Nato a Zara nel 1937, prima della sua storia in granata era stato calciatore e allenatore nelle serie minori. Successivamente ebbe incarichi importanti in Federazione negli anni Novanta, lavorò per la Lazio, il Paok Salonicco e infine ad Alessandria e Novara. Ma sarà ricordato soprattutto per quanto fatto dal 1977 al 1991 al Torino in qualità di allenatore, responsabile del settore giovanile e impareggiabile talent scout. Fu il primo a visionare Platini: "Può giocare in qualsiasi squadra al mondo”
Il Torino ha ancora lo scudetto sulla maglia, quando propongono a Sergio Vatta di allenare la Berretti granata. Il Toro negli ultimi anni aveva prodotto calciatori di valore come Giorgio Ferrini e Renato Zaccarelli, ma fu con l’arrivo di Vatta che il settore giovanile raggiunse livelli assoluti. La Primavera, per un decennio almeno, sarà considerata una delle più forti d’Europa, consegnando decine di giovani calciatori alla prima squadra. Tra gli altri hanno fatto questo percorso Dino Baggio, Venturin, Sclosa, Lentini, Bobo Vieri, Benedetti, Mandorlini, Fuser, Francini e Cravero. Vatta, nato a Zara nel 1937, è scomparso la notte scorsa a 82 anni. Prima della sua storia in granata era stato calciatore e allenatore nelle serie minori. Successivamente ebbe incarichi importanti in Federazione negli anni Novanta, lavorò per la Lazio, il Paok Salonicco e infine ad Alessandria e Novara. Ma sarà ricordato soprattutto per quanto fatto dal 1977 al 1991 al Torino in qualità di allenatore, responsabile del settore giovanile e scopritore di talenti.
Roberto Cravero, poi diventato il capitano in Serie A, lo ricorda così al fattoquotidiano.it: “Era sempre avanti, nel 1981 faceva già schemi su punizione e calcio d’angolo. Fu un maestro di tecnica, straordinario nel costruire un giocatore. In quel periodo i rapporti tra calciatore e allenatore erano chiari, c’era una certa distanza soprattutto nel settore giovanile. Ma a livello calcistico per me è stato fondamentale. Ha reso il vivaio del Torino tra i migliori d’Europa, riusciva sempre a portare alcuni dei suoi in prima squadra e a volte anche in Nazionale. Non ha mai avuto ambizioni per il calcio pro, pensava che il suo lavoro dovesse essere svolto nel settore giovanile”. Dino Baggio è arrivato a Torino da Tombolo, il paesello in provincia di Padova, nel 1984. “Mi ha scoperto e portato in granata Giacinto Ellena – racconta al fattoquotidiano.it – ma è stato Vatta a farmi diventare un calciatore. Sia come allenatore che come uomo è stato fenomenale”. Ellena, classe 1914, e Vatta erano grandi amici. Soprattutto agli inizi, il primo fu molto importante per l’uomo di Zara. Avevano entrambi la stessa visione del pallone. Rispetto al calcio professionistico consideravano il settore giovanile come un mare pulito. Un giorno partirono insieme per la Francia a visionare un certo Michel Platini. Fu Vatta a fare la relazione sul giovane del Nancy. Può giocare con il Torino quel numero dieci? “Può giocare in qualsiasi squadra al mondo”. Il club se lo fece scappare, anni dopo arriverà in città ma vestendo un’altra maglia, quella bianconera.
Un altro dei suoi pupilli Ezio Rossi lo ha ricordato con un commovente post su Facebook: “È stato l’allenatore italiano più avveniristico e visionario che abbia conosciuto. Anni dopo, in tanti lo hanno copiato. Tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli anni ’80 era all’avanguardia. Zona, preparatore atletico, lavori in palestra con pesi, psicologo, training autogeno dopo gli allenamenti e prima della partita. Il martedì riunione tutti insieme nello spogliatoio, prima dell’allenamento, per parlare… parlare di tutto meno che di calcio o della partita precedente, parlare di famiglia, di società, di sesso, di fidanzate, della vita di tutti i giorni insomma… per crescere prima come persone normali, poi come calciatori. Maestro, Padre, Istruttore… conciliante, comprensivo, amante del dialogo… severo, rigido, a volte offensivo (in italiano e spesso in slavo), ma nella vita e nel calcio si cresce così. Se io sono cresciuto così e i Ragazzi del Filadelfia sono stati quasi tutti prima Uomini poi Calciatori, è anche grazie a lui, che è stato una pedina fondamentale della Nostra Crescita. Lui ha scritto una parte importante della Storia del più grande settore giovanile dell’epoca, preparandoci al professionismo senza mai farci credere di poter fare i professionisti, ma sicuramente di poter affrontare la vita di tutti i giorni ed essere Uomini con la schiena dritta. Riposi in pace Mister Vatta e ovunque lei sia se volesse darmi ancora dell’“ASINONE” lo faccia… mi ha insegnato a crescere… GRAZIE”.
Tra i suoi ragazzi esordienti in A, il primo di tutti fu Andrea Mandorlini nella stagione 1978-79. Dieci anni più tardi i due si affrontarono da rivali. Mandorlini era all’Inter, Vatta era stato chiamato sulla panchina della prima squadra a risollevare una stagione già compromessa. Dopo la vittoria granata al Comunale, Andrea regalò al vecchio maestro la maglia nerazzurra numero sei. Vatta poche settimane dopo sarebbe tornato a lavorare con i ragazzi.