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Mes, perché tanta titubanza? A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca

di Raffaele Guarino

Quante volte abbiamo sentito parlare di questo fantomatico Mes? Per non parlare degli opinionisti politici e della politica stessa, chi si schiera per il no, chi per il sì all’utilizzo di quei fondi, ma abbiamo realmente capito che cos’è il Mes e il perché delle posizioni “sì Mes” “no Mes”? Proviamo a capirle insieme.

Intanto: che cos’è il Mes? Il Mes o “fondo salva stati” è un meccanismo istituito dall’Europa nel 2012 e prevede un fondo di 500 miliardi da destinare alle nazioni in serie difficoltà economiche, sotto forma di prestiti e acquisti da parte della Bce di titoli di stato. Fin qui tutto nella norma direte voi, un normalissimo prestito, con la componente positiva dell’acquisto di titoli. Allora perché fa cosi paura, tanto da creare fazioni Sì e No all’utilizzo di questo metodo di finanziamento?

Semplice, per le condizionalità di rientro del debito e gestione dello stesso, davvero severe e rigorose. Si concorda, tra lo Stato richiedente e l’Europa, la somma e il periodo di rientro del capitale erogato, con tasso fisso o variabile sempre da concordare con lo stato richiedente. Non solo, si concorda anche come verrà utilizzata la somma richiesta. Per farvi un esempio: domani voi andate in banca a chiedere un mutuo per la vostra casa e la banca per concedervelo, vuole decidere con voi quale casa comprerete, il mobilio ecc. Vi propone il tasso di interesse, fisso o variabile e a quel punto sta a voi firmare.

E se uno stato non riesce a rientrare del debito? Ecco, qui arriva il problema grosso. Ricordiamo tutti cosa successe alla Grecia giusto? Richiese l’utilizzo del Mes e non riuscì a rientrare del debito, l’Europa commissionò di fatto la Grecia stessa, imponendo regole all’economia stringenti (aumento età pensionabile, prelievo forzoso da conti correnti ed economia dettata punto su punto da Bruxelles) tali da fare collassare economicamente lo stato intero. Insomma, una rigorosissima politica di rientro del debito che, in caso di insolvenza, consegna economicamente lo stato nelle mani dell’Europa che puo decidere riforme economiche “ad hoc”.

Per consentire il rientro del capitale, nella totale noncuranza dei bisogni economici dei cittadini: politica finanziaria, numeri, punto. Ecco, questo è il Mes nella sua forma normale. Ma il Mes proposto per far fronte alla crisi post Coronavirus è il medesimo? Le condizioni sono le stesse?

Ecco, questo punto è alquanto vago e privo di conferme scritte ufficiali. Il 9 maggio di quest’anno, per dare una risposta rassicurante alle nazioni restie a richiedere l’utilizzo del Mes proprio per il timore delle rigorose condizionalità sopra descritte, Paolo Gentiloni (commissario europeo all’economia) e Valdis Dombrovskis (Commissario europeo per la stabilità finanziaria, i servizi finanziari e il mercato unico dei capitali) siglano in calce una lettera dove spiegano che l’unico vincolo per gli Stati che utilizzeranno il Sostegno alla crisi pandemica del Meccanismo europeo di stabilità, il Mes, sarà quello di usare i soldi per l’emergenza sanitaria. Nessun’altra condizionalità, nessuna Troika in arrivo. Quindi una lettera di 3 pagine e 8 punti dove i due Commissari si impegnano, mettendoci appunto faccia e firma a non utilizzare le tanto temute rigorose condizionalità di rientro.

Allora perché tanta paura ad utilizzare quel fondo? Se due nomi di tale spicco hanno garantito su “nessun rigore”? Beh in primis, nessuno stato europeo ha ancora richiesto il fondo, perché richiederlo darebbe un segnale molto negativo ai mercati e sarebbe come dichiararsi in bancarotta e bisognosi di aiuto: di certo la cosa non attrarrebbe investimenti.

Come ultima cosa, benché ci sia una lettera con una promessa scritta da Gentiloni e Dombrovskis, i trattati non sono cambiati e di fatto le norme rigorose rimangono le medesime, quelle sì, nero su bianco. Quindi ci crediamo alla “promessa” scritta? A pensare male si fa peccato, ma a volte ci si azzecca!

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