Continua la tensione tra Usa e Cina con la chiusura del consolato cinese ad Houston, il primo ad essere aperto sul suolo americano nel 1979. Il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha dichiarato che l’amministrazione Trump sta intervenendo in merito al furto di proprietà intellettuale, sulla base delle accuse annunciate contro due individui cinesi accusati di hacking.
Inoltre il Dipartimento del Commercio ha da poco sanzionato 11 società cinesi per presunte violazioni dei diritti umani nella regione dello Xinjiang. Il senatore del Texas Marco Rubio si è spinto oltre affermando su Twitter che “il consolato cinese a Houston non è una struttura diplomatica. È il nodo centrale della vasta rete di spie e operazioni di influenza del Partito Comunista negli Stati Uniti”.
#China’s consulate in #Houston is not a diplomatic facility. It is the central node of the Communist Party’s vast network of spies & influence operations in the United States. Now that building must close & the spies have 72 hours to leave or face arrest.
This needed to happen.
— Marco Rubio (@marcorubio) July 22, 2020
Il New York Times ha citato David Stilwell, il più grande diplomatico degli Stati Uniti per l’Asia orientale, affermando che il consolato di Houston era stato l’epicentro degli sforzi dell’esercito cinese per ottenere vantaggi bellici. “Abbiamo fatto un passo pratico per impedire loro di farlo”, ha detto Stilwell al Times. Lo stesso Rob Davis, Ceo della Critical Start con sede in Texas, una società di sicurezza informatica, ha dichiarato che gli attori statali cinesi sono stati a lungo sospettati di impegnarsi nello spionaggio sul suolo americano e che il consolato di Houston sia solo la punta dell’iceberg.
In vista delle presidenziali di novembre la propaganda politica ha già fissato dei punti fermi. Secondo quanto riporta il sito geopolitica.info, in un documento redatto da un consulente strategico del Partito Repubblicano ad uso dei propri candidati sono elencati i messaggi da veicolare in campagna elettorale:
1) la Cina ha causato la pandemia attraverso l’opera di negazione e occultamento delle informazioni e accaparramento dei dispositivi medici;
2) la Cina è un rivale che ha sottratto milioni di posti di lavoro agli americani, invaso il mercato statunitense con il fentanyl e recluso membri di minoranze religiose in campi di concentramento;
3) i candidati democratici sono troppo accondiscendenti nei confronti della Cina;
4) la Cina deve essere sanzionata per le responsabilità nell’epidemia.
Tutto questo nonostante l’Oms continui ad insistere in una comunicazione corretta che non faccia riferimento a questo tipo di accuse. Troppo tardi, visto che siamo in campagna elettorale. Gli Stati Uniti hanno anche deciso di non riaprire il proprio consolato nella città di Wuhan, che è stato chiuso alla fine di gennaio all’apice dello scoppio del coronavirus in Cina. Oltre a Wuhan, gli Stati Uniti hanno altri quattro consolati in Cina – a Shanghai, Guangzhou, Chengdu e Shenyang – insieme all’ambasciata a Pechino.
D’altra parte funzionari americani si aspettano che la chiusura del consolato di Wuhan possa mitigare la risposta della Cina alla chiusura del consolato di Houston. Se ciò non fosse recepito in questo modo, Stati Uniti e Cina andrebbero verso un conflitto limitato. I primi lo preferirebbero presso le Isole Spratly, nel Mar Cinese Meridionale, i secondi nell’area di Taiwan.
Un documento del Dipartimento di Stato americano appare chiaro: “La Repubblica popolare cinese non può reclamare legalmente le pretese della zona economica esclusiva (Zee) derivate dalle isole Spratly – di fronte alle Filippine nelle aree che il Tribunale ha riscontrato essere nella zona economica esclusiva delle Filippine o nella sua piattaforma continentale. Le molestie di Pechino sulla pesca filippina e lo sviluppo energetico offshore in quelle aree sono illegali, così come qualsiasi azione unilaterale della RPC per sfruttare tali risorse”.
L’obiettivo è di non consentire a Pechino di trattare il Mar Cinese Meridionale come il suo impero marittimo.