Fece sparire una cisterna dopo un sequestro e quando scoprì che era partita un’indagine cercò di depistarla. Con queste accuse il comandante della stazione dei carabinieri di Cassano delle Murge, nel Barese, è stato arrestato. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Paola Angela De Santis, ha disposto i domiciliari per il maresciallo Cosimo Maldarizzi, 56 anni. Dovrà rispondere di peculato e depistaggio. Nell’inchiesta sono indagate in stato di libertà altre tre persone: i gestori dei depositi dove è stata custodita la cisterna e un brigadiere, collega di Maldarizzi, per non aver segnalato l’avvenuta sottrazione del bene.

Secondo le indagini coordinate dalla pm Chiara Giordano, nel giugno 2018, durante le operazioni di ritrovamento di otto mezzi, provento di furto nelle province di Bari e Taranto, e la successiva riconsegna ai proprietari, il maresciallo si sarebbe impossessato di una cisterna che faceva parte della refurtiva, consegnandola a un suo conoscente, gestore di un noto agriturismo della zona.

La “gravità dell’addebito”, il “progressivo intensificarsi delle condotte” illecite e “la scaltrezza manifestata” sono “indicativi di una certa dimestichezza e della sostanziale assenza di remore”, la gip nell’ordinanza di custodia. Per la giudice De Santis gli arresti domiciliari per Maldarizzi sono “l’unica misura idonea ad arginare il pericolo di recidivazione, anche in ragione della vasta cerchia di conoscenze di cui l’indagato ha dimostrato di disporre”.

Nell’ordinanza, che riporta parte della richiesta cautelare, si parla di “malafede” del maresciallo, “all’unico evidente scopo di fuorviare le indagini in corso ed assicurarsi l’impunità per il reato commesso”. Con “naturalezza”, scrive la gip, “si è impossessato di un bene di provenienza furtiva, tradendo il suo ufficio e i suoi doveri istituzionali”.

Poi con “abilità”, appena “acquisito consapevolezza di una attività investigativa in corso”, prima “ha indotto con astuzia” il gestore dell’officina “a recuperare e trasportare la cisterna presso il suo deposito” e, successivamente, “ha dato una comunicazione ingannevole al suo superiore per far credere agli inquirenti che la cisterna fosse sempre rimasta depositata presso il custode e che solo per una svista non era stata riconsegnata al proprietario”. Condotte che, conclude la giudice, “destano particolare allarme sociale”.

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