Un uomo a terra scalzo, il sangue che gli cola dal naso e che macchia quello che sembra il pavimento di un cortile. È racchiusa in questa immagine che sembra giungere da lontano, da carceri irachene in piena guerra, l’accusa di tortura contestata a un gruppo di carabinieri a cui la procura di Piacenza contesta una lunghissima serie di reati – dalla ricettazione al falso, dal traffico e spaccio di droga al peculato e poi lesioni, violenza privata, perquisizioni e ispezioni personali, arresto illegali, estorsione. E per la prima volta in Italia una caserma dell’Arma è stata sequestrata e tutti i militari in servizio, eccetto uno, risultano indagati. In totale sono 22 le misure emesse dal giudice per le indagini preliminari di Piacenza, Luca Milani: 12 indagati – tra cui cinque carabinieri – sono finiti in carcere, per cinque persone – tra cui il maresciallo comandante della stazione di Piacenza Levante – il giudice ha disposto gli arresti domiciliari, altri quattro – 3 carabinieri e un finanziere – hanno l’obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria. Per un altro militare è stato deciso l’obbligo di dimora e un cittadino italiano è stato denunciato. A chiusura dell’ordinanza il giudice che parla di “risposta dello Stato” a quelli che la procura definisce una serie di reati “impressionanti” dedica il lavoro che definisce “atto di giustizia” a chi 28 anni fa, in via D’Amelio a Palermo, perse la vita nell’attentato in cui persero la vita Paolo Borsellino e gli uomini della scorta: Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi e Claudio Traina “servitori dello Stato di tutt’altro spessore rispetto agli odierni indagati” morti “compiendo il loro dovere”.
L’intercettazione: “Ho fatto un’associazione a delinquere” – E basta anche una sola delle intercettazioni degli indagati per capire come fossero lontani da quel modello: “Ho fatto un’associazione a delinquere ragazzi (…) in poche parole abbiamo fatto una piramide (…) noi siamo irraggiungibili. Abbiamo trovato un’altra persona – prosegue l’intercettazione – che sta sotto di noi. Questa persona qua va tutti da questi gli spacciatori e gli dice: ‘Guarda, da oggi in poi, se vuoi vendere la roba vendi questa qua, altrimenti non lavori!’ e la roba gliela diamo noi!”. La caserma, atto mai disposto prima, è stata sequestrata. L’immobile di via Caccialupo, a pochi passi dal Duomo, è stato “sottoposto a sequestro penale” perché è lì che venivano portate le persone, secondo gli inquirenti, arrestate illegalmente. E dove si sono compiute, per l’accusa, torture, lesioni, estorsioni e spaccio di droga. L’operazione, soprannominata “Odysseus” è stata condotta dalla Guardia di finanza, in collaborazione con la polizia locale, ed è partita nel 2017. L’inchiesta è coordinata dal neo procuratore della Repubblica Grazia Pradella ed è durata sei mesi, durante i quali è stato utilizzato anche il trojan informatico per captare spostamenti e discussioni delle persone coinvolte. Un cittadino sarebbe stato accusato ingiustamente di spaccio di stupefacenti attraverso prove false. Tutto è partito dalla segnalazione di un alto ufficiale dei carabinieri – non in servizio a Piacenza – che ha denunciato i fatti ai magistrati. Una segnalazione arrivata dopo una convocazione da parte degli uomini della polizia locale che lo avevano citato come teste in un caso di maltrattamenti e hanno raccolto le sue dichiarazioni spontanee.
La droga recuperata in divisa – Tra i vari episodi legati allo spaccio che vengono contestati all’appuntato dei carabinieri in servizio alla stazione di Piacenza Levante, ora in carcere, c’è anche il fatto di essere andato insieme a un collega a recuperare un “quantitativo non accertato di marijuana” durante l’orario lavorativo, in divisa e a bordo di un’auto dei carabinieri con i colori d’istituto, lo scorso 4 marzo. La droga era stata portata nella caserma di via Caccialupo e lì consegnata a uno spacciatore della zona affinché la vendesse. I quantitativi di stupefacenti sequestrati venivano infatti presi dai carabinieri e dati in parte agli informatori per ricompensarli delle soffiate e in parte ai pusher con i quali poi dividere i guadagni. In diverse occasioni, inoltre, l’appuntato indagato trasportava la droga anche nella propria auto di proprietà: è capitato, per esempio, a metà marzo che il militare portasse hashish “nell’ordine di alcuni chilogrammi per volta” dal Milanese, dove la droga veniva acquistata da un altro degli indagati, fino a Piacenza, “sfruttando il suo ruolo di appartenente all’Arma che maggiormente garantiva da eventuali controlli”, come scrive il gip Luca Milani nell’ordinanza.
Il racconto dello spacciatore e informatore: “Festini con droga e prostitute”- Uno dei primi testimoni dell’indagine è stato uno spacciatore marocchino che era diventato informatore dei carabinieri. La testimonianza dell’uomo è stata raccolta dalla polizia locale e all’inizio gli stessi investigatori stentavano a credere a quel racconto. “I carabinieri tenevano altri comportamenti sopra le righe, come organizzare festini a base di stupefacente ai quali partecipavano diverse prostitute, tra le quali un transessuale che abitava a Piacenza(…) Uno di loro, poi, in più occasioni aveva sottratto parte del denaro sequestrato agli spacciatori che venivano arrestati nel corso di regolari operazioni di polizia”. Ma non solo esisteva in caserma, una sorta di nascondiglio della droga – chiamata la scatola della terapia – dove i complici potevano prendere la droga.
Il pusher che piange mentre viene picchiato – Nel corso della conferenza stampa è stato mostrato un video di un minuto in cui si sente in modo chiaro un cittadino a piede libero piangere per le percosse subite dai carabinieri. Uno degli arresti illegali risale al 27 marzo 2020: si tratta di un pusher percosso “in modo violento” nonostante avesse ancora “le manette alle mani”. C’è poi il caso di un altro spacciatore a cui viene consegnato un documento con timbro ufficiale per poter “uscire fuori Regione” durante l’emergenza coronavirus e recuperare la droga. “Piacenza stava ancora contando i suoi morti“, ha dichiarato Pradella, “e questo signore firma e controfirma un’autocertificazione per permettere allo spacciatore di muoversi verso la Lombardia”. Tutti gli illeciti più gravi “sono stati commessi nel lockdown”, aggiunge il procuratore, “con il più totale disprezzo dei decreti emanati dalla presidenza del consiglio. Solo un militare della caserma non è coinvolto. Faccio fatica a definire questi soggetti ‘carabinieri’ perché i comportamenti sono criminali. Non c’è nulla di lecito” nelle loro azioni. “Quello che la procura deve chiedersi e che deve chiedersi anche l’Arma è come sia stato possibile che un appuntato dei carabinieri con un atteggiamento in stile Gomorra abbia acquisito tutto questo potere”. In un’intercettazione, infatti, è lui stesso a citare la serie tv: “Guarda che è stato uguale, tu devi vedere gli schiaffoni che gli ha dato“. Per quanto riguarda il ruolo del comandante della compagnia, Pradella ha spiegato che a suo carico è stata accertata una “spinta” ad eseguire gli arresti illeciti “costi quel che costi”. Il comandante di stazione, invece, “era presente in caserma quando si sono verificati gli episodi di presunte torture e percosse” e avrebbe “partecipato ai falsi arresti”. Gli indagati sono accusati a vario titolo di peculato, abuso d’ufficio, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio, lesioni personali aggravate, arresto illegale, perquisizioni ed ispezioni personali arbitrarie, violenza privata aggravata, tortura, estorsione, truffa ai danni dello Stato, ricettazione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. Nel corso dell’operazione, scattata all’alba, sono stati sequestrati una villa con piscina, degli automezzi e numerosi conti correnti. “Le indagini patrimoniali hanno evidenziato un tenore di vita che mai avrebbe potuto essere appartenente all’Arma dei carabinieri” ha detto la pm Grazia Pradella nel corso della conferenza stampa.
La procuratrice Grazia Pradella: “Hanno disonorato la loro divisa” – “La figura di spicco come spacciatore era sicuramente un appuntato”, ha spiegato la pm. Per quanto riscontrato i comportamenti illeciti esistono a partire dal 2017, ha aggiunto. “Questi appartenenti all’Arma sono appartenenti figurativamente, hanno disonorato la divisa e hanno commesso atti al pari di criminali veri e propri e credo che questo non costituisca un fatto meritato dalla maggioranza dei carabinieri che svolgono con onestà e lealtà il loro lavoro tutti i giorni”. “Totale sostegno all’autorità giudiziaria”, è il commento del comando generale dell’Arma dei arabinieri alla vicenda. “I gravissimi episodi oggetto di indagine – dicono gli inquirenti – sono ulteriormente aggravati dall’incommensurabile discredito che gettano sull’impegno quotidianamente assicurato dai carabinieri al servizio dei cittadini e a tutela della legalità“. Per questo, è stata disposta “l’immediata sospensione dall’impiego” per i militari coinvolti nell’inchiesta e l’arrivo di “rigorosi provvedimenti disciplinari a loro carico”. “Accuse gravissime rispetto a degli episodi inauditi e inqualificabili. Fatti inaccettabili, che rischiano di infangare l’immagine dell’Arma, che invece è composta da 110.000 uomini e donne che ogni giorno lavorano con altissimo senso delle Istituzioni al fianco dei cittadini – afferma il ministro della Difesa Lorenzo Guerini -. Sono loro il volto della legalità, a ciascuno di loro oggi esprimo la più profonda riconoscenza e vicinanza. Da subito sia l’Arma dei Carabinieri che il Ministero della Difesa hanno dato la massima disponibilità a collaborare con la magistratura affinché si faccia completa luce sulla vicenda – aggiunge Guerini – Il Comandante Nistri mi ha confermato di aver immediatamente assunto tutti i provvedimenti possibili e consentiti dalla normativa vigente nei confronti del personale coinvolto“.
Solo uno dei carabinieri in servizio alla stazione di Piacenza Levante non risulta indagat. Ed è proprio il giovane maresciallo assegnato negli ultimi tempi alla caserma, oggi finita sotto sequestro, a sfogarsi con il padre sulle cattive condotte dei colleghi a cui lui non voleva adeguarsi. “Se lo possono permettere perché portano i risultati, portano un sacco di arresti l’anno – sbotta il carabiniere in un’intercettazione riportata nell’ordinanza di custodia cautelare -. Ma perché? Perché c’hanno i ganci”. Parole che, secondo quanto scrive nell’ordinanza il gip Luca Milani, mettono in luce “lo sfondo cupo e inquietante” della vicenda e cioè che “in presenza di risultati in termini di arresti eseguiti, gli ufficiali di grado superiore erano disposti a chiudere un occhio sulle intemperanze e sulle irregolarità compiute dai militari loro sottoposti”.
Giustizia & Impunità
“Torture, estorsione, spaccio e arresti illegali”. Carabinieri arrestati e caserma sequestrata a Piacenza: “Schiaffoni come in Gomorra”
Le indagini hanno svelato una serie di episodi avvenuti a partire dal 2017 ai danni di spacciatori, immigrati e cittadini innocenti. Tra i militari coinvolti ci sono il maresciallo luogotenente della stazione Levante, ai domiciliari, e un capitano colpito da obbligo di dimora. "Tutti gli illeciti più gravi sono stati commessi nel lockdown, con il più totale disprezzo dei decreti emanati dalla presidenza del consiglio", ha dichiarato la procuratrice Grazia Pradella
Un uomo a terra scalzo, il sangue che gli cola dal naso e che macchia quello che sembra il pavimento di un cortile. È racchiusa in questa immagine che sembra giungere da lontano, da carceri irachene in piena guerra, l’accusa di tortura contestata a un gruppo di carabinieri a cui la procura di Piacenza contesta una lunghissima serie di reati – dalla ricettazione al falso, dal traffico e spaccio di droga al peculato e poi lesioni, violenza privata, perquisizioni e ispezioni personali, arresto illegali, estorsione. E per la prima volta in Italia una caserma dell’Arma è stata sequestrata e tutti i militari in servizio, eccetto uno, risultano indagati. In totale sono 22 le misure emesse dal giudice per le indagini preliminari di Piacenza, Luca Milani: 12 indagati – tra cui cinque carabinieri – sono finiti in carcere, per cinque persone – tra cui il maresciallo comandante della stazione di Piacenza Levante – il giudice ha disposto gli arresti domiciliari, altri quattro – 3 carabinieri e un finanziere – hanno l’obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria. Per un altro militare è stato deciso l’obbligo di dimora e un cittadino italiano è stato denunciato. A chiusura dell’ordinanza il giudice che parla di “risposta dello Stato” a quelli che la procura definisce una serie di reati “impressionanti” dedica il lavoro che definisce “atto di giustizia” a chi 28 anni fa, in via D’Amelio a Palermo, perse la vita nell’attentato in cui persero la vita Paolo Borsellino e gli uomini della scorta: Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi e Claudio Traina “servitori dello Stato di tutt’altro spessore rispetto agli odierni indagati” morti “compiendo il loro dovere”.
L’intercettazione: “Ho fatto un’associazione a delinquere” – E basta anche una sola delle intercettazioni degli indagati per capire come fossero lontani da quel modello: “Ho fatto un’associazione a delinquere ragazzi (…) in poche parole abbiamo fatto una piramide (…) noi siamo irraggiungibili. Abbiamo trovato un’altra persona – prosegue l’intercettazione – che sta sotto di noi. Questa persona qua va tutti da questi gli spacciatori e gli dice: ‘Guarda, da oggi in poi, se vuoi vendere la roba vendi questa qua, altrimenti non lavori!’ e la roba gliela diamo noi!”. La caserma, atto mai disposto prima, è stata sequestrata. L’immobile di via Caccialupo, a pochi passi dal Duomo, è stato “sottoposto a sequestro penale” perché è lì che venivano portate le persone, secondo gli inquirenti, arrestate illegalmente. E dove si sono compiute, per l’accusa, torture, lesioni, estorsioni e spaccio di droga. L’operazione, soprannominata “Odysseus” è stata condotta dalla Guardia di finanza, in collaborazione con la polizia locale, ed è partita nel 2017. L’inchiesta è coordinata dal neo procuratore della Repubblica Grazia Pradella ed è durata sei mesi, durante i quali è stato utilizzato anche il trojan informatico per captare spostamenti e discussioni delle persone coinvolte. Un cittadino sarebbe stato accusato ingiustamente di spaccio di stupefacenti attraverso prove false. Tutto è partito dalla segnalazione di un alto ufficiale dei carabinieri – non in servizio a Piacenza – che ha denunciato i fatti ai magistrati. Una segnalazione arrivata dopo una convocazione da parte degli uomini della polizia locale che lo avevano citato come teste in un caso di maltrattamenti e hanno raccolto le sue dichiarazioni spontanee.
La droga recuperata in divisa – Tra i vari episodi legati allo spaccio che vengono contestati all’appuntato dei carabinieri in servizio alla stazione di Piacenza Levante, ora in carcere, c’è anche il fatto di essere andato insieme a un collega a recuperare un “quantitativo non accertato di marijuana” durante l’orario lavorativo, in divisa e a bordo di un’auto dei carabinieri con i colori d’istituto, lo scorso 4 marzo. La droga era stata portata nella caserma di via Caccialupo e lì consegnata a uno spacciatore della zona affinché la vendesse. I quantitativi di stupefacenti sequestrati venivano infatti presi dai carabinieri e dati in parte agli informatori per ricompensarli delle soffiate e in parte ai pusher con i quali poi dividere i guadagni. In diverse occasioni, inoltre, l’appuntato indagato trasportava la droga anche nella propria auto di proprietà: è capitato, per esempio, a metà marzo che il militare portasse hashish “nell’ordine di alcuni chilogrammi per volta” dal Milanese, dove la droga veniva acquistata da un altro degli indagati, fino a Piacenza, “sfruttando il suo ruolo di appartenente all’Arma che maggiormente garantiva da eventuali controlli”, come scrive il gip Luca Milani nell’ordinanza.
Il racconto dello spacciatore e informatore: “Festini con droga e prostitute”- Uno dei primi testimoni dell’indagine è stato uno spacciatore marocchino che era diventato informatore dei carabinieri. La testimonianza dell’uomo è stata raccolta dalla polizia locale e all’inizio gli stessi investigatori stentavano a credere a quel racconto. “I carabinieri tenevano altri comportamenti sopra le righe, come organizzare festini a base di stupefacente ai quali partecipavano diverse prostitute, tra le quali un transessuale che abitava a Piacenza(…) Uno di loro, poi, in più occasioni aveva sottratto parte del denaro sequestrato agli spacciatori che venivano arrestati nel corso di regolari operazioni di polizia”. Ma non solo esisteva in caserma, una sorta di nascondiglio della droga – chiamata la scatola della terapia – dove i complici potevano prendere la droga.
Il pusher che piange mentre viene picchiato – Nel corso della conferenza stampa è stato mostrato un video di un minuto in cui si sente in modo chiaro un cittadino a piede libero piangere per le percosse subite dai carabinieri. Uno degli arresti illegali risale al 27 marzo 2020: si tratta di un pusher percosso “in modo violento” nonostante avesse ancora “le manette alle mani”. C’è poi il caso di un altro spacciatore a cui viene consegnato un documento con timbro ufficiale per poter “uscire fuori Regione” durante l’emergenza coronavirus e recuperare la droga. “Piacenza stava ancora contando i suoi morti“, ha dichiarato Pradella, “e questo signore firma e controfirma un’autocertificazione per permettere allo spacciatore di muoversi verso la Lombardia”. Tutti gli illeciti più gravi “sono stati commessi nel lockdown”, aggiunge il procuratore, “con il più totale disprezzo dei decreti emanati dalla presidenza del consiglio. Solo un militare della caserma non è coinvolto. Faccio fatica a definire questi soggetti ‘carabinieri’ perché i comportamenti sono criminali. Non c’è nulla di lecito” nelle loro azioni. “Quello che la procura deve chiedersi e che deve chiedersi anche l’Arma è come sia stato possibile che un appuntato dei carabinieri con un atteggiamento in stile Gomorra abbia acquisito tutto questo potere”. In un’intercettazione, infatti, è lui stesso a citare la serie tv: “Guarda che è stato uguale, tu devi vedere gli schiaffoni che gli ha dato“. Per quanto riguarda il ruolo del comandante della compagnia, Pradella ha spiegato che a suo carico è stata accertata una “spinta” ad eseguire gli arresti illeciti “costi quel che costi”. Il comandante di stazione, invece, “era presente in caserma quando si sono verificati gli episodi di presunte torture e percosse” e avrebbe “partecipato ai falsi arresti”. Gli indagati sono accusati a vario titolo di peculato, abuso d’ufficio, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio, lesioni personali aggravate, arresto illegale, perquisizioni ed ispezioni personali arbitrarie, violenza privata aggravata, tortura, estorsione, truffa ai danni dello Stato, ricettazione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. Nel corso dell’operazione, scattata all’alba, sono stati sequestrati una villa con piscina, degli automezzi e numerosi conti correnti. “Le indagini patrimoniali hanno evidenziato un tenore di vita che mai avrebbe potuto essere appartenente all’Arma dei carabinieri” ha detto la pm Grazia Pradella nel corso della conferenza stampa.
La procuratrice Grazia Pradella: “Hanno disonorato la loro divisa” – “La figura di spicco come spacciatore era sicuramente un appuntato”, ha spiegato la pm. Per quanto riscontrato i comportamenti illeciti esistono a partire dal 2017, ha aggiunto. “Questi appartenenti all’Arma sono appartenenti figurativamente, hanno disonorato la divisa e hanno commesso atti al pari di criminali veri e propri e credo che questo non costituisca un fatto meritato dalla maggioranza dei carabinieri che svolgono con onestà e lealtà il loro lavoro tutti i giorni”. “Totale sostegno all’autorità giudiziaria”, è il commento del comando generale dell’Arma dei arabinieri alla vicenda. “I gravissimi episodi oggetto di indagine – dicono gli inquirenti – sono ulteriormente aggravati dall’incommensurabile discredito che gettano sull’impegno quotidianamente assicurato dai carabinieri al servizio dei cittadini e a tutela della legalità“. Per questo, è stata disposta “l’immediata sospensione dall’impiego” per i militari coinvolti nell’inchiesta e l’arrivo di “rigorosi provvedimenti disciplinari a loro carico”. “Accuse gravissime rispetto a degli episodi inauditi e inqualificabili. Fatti inaccettabili, che rischiano di infangare l’immagine dell’Arma, che invece è composta da 110.000 uomini e donne che ogni giorno lavorano con altissimo senso delle Istituzioni al fianco dei cittadini – afferma il ministro della Difesa Lorenzo Guerini -. Sono loro il volto della legalità, a ciascuno di loro oggi esprimo la più profonda riconoscenza e vicinanza. Da subito sia l’Arma dei Carabinieri che il Ministero della Difesa hanno dato la massima disponibilità a collaborare con la magistratura affinché si faccia completa luce sulla vicenda – aggiunge Guerini – Il Comandante Nistri mi ha confermato di aver immediatamente assunto tutti i provvedimenti possibili e consentiti dalla normativa vigente nei confronti del personale coinvolto“.
Solo uno dei carabinieri in servizio alla stazione di Piacenza Levante non risulta indagat. Ed è proprio il giovane maresciallo assegnato negli ultimi tempi alla caserma, oggi finita sotto sequestro, a sfogarsi con il padre sulle cattive condotte dei colleghi a cui lui non voleva adeguarsi. “Se lo possono permettere perché portano i risultati, portano un sacco di arresti l’anno – sbotta il carabiniere in un’intercettazione riportata nell’ordinanza di custodia cautelare -. Ma perché? Perché c’hanno i ganci”. Parole che, secondo quanto scrive nell’ordinanza il gip Luca Milani, mettono in luce “lo sfondo cupo e inquietante” della vicenda e cioè che “in presenza di risultati in termini di arresti eseguiti, gli ufficiali di grado superiore erano disposti a chiudere un occhio sulle intemperanze e sulle irregolarità compiute dai militari loro sottoposti”.
Articolo Precedente
Roma, confiscato il Salaria Sport Village di Diego Anemone: da luogo simbolo della cricca a futura casa della nazionali di calcio
Articolo Successivo
Secessionisti veneti, 7 condannati e 8 assolti per la costruzione di un Tanko: stavano fabbricando due cannoncini pronti a sparare
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Mondo
Trump, il giorno dell’insediamento: la diretta – “Fermerò le guerre”. Meloni unica leader Ue a Washington. Il programma e gli invitati
Economia & Lobby
“Così clientele, monopoli e eredità arricchiscono un’oligarchia di miliardari”. In Italia chi è in cima ha sempre di più, la metà che ha meno perde terreno
Cronaca
Diocesi di Bolzano, in 60 anni 67 casi di abusi. E un prete celebrò il funerale della sua vittima suicida
Civitavecchia, 20 gen. - (Adnkronos) - Procedono spediti i lavori di realizzazione del prolungamento dell'antemurale Cristoforo Colombo che vedrà la diga foranea del Porto di Civitavecchia estendersi per ulteriori 400 metri in direzione nord ovest.
Sono in corso i lavori di realizzazione dello scanno di imbasamento (dove poggeranno i cassoni in calcestruzzo) con lo sversamento in mare del nucleo della scogliera costituita da massi di pezzatura ricompresa tra i 5 e i 1000 Kg. A breve verrà avviata la prefabbricazione dei cassoni in cls costituenti il corpo centrale della diga foranea di dimensioni 40x28x25 m.
"Tengo a sottolineare - dichiara il presidente dell'AdSP Pino Musolino - che stiamo rispettando tutti i tempi programmati per realizzare opere che doteranno il porto di Civitavecchia di infrastrutture adeguate e compatibili per il rilancio del settore portuale, con un occhio sempre attento alla transizione ecologica, alla sostenibilità e all'impatto ambientale".
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "Qual è il suo sogno quando era piccolo?". "Questa è una domanda interessante, perché i sogni cambiano nel corso della vita, con l'età. Quando ero piccolo mi sarebbe piaciuto fare il medico, poi ho cambiato idea. Quando si è a scuola, crescendo, si studia un po' tutto. C'è un momento in cui bisogna scegliere cosa fare. Alla fine ho scelto il diritto, la legge". Così il Capo dello Stato Sergio Mattarella rispondendo ai bambini della scuola de Amicis di Palermo. "Non ho mai sognato di fare il calciatore perché non ero per niente bravo", ha aggiunto sorridendo.
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "C'è molto di buono in questo paese, e questo mi conforta sempre". Così il Presidente della repubblica Sergio Mattarella ai bambini della scuola de Amicis di Palermo. "La fatica viene cancellate dal vedere cose buone che si vedono in Italia", ha detto.
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "Le piacerebbe fare un altro lavoro?". Questa è stata a prima domanda rivolta dagli alunni della scuola de Amicis di Palermo al Capo dello Stato Sergio Mattarella, in visita a sorpresa questa mattina nel plesso. "Io sono vecchio - ha risposto - il mio lavoro non è quello che faccio adesso, il mio lavoro abituale era quello di insegnare Diritto costituzionale all'Università, ma ormai non lo faccio più da tempo. Questo impegno che svolgo ora non è un lavoro, è un impegno per la nostra comunità nazionale. E' faticoso, però è interessante perché consente di stare in contatto con la nostra società, con tutti i cittadini di ogni origine, ed è una cosa di estremo interesse".
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "La musica, così come le iniziative sui libri, la cultura, sono il veicolo della vita, della convivenza, dell'apertura, della crescita personale e collettiva. E' quello che state facendo in questa scuola. Per me è davvero un motivo di soddisfazione essere qui e farvi i complimenti". Così il Capo dello Stato Sergio Mattarella incontrando i bambini della scuola De Amicis. Nel novembre scorso i bimbi della quinta C furono insultati mentre si esibivano davanti alla Feltrinelli, vestiti con abiti tradizionali africani. "Io ogni anno vado in una scuola per l'apertura dell'anno scolastico, ma non è frequente che vada in altre occasioni. Sono lietissimo di essere qui questa mattina- dice Mattarella- E ringraziarvi per quello che fate. Ringrazio i vostri insegnanti per quello che vi trasmettono e per come vi guidano nell'accrescimento culturale".
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "Voi siete una scuola che con la cultura, la musica, la lettura, e altre iniziative di crescita culturale, esprime i valori veri della convivenza nel nostro paese e nel mondo, che sempre è più unito, connesso, sempre più senza confini. Ed è una ricchezza crescere insieme, scambiarsi opinioni e abitudini, idee, ascoltare gli altri. fa crescere e voi lo state facendo, per questo complimenti". Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella si è rivolto ai bambini della scuola De Amicis di Palermo. Nel novembre scorso i bimbi della quinta c, molti dei quali di origini africane, furono insultati per strada mentre si esibivano in uno spettacolo vestiti con abiti tradizionali. "Cercate di trovare la vostra strada secondo le vostre inclinazioni, auguri a tutti voi e complimenti", ha aggiunto. "Sono lietissimo di incontrarvi in questo auditorium che ci accoglie, ragazzi. Ringrazio la dirigente scolastica e i collaboratori, gli insegnanti e li ringrazio per quanto fanno. Voglio fare i complimenti a voi, siete bravissimi. Avete eseguito magistralmente questi due pezzi", ha detto ancora il Capo dello Stato parlando ai ragazzi che si sono esibiti in un breve concerto. "Non è facile con tanti strumenti ad arco, a fiato, a percussione. Complimenti ai vostri insegnanti e a voi".
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - “Vivere insieme, dialogare fa crescere. Rivolgo un sentito grazie ai vostri insegnanti. Insegnare è un’impresa difficile ma esaltante”. Lo ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, rivolgendosi agli alunni della scuola De Amicis-Da Vinci di Palermo dove si è recato a sorpresa questa mattina. I bambini, lo scorso novembre, furono insultati con epiteti razzisti davanti alla Feltrinelli di Palermo, dove si erano esibiti in uno spettacolo tradizionale. Molti dei bimbi della 5 c, visitata oggi da Mattarella, sono di origini africane. Oggi, tutt’altro che imbarazzati dalla presenza dell’ospite illustre, perché la visita è stata tenuta segreta dalla dirigente scolastica Giovanna Genco, i bambini hanno rivolto al Presidente alcune domande, consegnandogli dei doni. Sulla lavagna di classe spiccava un grande tricolore.
I bambini hanno poi scortato il presidente nell’aula magna dove l’orchestra dei ragazzi delle classi della secondaria ha suonato due brani di Giuseppe Verdi, il coro delle Zingarelle dalla Traviata e il 'Va, pensiero' dal Nabucco.