Mentre in tutta Europa salgono i contagi da Covid-19, con Francia e Spagna che in 24 ore hanno registrato all’incirca mille nuovi casi ciascuna e in Italia continuano a emergere focolai, finora tenuti sotto controllo, è lecito domandarsi cosa dobbiamo aspettarci da qui alle prossime settimane. Perché la cena di Pisciotta, in Cilento, dopo la quale sono emersi dieci contagi, anche di una bambina di due anni, non è un buon segno. I presidenti di Regione valutano nuove misure per arginare movida e assembramenti, ma molti italiani sono già in vacanza da diversi giorni e altri partiranno ad agosto. Si rischia una seconda ondata, come sta accadendo in Catalogna, dove si contano già diversi Comuni in lockdown? Ilfattoquotidiano.it lo ha chiesto ad alcuni esperti. Tutti invitano alla prudenza e si aspettano un aumento dei casi. C’è chi è più o meno ottimista, ma tirare somme è impossibile. E, intanto, si inizia a pensare a come la macchina organizzativa potrebbe rispondere in caso di una seconda ondata. In primis è stato contattato l’Istituto superiore di sanità, il cui direttore, Silvio Brusaferro, è anche componente del Comitato tecnico scientifico per l’emergenza Covid-19. Rispondono, però, che dall’Iss non si rilasciano più interviste e suggeriscono di contattare proprio il Cts.
IPPOLITO (CTS): “NON SONO POSSIBILI PREVISIONI, MA DOBBIAMO STARE ATTENTI” – “L’epidemia non è finita – spiega Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto nazionale per le malattie infettive ‘Spallanzani’, nonché componente del Comitato tecnico scientifico – e la scienza dice che i virus sono imprevedibili. Chiunque tiri stime è un cretino. La verità è che dobbiamo sicuramente aspettarci qualche altro caso, ma nessuno può dire che numeri si raggiungeranno”. Sulla base dei dati, c’è da aspettarsi una seconda ondata anche in Italia? “Ribadisco. Impossibile dire se si tratterà di pochi casi in più rispetto a oggi o di una vera e propria seconda ondata – conferma Ippolito – ma proprio sulla base dei dati che abbiamo invito alla prudenza. D’altro canto basta guardare a quanto sta avvenendo nel mondo, da Israele (oltre duemila casi in 24 ore, ndr), al Giappone (in un giorno 981 casi), fino ai Paesi a noi più vicini”. Impossibile, dunque, andare in vacanza come se nulla fosse o quasi, come forse qualcuno aveva sperato. “Chi va in vacanza – spiega Ippolito – deve adottare le stesse misure restrittive che segue a casa sua. Chi non lo fa e cerca giustificazioni, non segue la scienza”.
PREGLIASCO: “OGGI C’È MAGGIORE CAPACITÀ DI INDIVIDUARE I FOCOLAI” – Secondo Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Istituto Galeazzi di Milano e virologo dell’Università di Milano, “quello che sta accadendo, con i numeri dei contagi che aumentano soprattutto in alcune aree del Paese è qualcosa che il mondo scientifico si aspettava”. Rispetto a qualche mese fa, però, abbiamo un vantaggio. “Oggi c’è una maggiore capacità di individuare i focolai, anche tra gli asintomatici, che prima non emergevano affatto” spiega Pregliasco a ilfattoquotidiano.it. E anche gli incrementi registrati nelle ultime settimane, secondo il virologo “dimostrano sì la presenza endemica del virus, ma con un maggior numero di casi non rilevanti dal punto di vista clinico”. Le vie principali del contagio? “Fondamentalmente tre: le attività a rischio di operatori che lavorano nei macelli e spedizionieri (in Germania a un solo mattatoio sono legati circa duemila casi, ndr), situazioni di degrado sociale che portano a cluster legati a famiglie o a gruppi di popolazione e i casi importati”.
DAL RITORNO DELLE COLF AL TURISMO – In questi giorni, preoccupano in modo particolare anche l’Italia, in contagi registrati in Romania, perché si teme il rientro di colf, badanti e lavoratori stagionali provenienti proprio dall’Est Europa, senza essere sottoposti ad alcun controllo. Una situazione circoscritta, alla quale si aggiungono i timori relativi proprio al via vai di turisti stranieri che raggiungono il nostro Paese e a quelli italiani che in queste settimane stanno continuando a viaggiare, trascorrendo le loro vacanze anche all’estero. Cosa si può fare per limitare i danni? “Il lockdown ha ridotto la diffusione del virus e ora siamo in una fase di limbo – spiega Pregliasco – nella quale non possiamo escludere la possibilità di una seconda ondata. Per questo è molto importante che si adottino comportamenti responsabili e si eviti un abbassamento eccessivo del livello di guardia”. Ma se dovesse esserci questa seconda ondata? “Tutto dipende dai numeri, ma siamo comunque più preparati”.
GALLI: “ATTENZIONE SOPRATTUTTO AGLI ANZIANI” – Tra i Paesi europei a preoccupare di più è la Spagna. “Mi auguro che non ci sia un effetto Catalogna (oltre 200 focolai individuati, ndr), che è quello in questo momento più temibile” spiega Massimo Galli, professore ordinario di Malattie Infettive all’Università Statale di Milano e primario dell’Ospedale Sacco del capoluogo lombardo, sottolineando “c’è molta attenzione ai nuovi focolai”. Soprattutto a casa nostra. L’effetto vacanze? “Capisco la voglia di godersi l’estate, ma in questo momento occorre non stare ammassati e suggerisco molta prudenza soprattutto alle persone anziane, perché è già capitato che in recenti focolai qualcuno richiedesse nuovi ricoveri nelle rianimazioni”. Eppure c’è ancora chi ritiene protezioni e disposizioni preventive come una limitazione che non trova ragioni della realtà. “Le racconto un episodio. Nelle ultime ore, insieme ad alcuni colleghi sono stato destinatario di un messaggio scritto da un signore che ci domanda: ‘Cari scienziati, quando potremo tornare a essere liberi?’. E se la prende, in modo sgrammaticato, con distanziamento sociale, mascherine, lockdown. Ora, al di là delle modalità, resta emblematico di un sentimento che c’è, almeno in una parte della popolazione”.
Come guarda a ciò che sta avvenendo in Europa? “Prima di guardare ciò che arriva dall’estero – aggiunge – a cui comunque dobbiamo prestare attenzione, occorre avere consapevolezza della presenza del virus nel nostro Paese. È chiaro che in un mondo globalizzato, i Paesi che vanno fuori controllo rappresentano un pericolo anche per noi”. L’Italia lo è stata nei mesi scorsi. “Ma siamo anche stati i primi – commenta Galli – avremmo dovuto chiudere tutto, come dimostra quanto scoperto sul ceppo proveniente da Monaco di Baviera, e non solo i voli dalla Cina, ma in quel momento era una soluzione impensabile”. Oggi la situazione è diversa. “Sappiamo che meno del 10% degli infettati causa oltre l’80% delle nuove infezioni – spiega l’infettivologo -. E questo spiega quello che vediamo in giro e i focolai che si sono generati. La prova l’avremo se riusciremo a fare ulteriori studi filogenetici sulle sequenze delle nuove infezioni. E capiremo se il virus è lo stesso o è di tipo diverso e viene da altri Paesi, come per esempio quello riscontrato a Padova mesi fa”. Possibile, insomma, che insieme al virus che ha così duramente colpito l’Italia, ne stia girando “ma in modo meno aggressivo” anche un altro.
UN SISTEMA ORGANIZZATIVO DA IMPLEMENTARE – Cosa dobbiamo aspettarci? “Non mi aspetto una recrudescenza di portata galattica. Tutto sommato – spiega Galli – non credo che torneremo a ciò che è stato nei mesi scorsi, anche perché mi auguro che eventuali altri focolai possano emergere quasi nell’immediato ed essere gestiti”. Il sistema è in grado di farlo? “L’organizzazione ha ancora bisogno di essere implementata. Sento molto parlare di banchi per le scuole e poco di medicina sul territorio. D’altro canto, se il sistema funzionava limitatamente prima, non è che schioccando le dita, possa avvenire un cambiamento miracoloso”. Cosa serve? “Intanto l’assunzione di medici e assistenti e poi una realtà organizzativa, anche per i medici di base. Finora si è fatto fronte ai casi fin qui emersi, ma ad oggi stanno continuando ad aumentare”.