Dopo una petizione lanciata su Change.org dalla 19enne Chiara, la Regione guidata da Emiliano, lo scorso novembre aveva dato la possibilità di ottenere fondi anche dopo i 18 anni, ma il Consiglio dei ministri ha impugnato la norma, considerata "incostituzionale". Ora da Bari prendono tempo e i malati sono in un limbo: "Ma la malattia non aspetta, né ci avverte"
Prima troppo grandi per avere diritto ai rimborsi, e, ora, dopo un tam tam mediatico che ha portato la Regione Puglia a cambiare la normativa, fermi in un limbo senza risposte. È la condizione dei malati rari pugliesi che hanno superato i 18 anni di età e che per una legge regionale si trovano ad ogni viaggio fuori regione per motivi medici a dover pagare trasporto, vitto e alloggio, senza aver accesso ai fondi. Come Chiara Racanelli, ragazza di quasi 20 anni, affetta da esostosi multipla, costretta per la sua patologia a costanti viaggi a Milano, dove si trova uno dei pochi centri in grado di curarla.
Proprio da lei, lo scorso anno, è partita la battaglia per cambiare l’articolo che bloccava i rimborsi al raggiungimento della maggior età, tramite una petizione lanciata su change.org arrivata a oltre 170mila firme. Dopo un’apparente vittoria, con la modifica della norma, però, un ricorso dell’Avvocatura Generale dello Stato di fronte alla Corte Costituzionale, ha bloccato di nuovo tutto. Secondo lo Stato, infatti, il nuovo articolo è incostituzionale “perché ritenuto in contrasto con gli obblighi del piano di rientro sul bilancio che gravano sulla Regione Puglia”, spiega Chiara. “Facendo delle ricerche, siamo arrivati alla conclusione che in realtà, fin quando non c’è sentenza, la norma continua ad avere valore”, ma per la Regione, continua, “non è così”. “Nell’ultimo incontro (del 6 luglio ndr.), il direttore del dipartimento Salute della Regione ci ha detto che dovevano documentarsi e che ci avrebbero dato risposte in giornata – racconta al Fatto.it Chiara, con un tono deluso – ma sono passate due settimane e non ci hanno fatto sapere nulla. Noi vogliamo risposte”. Nell’incontro, denuncia chiara, “era lampante la mancanza di sensibilità”. “Non avevano letto le carte, nulla – continua – Noi avevamo le nostre risposte, ma le famiglie aspettano le loro”. Da allora a Chiara e alle associazioni che si occupano del caso è arrivato solo un sms dal direttore Vito Montanaro nel quale annunciava un’imminente risposta, che ancora non è arrivata. Il Fattoquotidiano.it ha provato a contattare la Regione Puglia per una replica, ma non ha mai risposto.
Chiara non è l’unico malato raro ad aspettare. Sono oltre 23 le associazioni sparse sul territorio regionale che si occupano del tema, incluse nella rete Amare, presente all’incontro. “Nella mia vita ho fatto più interventi degli anni che ho – sottolinea chiara per spiegare al Fatto.it la sua condizione – E per ogni minima cosa, dalla semplice terapia a delle banali radiografie, io devo andare nel mio centro di cura (Milano ndr.)”. La patologia di cui soffre Chiara è molto rara: le crescono più cartilagini del normale, impedendo il normale sviluppo delle ossa. “Per questo – sottolinea – ho fatto anche interventi di allungamento degli arti”. Nel caso di Chiara, poi, la malattia è ancora più rara: “Le cartilagini crescono a uncino, strozzando i nervi – spiega – Può accadere di andare a dormire tranquilla e svegliarmi con dolori lancinanti”. Di viaggi fuori Regione Chiara ne ha fatti centinaia. In Puglia esiste solo un centro diagnostico, a San Giovanni Rotondo, dove però è impossibile portare avanti le cure.
Mettere qualche vestito in valigia e partire all’ultimo minuto è all’ordine del giorno per i malati rari perché, dice ancora Chiara, “la malattia non ci avverte”. “Mi è capitato di andare a Milano durante la settimana della moda, con prezzi alle stelle, o di comprare biglietti costosi per poter partire subito”. Per questo lo scorso anno, finita la maturità, deide di lanciare la petizione su Change.org. Nel testo chiede di effettuare una modifica all’articolo 13 della legge regionale n.12 del 2005, che assimilava i malati rari ai pazienti trapiantati, garantendo loro il rimborso spese, ma solo fino ai 18 anni. Il boom delle firme avviene in pochi giorni, e la notizia arriva prima al governatore Michele Emiliano, che incontra Chiara, e poi in Consiglio regionale, dove la normativa viene modificata. Con un emendamento votato in sede di approvazione del bilancio Regionale per l’anno 2020, il 29 novembre l’articolo viene cambiato, ma anche in questo caso il raggiungimento dell’obiettivo non è semplice: “Con la prima modifica, in pratica, siamo stati equiparati ai malati costretti a curarsi all’estero – spiega ancora la 19enne – In questo modo bisognava fare una lunghissima procedura, e forse avremmo ottenuto l’80% di rimborso delle spese del solo trasporto”. Così, dopo un’ulteriore protesta, la normativa cambia ancora, il 4 dicembre. “Ora c’è scritto semplicemente che il diritto della legge del 2005 è esteso agli ultra-diciottenni”. Tutto, però, si blocca a inizio febbraio, quando la norma (la prima del 29 novembre ndr.) viene impugnata dallo Stato. Da allora, in Puglia è tutto sospeso. “La burocrazia invece di aiutare noi malati rari, ci ostacola – conclude Chiara – Nonostante continui a credere che le Istituzioni abbiano il dovere di aiutare le persone, mi sembra di lottare contro i ‘mulini a vento'”.