Le spiagge pubbliche attrezzate per il Covid? Il governo siciliano stanzia 2,5 milioni di euro. Ma lo fa il 21 luglio, un mese dopo l’inizio dell’estate e praticamente a metà stagione. Mentre, sempre a fine luglio, non ha ancora risolto l’impasse burocratico per scongiurare la chiusura di musei e siti archeologici nei giorni festivi. Come ogni estate in Sicilia la burocrazia ingolfa i ritmi della stagione turistica che, a detta di qualsiasi governante, dovrebbe essere la vera miniera d’oro dell’isola.
La stagione post lockdown non fa eccezione. Anche questa volta la gestione dei due pilastri fondamentali dell’attrazione turistica – musei e spiagge – lascia parecchio a desiderare. L’apertura durante i festivi dei Beni culturali della Sicilia è, infatti, di nuovo a rischio: i dipendenti regionali hanno quasi terminato il limite di domeniche lavorative previste dal contratto.
Quasi un refrain annuale, in realtà, dovuto – manco a dirlo – a un cavillo contrattuale, che riporta la questione in auge ogni dodici mesi. Se non fosse che stavolta ad infiammare la querelle è intervenuta una dichiarazione al vetriolo del presidente della Regione nei confronti dei dipendenti pubblici. “L’80 percento di loro si gratta la pancia”, ha detto il governatore durante un incontro sull’Energia, lo scorso sabato a Catania. Dichiarazione che ha scatenato le reazioni dei sindacati proprio in un momento di trattativa per risolvere la questione dei festivi e permettere l’apertura dei beni culturali dell’Isola da agosto. Nel pomeriggio di ieri era infatti prevista la riunione tra le parti per risolvere il nodo sulle aperture domenicali. Una trattativa di certo complicata dalle parole del presidente, con i sindagati “sbigottiti, per un attacco generico e sconsiderato”: “A quella sentenza Musumeci non ha affiancato riferimenti o riscontri concreti e neppure l’impegno formale a realizzare finalmente la riforma della pubblica amministrazione, quella sì necessaria e urgente per semplificare norme, snellire procedure, garantire efficienza organizzativa alla macchina della burocrazia”, fanno sapere le sigle sindacali.
Le parole del governatore hanno messo in imbarazzo anche alla sua assessora alla Funzione pubblica, Bernadette Grasso, costretta a specificare: “Non c’era un concorso pubblico dal ’92, adesso abbiamo sbloccato con difficoltà un meccanismo fermo da anni e non è stato di certo facile”. Ma non solo: “I dipendenti regionali sono 1200 – ha sottolineato Grasso – e ne mancano almeno 600/700 all’appello. Abbiamo bisogno di nuovo personale e di nuove competenze”. Nel 2015 erano, d’altronde, oltre 1700, e l’assessora rivendica: “Abbiamo uno Statuto speciale, che vuol dire che i nostri assessorati sono come dei ministeri: se altrove i Musei sono pagati dallo Stato, qui la responsabilità economica è della Regione. Bisogna sapere bene come stanno le cose, prima di giudicare”. Intanto, al governatore rispondono anche dal Sadirs, il sindacato autonomo dei dipendenti della Regione siciliana, puntando il dito contro il mancato pagamento dei festivi extra dell’anno scorso per i dipendenti dei musei e dei siti archeologici, in tutto 700: “Sono ancora fermi i pagamenti delle indennità delle 2019, per lavoro cioè già svolto – sottolinea Pippo Di Paola del Sadirs – : non si può chiedere ai lavoratori uno sforzo senza alcuna retribuzione”.
Così, tra una dichiarazione e una sottolineatura, la questione resta: dopo il Covid, potrà il turismo siciliano godere di una fruizione completa dei suoi Beni culturali? La risposta è incastrata in un cavillo: nel 2019 è stata fatta una deroga al contratto che ha permesso ai dipendenti di lavorare oltre il limite delle 17 domeniche annuali. Solo che i festivi “extra” del 2019 non sono stati ancora pagati, per questo i sindacati – anche irrigiditi dalle esternazioni del governatore – chiedono garanzie sul pagamento degli arretrati. Pagamento bloccato a causa di quello che sembra essere un vero e proprio pasticcio burocratico: secondo la Funzione pubblica, supportata dall’Aran (l’Agenzia regionale per la contrattazione nel pubblico impiego), la deroga avrebbe dato luogo a un duplicato contrattuale illegittimo. Cavilli su cavilli che però si traducono in mancati pagamenti per i regionali: “Per lavoro già svolto”, rivendica Di Paola. Che però aggiunge: “Nessuno vuol fare restare chiusi i musei siciliani nel periodo estivo. Da parte del personale sempre stata voglia di portar avanti la regione e i posti di lavoro in cui opera”. “Il diritto alla retribuzione del lavoro non può essere secondario ma non intendiamo interrompere la contrattazione”, dice pure Franco Campagna, della Funzione pubblica della Cgil.
E mentre i musei siciliani rischiano di dover chiudere le domeniche d’estate, il governo annuncia lo stanziamento di due milioni e mezzo per “attrezzare le spiagge libere di 126 Comuni siciliani con misure per favorire il distanziamento interpersonale e scongiurare il contagio fra i bagnanti”. Soldi che serviranno, oltre a rifornire di mascherine i bagnini, anche per i kit di sanificazione, una cartellonistica informativa con tutte le norme anti contagio, e pure i segnaposto per aiutare a rispettare la distanza tra gli ombrelloni. Tra burocrazia e tempi tecnici il rischio è che tutto ciò arrivi nelle spiagge a settembre.