Le 54 pagine dell'ordinanza con cui è stato disposto l'arresto del sindaco di Marigliano con l'accusa si scambio elettorale politico mafioso ricostruiscono anni di relazioni e scambi di favori con i boss locali. Dalla finta cooperativa per detenuti alle minacce agli oppositori politici
Un quartiere di Marigliano (Napoli), Pontecitra, fatto di lotti di case popolari, molte occupate abusivamente, nelle mani della camorra che se ne era impadronita. Un candidato sindaco, l’avvocato penalista Antonio Carpino, che sarebbe sceso a patti coi boss di quel quartiere per vincere le primarie del Pd e poi le elezioni comunali ‘vere’, distribuendo decine di migliaia di euro ai camorristi che caricavano gli elettori sui pullmini noleggiati apposta per essere sicuri che andassero a votare, e facendo promesse di regolarizzazioni delle occupazioni abusive e di appalti per un’apposita cooperativa di ex detenuti da costituire a vittoria acquisita (e poi mai creata).
Un’incredibile campagna elettorale, quella del 2015, durante la quale tutti – o quasi, poi vedremo chi non lo fece – sarebbero andati a bussare alle porte dei capi della criminalità organizzata, per offrire banconote a mazzi in cambio di preferenze. E i clan che si fecero beffe di loro. Come? Lo spiega un pentito, Tommaso Schisa: “Noi prendevamo i loro soldi ma utilizzavamo quel denaro per comprare i voti in favore di Carpino”.
PD SORPRESO E CAMBIO IN CORSA – Ecco la cruda sintesi delle 54 pagine dell’ordinanza firmata dal Gip di Napoli Egle Pilla e notificata nelle mani di Carpino, finito in carcere con accuse di voto di scambio politico mafioso. L’avvocato ha così dovuto bruscamente interrompere la sua nuova campagna elettorale appena iniziata. Da un paio di giorni il Pd e la coalizione di centrosinistra ne avevano ufficializzato la ricandidatura per le amministrative del 20 e 21 settembre. Circolava già il manifesto, ‘Tutti uniti con Antonio Carpino’: cinque loghi di partiti e liste, al centro quello dei dem. Proprio ieri Carpino aveva pubblicato un video su Facebook col quale ringraziava le forze politiche che gli avevano consentito di completare la consiliatura (“nessun sindaco ci era riuscito”) e lanciava un appello al M5s per aderire all’alleanza, “coi quali c’è coalizione a livello nazionale”. Ci sarà un ripensamento. Infatti il segretario del Pd di Napoli, Marco Sarracino, non nasconde lo sconcerto: “La notizia dell’arresto di Antonio Carpino ci colpisce duramente: nessuno avrebbe immaginato i fatti che lo hanno determinato”. E ha lasciato trapelare che i dem intendono sostituirlo in corsa con il presidente del consiglio comunale Vito Lombardi.
QUADRO ACCUSATORIO SOLIDO – Cinque pentiti e un coindagato, Luigi Esposito detto ‘lo Sciamarro’, uno che si è fatto 12 anni di galera ed attualmente è al 41 bis, inchioderebbero Carpino con una serie di dichiarazioni raccolte dalla Dda di Napoli – pm Simona Rossi, procuratore capo Giovanni Melillo – e sostanzialmente concordanti, salvo qualche discrepanza sulle quali il giudice dedica qualche pagina per ribadire che il quadro nel complesso sarebbe solido. La parola ovviamente passerà al Riesame e alle successive fasi processuali, che vaglieranno la tenuta degli indizi a carico e le ragioni della difesa del sindaco. Accusato anche da suoi ex clienti in un contesto in cui gli inquirenti sospettano – perché lo dicono alcuni pentiti – che qualche volta abbia lavorato gratis per la camorra, o abbia promesso di farlo salvo poi negarlo, come dice il collaboratore Massimo Pelliccia in uno dei punti controversi dell’ordinanza.
A CASA DEL BOSS – Sentito il 26 maggio 2016, il pentito Raffaele Aurelio ricostruisce così la genesi del presunto patto elettorale tra Carpino e i clan. Collocandolo ad un incontro, un summit, tra il sindaco e i boss, al quale avrebbe assistito: “Sono stato personalmente presente al colloquio tra Piezzo Cristiano e Antonio Carpino; avvenne a casa del Piezzo. Al colloquio erano presenti altresì Luigi Esposito, ovviamente Piezzo Cristiano e Carpino Antonio, Massimo Pelliccia, Taglialatela Ciro, Piezzo Fortunato”. Il sindaco si sarebbe rivolto a Piezzo senior così: “Io lo so che a Pontecitra comandate voi e che la gente fa quello che voi gli dite di fare”. E poi l’idea della cooperativa di ex detenuti alla quale affidare piccoli lavoretti di manutenzione urbana. “L’avvocato Carpino sapeva bene che non ci saremmo mai occupati di tagliare l’erba perché eravamo dei criminali”.
A Pontecitra, a leggere le carte delle indagini dei carabinieri, la camorra disse di votare Carpino e riuscì a muovere, secondo Esposito, circa 2.000 voti. “Almeno in una dozzina di episodi – afferma il collaboratore di giustizia Aurelio – sono stato presente alla dazione di denaro a persone cui Esposito Luigi chiedeva in cambio il voto per Antonio Carpino”. Esposito è una figura di spicco del quartiere. Tutti sanno chi è e qual è la sua storia. E’ lui il ‘noto pregiudicato che accompagna il candidato Carpino’ citato nelle dichiarazioni ai giornali dell’epoca di Paolo Russo, parlamentare di Forza Italia, di Marigliano, che scrisse al prefetto denunciando le ingerenze della camorra davanti ai seggi ed oggi dice al fattoquotidiano.it che “una cosa simile nel Pci di una volta non sarebbe potuta accadere, c’è un problema serio di scelta della classe dirigente, ormai i partiti sono diventati scatole vuote per raccoglitori di preferenze”.
L’AVVERSARIA MINACCIATA –Nel 2015 Forza Italia candidò a sindaco una dirigente comunale dell’Urbanistica, Filomena Iovine. “L’unica a non venire a chiedere o a comprarci i voti” ha verbalizzato il pentito Schisa, genero di Esposito. Una mosca bianca, la dottoressa Iovine. Sconfitta al ballottaggio per mille voti. Il pm ha voluto sentirla nel gennaio scorso. Lei ha confermato di aver visto spesso Carpino “entrare nelle case con lo Sciamarro (Esposito, ndr)” durante una campagna elettorale da lei definita “cattivissima”. E ha raccontato di aver subito velate minacce dal boss, quando si ritrovarono in un bar di corso Umberto che improvvisamente si svuotò per la paura. Iovine ricorda al pm che tra il primo turno e il ballottaggio “il Pd portò un camioncino a Pontecitra con le bandiere del partito, distribuendo gratuitamente dei panini e hotdog e diffondendo musica neomelodica di malaffare, com’è purtroppo tipico di certe subculture delinquenziali; il tutto per attrarre il voto di numerose persone di Pontecitra che condividevano quel tipo di cultura”.
Tra le ragioni dell’arresto di Carpino il Gip, citando notizie di stampa locale inoltrate dal pm, inserisce anche la sua imminente ricandidatura e quindi il pericolo di reiterazione del reato. Eppure il pentito Schisa, secondo il quale “tutti a Marigliano – anche le formiche – sanno che Carpino è “nostro”… se è diventato sindaco, è perché è stato il nostro gruppo a decidere che lui diventasse sindaco”, si dice però “convinto che se Carpino si candidasse nuovamente non verrebbe eletto: in primo luogo non ci siamo più noi a sostenerlo; in secondo luogo le persone di Pontecitra sono deluse perché non ha dato a tutti la residenza”.