Dopo l’inchiesta su quanto accadeva nella caserma Levante di Piacenza, gli arresti dei sei carabinieri e lo scandalo, saltano i vertici provinciali dell’Arma. Il comando generale, infatti, ha deciso di azzerare tutto, sollevando dall’incarico i responsabili e nominando contestualmente i sostituti. Una decisione che è stata presa, sottolineano fonti dell’Arma, da un lato per il sereno e regolare svolgimento delle attività di servizio e dall’altro per recuperare rapporto di fiducia tra la cittadinanza e l’Arma. Questa la ratio. Per quanto riguarda i nomi, invece, da Roma è stato disposto il trasferimento in altra sede del comandante provinciale Stefano Savo, del comandante del reparto operativo Marco Iannucci e del comandante del nucleo investigativo Giuseppe Pischedda. I tre, va detto, non sono coinvolti al momento nell’inchiesta.
Per quanto riguarda i sostituti, il nuovo comandante provinciale di Piacenza è il colonnello Paolo Abrate, che arriva dalla guida del gruppo carabinieri Milano. Il tenente colonnello Alfredo Beveroni è invece il nuovo comandante del Reparto operativo di Piacenza: proviene dalla scuola sottufficiali di Firenze e nella sua carriera ha avuto notevoli incarichi in ambito territoriale. Il maggiore Lorenzo Provenzano è infine il nuovo comandante del Nucleo investigativo: prima di esser trasferito in Emilia, gestiva il comando di una sezione del Ros di Milano. I provvedimenti sono stati assunti dal comando generale dell’Arma dei carabinieri, nella giornata di oggi e sono già effettivi. Gli ufficiali, “tutti di primissimo piano”, come sottolinea l’Arma, nelle prossime ore raggiungeranno Piacenza.
Una riposta di livello, insomma, dopo quanto accaduto nella caserma Levante. Per appurare con precisione i fatti, del resto, l’Arma ha già fatto partire un’indagine interna. Nella fattispecie sarà il comando Interregionale di Padova, dal quale dipende anche il regionale dell’Emilia Romagna, a condurre l’inchiesta sui carabinieri indagati per i gravi reati dalla Procura di Piacenza. Nessun commento tuttavia in Prato della Valle, dove ha sede il comando interregionale “Vittorio Veneto“, ma, a quanto si apprende, tutto è pronto per l’avvio di un procedimento disciplinare interno finalizzato al licenziamento dei militari indagati. Il comandante, generale di divisione Enzo Bernardini, nominerà un ufficiale che sarà responsabile di raccogliere tutte le informazioni sulle accuse mosse ai militari di Piacenza. Questi ultimi verranno sentiti e verranno sentite tutte le persone del comando che erano in contatto con loro. La documentazione raccolta sarà sottoposta ad una commissione che valuterà le risultanze ed esprimerà, con una relazione scritta al comandante Bernardini, un parere non vincolante sull’opportunità di “rimuovere dal grado” ossia, di licenziare, i carabinieri indagati. Se durante il corso dell’indagine disciplinare dovessero essere riscontrati elementi di prova contro altri militari, gli ispettori del Comando riferiranno in primis all’autorità competente e potrebbe scattare anche nei loro confronti un accertamento disciplinare. La decisione ultima sulle sorti dei militari indagati spetta al Comando generale di Roma e al Ministero della Difesa.
L’inchiesta interna arriva a due giorni dalla discovery degli atti che hanno svelato quel che accadeva nella stazione Levante, con chi doveva difendere la legalità accusato di reati pesantissimi che arrivano fino alla tortura. Anche per questo motivo l’azzeramento dei vertici locali era abbastanza atteso. Un avvicendamento – secondo quanto fatto filtrare dal comando generale – utile a “per garantire a tutti” quella tranquillità necessaria che è invece sparita con gli arresti di mercoledì. Lo scossone deciso da viale Romania è però per forza di cose legato a doppio filo a quella che sarà la fase due dell’inchiesta della procura piacentina e della Guardia di Finanza: stabilire ruoli ed eventuali responsabilità che la catena di comando ha avuto in questa storia. I finanzieri hanno già cominciato ad analizzare tutti gli ordini di servizio e tutta la documentazione sequestrata nella caserma Levante, tra cui l’encomio solenne che nel 2018 venne dato dal comandante della Legione Emilia-Romagna nel corso della festa dei Carabinieri proprio alla stazione dei militari infedeli. “Per essersi distinti – diceva la motivazione – per il ragguardevole impegno operativo ed istituzionale e per i risultati conseguiti, soprattutto nell’attività di contrasto al fenomeno dello spaccio di sostanze stupefacenti“. Nei prossimi giorni, inoltre, le Fiamme Gialle acquisiranno anche ulteriori atti conservati negli altri uffici dell’Arma in città.
Tutte mosse che nella strategia del procuratore Grazia Pradella e degli investigatori hanno un motivo specifico: avere ogni documento utile in mano prima di procedere con la convocazione degli ufficiali. Sei sono quelli sui quali al momento si concentra l’attenzione per ricostruire la catena di comando, chi sapeva e cosa sapeva: i tre trasferiti oggi, dunque Savo, Iannucci e Pischedda, e i due comandanti provinciali che hanno preceduto Savo, i colonnelli Corrado Scarretico e Michele Piras. A loro si aggiungerà il maggiore Rocco Papaleo, ora comandante a Cremona ma fino al 2013 alla guida del nucleo investigativo. Con il suo esposto ai vigili urbani ha fatto partire l’inchiesta, dopo aver ricevuto una serie di messaggi da uno spacciatore diventato informatore di Montella, ma sul suo comportamento – sottolineano fonti inquirenti – ci sono delle ambiguità che vanno chiarite. Così come spiegazioni le dovranno il maggiore Stefano Bezzeccheri, comandante della compagnia di Piacenza da cui dipende la stazione Levante, e il maresciallo che guida quest’ultima, Marco Orlando. Entrambi indagati, hanno una posizione molto più complessa degli altri, come hanno ampiamente fatto emergere le intercettazioni. Dal Gip intanto sono comparsi i primi arrestati, oltre ad alcuni spacciatori: sono stati sentiti l’appuntato scelto Angelo Esposito e il carabiniere Daniele Spagnolo. “Ho eseguito degli ordini e non ho mai saputo del disegno” di Montella e gli altri, si sarebbe difeso quest’ultimo. Difficile da credere, che in una caserma così piccola, si potesse non vedere.