Al magistrato sono stati recapitati due avvisi di garanzia (con invito a presentarsi per l’interrogatorio) per corruzione in atti giudiziari e violazione di segreto: l’accusa, secondo quanto raccontato dal Corriere della Sera e Repubblica, in sostanza è quella di avere ricevuto utilità, come un soggiorno in un hotel di lusso e multe, in cambio di favori
Nuove accuse per Luca Palamara. La Procura di Perugia ha notificato all’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati due avvisi di garanzia (con invito a presentarsi per l’interrogatorio) per corruzione in atti giudiziari e violazione di segreto: l’accusa, secondo quanto raccontato dal Corriere della Sera e Repubblica, in sostanza è quella di avere ricevuto utilità, come un soggiorno in un hotel di lusso e multe, in cambio di favori. Secondo i pm di Perugia le utilità avrebbero dovute ìnfluire sul percorso di controversie legali che interessavano due imprenditori amici di Palamara.
L’accusa di violazione di segreto, invece, in concorso con l’altro pm romano Stefano Fava, riguarda la rivelazione di notizie circa un esposto presentato dallo stesso Fava al Csm contro l’ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e il procuratore aggiunto Paolo Ielo. Al centro della nuova indagine della Procura ora guidata da Raffaele Cantone ci sarebbe il pagamento di alcuni soggiorni in un hotel superlusso d Capri dove Palamara è accusato stato in quattro occasioni tra il 2011 e il 2018 con la moglie, la sua famiglia e anche con l’amica Adele Attisani. Soggiorni che per i magistrati sarebbero una sorta di ‘pagamento’ per presunti favori ad un fratello dell’imprenditore proprietario dell’hotel. Indagini anche sul pagamento di alcune multe: per la Procura di Perugia anche in questo caso si tratterebbe di un favore.
La difesa dell’ex pm assicura che Palamara chiarirà tutto “per evitare inutili stillicidi e per sgombrare il campo da possibili ed ulteriori contestazioni su asserite utilità ricevute” e sulle “richieste di interessamenti per le nomine che nel corso degli anni gli sono state avanzate nell’ambito della sua attività consiliare e di esponente della magistratura associata e risultanti dalle chat acquisite al procedimento”. Gli avvocati Mariano e Benedetto Buratti e Roberto Rampioni spiegano in una nota che le ultime accuse rivolte al loro assistito sono relative a fatti “ampiamente noti e riguardano consolidati rapporti di amicizia risalenti nel tempo: nel caso di Capri si tratta addirittura di inviti per un totale di 6 notti nell’arco di dieci anni ed in occasione di ricorrenze”. Per i penalisti è intenzione di Palamara “chiarire tutti i fatti oggetto di contestazione compresa la sua totale estraneità alle notizie pubblicate relativamente alle vicende dell’esposto di Fava contro Ielo e Pignatone per la mancata astensione nel procedimento penale nei confronti dell’avv.Amara a causa dei rapporti professionali tra quest’ultimo ed il prof. Roberto Pignatone”.
Il 30 luglio, in presenza del procuratore Raffaele Cantone, proseguirà l’udienza davanti al gip di Perugia per decidere quali trascrivere tra le intercettazioni telefoniche al centro dell’inchiesta che coinvolge l’ex pm: una riguarda i colloqui di Palamara con Cosimo Ferri e l’ex ministro Luca Lotti. Nei giorni scorsi a Palazzo dei Marescialli è iniziato il “processo interno” davanti alla sezione disciplinare del Csm, che vede incolpati oltre a Palamara il parlamentare e magistrato in aspettativa, Cosimo Ferri, e gli altri cinque ex membri del Csm, finiti nella bufera dopo l’inchiesta di Perugia che ha fatto luce sul cosiddetto “sistema delle correnti” nella magistratura. La sezione disciplinare – presieduta dall’avvocato lodigiano Emanuele Basile – ha avuto giusto il tempo di incardinare i tre distinti procedimenti, poi tutto è stato rinviato al 15 settembre: da quella data comincia la serie di udienze che per ora sono fissate fino al 17 dicembre. Al centro del ‘dibattimentò ci saranno la riunione notturna del 9 maggio 2019 all’Hotel Champagne per parlare di nomine ai vertici degli uffici giudiziari, e, soprattutto, di quella a capo della procura di Roma, come emerso dalle conversazioni intercettate dal trojan inoculato nel cellulare di Palamara.