Da giorni la storia di Luigi, il neonato abbandonato in una culla termica a Bari con un biglietto da parte dei genitori “non possiamo crescerlo. Ti vorremo sempre bene”, sta facendo il giro d’Italia. Il piccolo sta bene e il tribunale per i minori di Bari ha nominato il primario del reparto di Neonatologia del Policlinico di Bari, Nicola Laforgia, tutore legale del neonato. Toccherà poi sempre ai giudici decidere se lasciare il piccolo, nato lo scorso 10 luglio, in ospedale o in una struttura esterna in attesa dell’affido.

Nel frattempo si è scatenato un tam tam enorme, sui giornali, sui social, ovunque. Si è espresso anche il sindaco pronto ad aiutare la famiglia, il Comune , le istituzioni tutte e anche il prete che l’ha trovato si è messo a disposizione. La gente scrive attonita, non ci sta – anche comprensibilmente – a tanta separazione. Si domanda come sia possibile rintracciarli, scrive sperando che leggano e che sappiano che gli aiuti arriveranno. Vorrebbero tutti un finale diverso.

Ciò nonostante la famiglia non esce fuori e forse è così difficile per noi pensare che non vogliano essere raggiunti. Forse, e dico forse, è ora di smetterla di volerla ritrovare a tutti i costi ed è ora di pensare che la maternità e la paternità vanno oltre la sfera biologica e che si può cercare in altri cuori l’amore per quel bimbo.

Ma soprattutto è ora di capire che gli aiuti dati a monte servono di più che gli aiuti promessi dopo, perché nel frattempo si è fatto i conti con quel senso di inadeguatezza, impotenza e frustrazione così difficile da scardinare. Tanto da rendere un riavvicinamento doloroso quanto un abbandono.

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