Il Milan continua con Pioli: sì, perché dopo la vittoria a Reggio Emilia col Sassuolo, la quattordicesima su 28 partite con il tecnico emiliano in panchina, la società attraverso l’ amministratore delegato Gazidis ha annunciato il rinnovo fino al 2022. Niente Rangnick dunque: il tecnico del Lipsia è stato a lungo inseguito dal club rossonero, visto come l’uomo giusto per (l’ennesima) ripartenza in grande, ma non se n’è fatto nulla. Anche il tedesco aveva accarezzato l’idea di guidare il Milan, ma si era spinto un po’ oltre chiedendo “pieni poteri”, forse un po’ troppo oltre parlando già da manager in pectore, aspetto che aveva infastidito i vertici rossoneri, Maldini in primis.

E mentre a maggio Rangnick discuteva di quanta influenza servisse per far tornare il Milan ai fasti di un tempo, l’usato sicuro Pioli alla ripresa ha iniziato a macinare risultati su risultati: il 4 a 1 a Lecce, il 2 a 0 alla Roma diretta concorrente per l’Europa, il 3 a 0 all’Olimpico contro la Lazio, il 4 a 2 alla Juve e il pareggio col Napoli, fino alle ultime 3 vittorie consecutive. 23 punti in 9 partite: una marcia quasi da scudetto con molti calciatori recuperati, da Bennacer a Rebic fino a Kessie e vari giovani valorizzati, su tutti Saelemaekers.

Insomma: arrivato come traghettatore, usato sicuro per portare a termine l’ennesima stagione di transizione preludio dell’altrettanto ennesima rivoluzione estiva, il tecnico ed ex difensore, al solito senza troppi fronzoli e proclami ha mostrato coi fatti che la tentazione esotica poteva rimanere solo una tentazione. E infatti Gazidis e Maldini l’hanno spiegato: “Pioli è l’uomo giusto, a prescindere dalle vittorie ha saputo creare unione e valorizzare diversi elementi della rosa. Perfetto per guidare una squadra di successo, giovane e affamata di vittorie”.

Avanti con Pioli dunque: meglio la concretezza della “normalità” che inseguire il sogno di trovare il nuovo Klopp. Certo, c’è l’altro lato della medaglia: ora le cose vanno bene, e Pioli la riconferma se l’è guadagnata sul campo, ma nel Milan o nei grandi club (e lui lo sa, avendo già guidato l’Inter) c’è sempre la tendenza a considerare chi arriva come lui, a campionato in corso, un’eterna soluzione tampone, diventando capro espiatorio per eccellenza appena le cose vanno male. Da “subentrato” a “subentrato a morte” il passo, specie nei grandi club, è spesso molto, molto breve.

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