiesta”. È la denuncia di Angelo Bonelli, co-portavoce dei Verdi che nel capoluogo ionico è stato anche candidato a sindaco per l’ala ambientalista. Dopo l’arresto di Capristo e i nuovi sviluppi dell’indagine di Potenza sulla gestione dell’affaire Ilva dell’ex procuratore, Bonelli annuncia una nuova azione per fare luce sulla vicenda che ancora presenta troppi lati oscuri.
“A luglio dello scorso anno, poche ore dopo la mia richiesta al Csm, fu proprio Capristo con una nota a rispondere spiegando che l’avvocato Piero Amara non era mai stato consulente della procura: beh io non l’ho mai detto, ma continuo a chiedermi come sia stato possibile che in una fase così delicata come quella del patteggiamento, la procura non abbia valutato l’opportunità di avere come controparte l’uomo coinvolto nello scandalo per le sentenze pilotate al Consiglio di stato e nella vicenda dei falsi depistaggi Eni? La Procura di Taranto in quell’occasione scaricò sulla struttura commissariale, ma non può essere questa una scusante”. Ma è al Csm che Bonelli rivolge ancora le sue domande: in altri casi e per molto meno, il Csm è intervenuto avviando procedimenti, per Taranto invece questa cosa non è avvenuta”.
E i fatti poi sono precipitati: l’arresto di Capristo, i fari della procura lucana sulla gestione delle indagini Ilva e l’arrivo a Taranto di personaggi come Piero Amara e l’avvocato Giacomo Ragno, condannato nell’inchiesta sul “sistema Trani”. “Perché il Csm non è intervenuto a difesa di una città che ha pagato e continua a pagare un prezzo altissimo? Quale poteva essere lo scenario oggi con una guida differente alla Procura di Taranto e senza l’immunità concessa che ha permesso l’archiviazione di ben tre procedimenti penali? Il ministero della Giustizia, rispettando l’autonomia del Csm, credo che debba comunque chiedere conto di questo immobilismo sulla vicenda”.
Il prossimo 26 luglio saranno trascorsi ben 8 anni dal sequestro dell’area a caldo disposto dal gip Patrizia Todisco nel 2012: “Siamo ancora di fronte a una situazione incredibile – ha aggiunto Bonelli – le cui conseguenze ricadono sempre e solo sui tarantini. Invece di accettare una sfida concreta sul modello di Bilbao e di Duisburg, oggi sentiamo parlare di decarbonizzazione e idrogeno: ipotesi non certe che troverebbero applicazioni tra 10 anni. E nel frattempo? I tarantini e gli italiani devono continuare ad aspettare pagando con la propria salute? Dinanzi a un problema così serio sono ancora tanti, troppi gli occhi chiusi. È terrificante”.
Bonelli, infine, riprende le dichiarazioni di pochi giorni fa del ministro Stefano Patuanelli dopo la chiusura dell’area a caldo di Trieste: “Il ministro ha dichiarato di consegnare cieli più blu ai triestini. Bene, ma i tarantini non meritano cieli altrettanto blu? La chiusura dell’area a caldo di Taranto non solo è ancora possibile, ma è doverosa per rispetto degli abitanti di quella città puntando a una conversione sul modello di Bilbao e Pitsburgh”.