Minacce continue dai detenuti in regime di carcere duro, e quindi soprattutto boss mafiosi stragisti, indirizzate a Nino Di Matteo e Nicola Gratteri. Il primo è stato per anni sostituto procuratore a Palermo e oggi è componente del Csm, il secondo fa il procuratore capo di Catanzaro. A raccontare come i due magistrati siano bersagli fissi delle offese dei detenuti è stato il direttore del Gom, il gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria, audito dalla commissione Antimafia: “È regolare che un detenuto al 41bis offenda Di Matteo o Gratteri: parliamo di persone al 41bis, non di un collegio svizzero”, ha detto il generale di brigata Mauro D’Amico. “Il punto importante è che quando il Gom invia queste informazioni – ha aggiunto – qualcuno le prenda in considerazione: ci sono spesso affermazioni forti, andrebbero vagliate dalla magistratura competente”, ha continuato il capo del Gruppo operativo mobile.
D’Amico è stato audito dalla commissione di Nicola Morra che sta portando avanti un’indagine sulle scarcerazioni avvenute durante l’emergenza coronavirus. “Sulle scarcerazioni del 41 bis ci siamo allarmati, abbiamo fatto l’elenco di tutti i ristretti che avevano patologie o età elevata, abbiamo avuto solo 3 detenuti usciti a causa del Covid:Bonura, Iannazzo e Zagaria“, ha detto il capo del Gom a proposito dell’ormai nota circolare del Dipartimento amministrazione penitenziaria. “In quel periodo ne sono usciti altri due: Di Piazza, che è uscito per l’amputazione di una gamba già a marzo ed è rientrato” ed un altro detenuto uscito per un errore del calcolo del cumulo da parte delle procure distrettuali. “Stiamo seguendo altri 3-4 detenuti – ha detto il generale – grazie all’intervento del dottor Tartaglia, si rischiava che anche di loro venisse accolta la richiesta di detenzione domiciliare”. Secondo D’Amico, “dobbiamo attrezzarci per creare un settore dove un detenuto anziano viva in regime di 41 bis in maniera dignitosa”.
Il generale ha anche denunciato i problemi della gestione carceraria, facendo anche alcuni esempi: “Sono stati acquistati i sistemi di rilevamento dei telefonini ma sono già vecchi, siamo al 5G. Queste sono responsabilità ma chi se le prende? La polizia penitenziaria non ha un vertice, non ha una struttura propria organizzativa i nuovi dirigenti andrebbero valorizzati, bisogna costruire settori di specializzazione ma questo non accade”. E ancora: “Il problema del personale è serio e va di pari passo con quello organizzativo avrebbe bisogno di una formazione profonda, tre mesi non bastano. La struttura degli ispettori andrebbe rafforzata, questo va fatto urgentemente. L’aspetto specialistico va ridato alla polizia penitenziaria, in questi anni c’è stata una mortificazione del ruolo; il ruolo del poliziotto penitenziario è nelle sezioni. Una volta si parlava di mestiere, l’approccio con le situazioni critiche era importante. In Calabria un ispettore strutturato mi ha detto: ‘Generale, ci insegnano a come risolvere le criticità ma non ci insegnano come non arrivarci”.
Dopo l’audizione di D’Amico, il presidente Morra ha voluto diffondere un comunicato per commentare le parole del generale: “L’audizione di oggi pone un fondamentale accento sul 41bis che deve essere tutelato e non smontato un pezzo alla volta, essendo un regime carcerario complesso e delicato sul fronte della lotta alle mafie. Il personale va tutelato e formato perché devono poter leggere le intenzioni e impedire che ci sia qualsivoglia comunicazione con l’esterno”.