Correva l’anno 1637, e l’opera lirica, nata appena qualche decennio prima sulla scorta di una necessaria riforma del madrigale cinquecentesco, stava per uscire dai teatri di corte, gli esclusivissimi palcoscenici aperti al solo pubblico nobiliare, per entrare nel primo teatro a pagamento del mondo, il San Cassiano di Venezia. Era l’alba del teatro impresariale, primo esempio di imprenditoria dello spettacolo a cui il San Cassiano aprì i battenti facendo da modello alle centinaia di teatri d’opera che di lì a poco sarebbero sorti su tutto il territorio peninsulare: la sola Venezia entro la fine del XVII secolo ne contava ben 16. Fatto chiudere nel 1807 e poi distruggere nel 1812 per via di due ordinanze napoleoniche, il San Cassiano potrebbe oggi risorgere grazie al visionario progetto di un gruppo di privati investitori che, capeggiati dall’imprenditore/musicologo londinese Paul Atkin, intendono ricostruirlo esattamente com’era.
Impossibile invece riedificarlo dov’era, dato che al posto dello storico edificio in pietra si trova oggi un giardino di proprietà privata attualmente non in vendita. Nel frattempo però il Teatro San Cassiano Group, l’organizzazione che sovrintende l’intero progetto e che vanta già un nutrito numero di partner tra cui l’Istituto Italiano Antonio Vivaldi, la Venice Baroque Orchestra, e l’Academy of Ancient Music, ha individuato l’architetto principale che guiderà i lavori di riedificazione, l’esperto di ricostruzioni filologiche (tra cui quella dello Shakespeare’s Globe di Londra) Jon Greenfield. Già, perché gli ostacoli, nelle ricostruzioni che si basano su ricerche accademiche e che puntano a essere il più possibile fedeli agli originali, non sono pochi: motivo più che valido per coinvolgere nel progetto un vero e proprio team di super esperti, tra cui anche gli italiani Eugenio Tranquilli (già coordinatore di importanti progetti lagunari), Giovanni Rubin de Cervin Albrizzi (esperto nel restauro di palazzi storici veneziani) e Roberta Pellegriti (massima esperta degli archivi storici veneziani). Obiettivo: raccogliere 100 milioni.
Questa la cifra da raggiungere, senza chiedere un centesimo al comune di Venezia o ad altre pubbliche amministrazioni, per restituire al capoluogo veneto e all’Italia intera un teatro d’opera barocca perfettamente funzionante: “Mentre la domanda di opere barocche continua a crescere – leggiamo sul sito web del San Cassiano Group -, a Venezia e in Italia non è sopravvissuto nessun teatro barocco commercialmente attivo e pienamente funzionante”. Perciò l’organizzazione punta a far si che il “San Cassiano diventi il centro mondiale preminente per la ricerca, la sperimentazione esplorativa e la messa in scena di esecuzioni storicamente consapevoli”: Andromeda, titolo dell’opera di Francesco Mannelli con cui il San Cassiano aprì i battenti nel mese di febbraio del 1637, è oggi il nome dell’esclusivissimo club accedendo al quale ci si assicura, con denominazione annessa, uno dei 99 posti in platea del futuro San Cassiano: un modo per scolpire il proprio nome nella secolare storia melodrammatica.