I piccoli imprenditori hanno una grave malattia che si manifesta in tutta la sua gravità durante i periodi di crisi: si innamorano troppo del loro prodotto, della loro offerta, senza “ascoltare” il mercato. Senza sapere cosa invece vogliono i potenziali acquirenti. E quando lo fanno, anche con metodologie artigianali e self-made, spesso si accorgono che i clienti adottano comportamenti molto diversi da quelli previsti dalle ricerche di mercato.
Il motivo è chiaro. Gli esseri umani sono animali fortemente sociali e appartengono contemporaneamente a molti gruppi sociali, ognuno con una propria identità distinta. Quando andate in chiesa probabilmente non vi identificate come un tifoso della Juventus o del Napoli, e all’inverso non vi sentite particolarmente cattolici mentre siete allo Juventus Stadium o al San Paolo. E il gruppo sociale con cui, in quel momento, vi state identificando influenza le vostre reazioni che si modificano velocemente anche di fronte a sottili cambiamenti di contesto.
Come intercettare le reazioni dei clienti? Immaginate di avere un’idea o un prodotto, ma nessuno tranne voi ne è a conoscenza. Quindi, voi e la vostra idea (o prodotto) non esistete nel mercato. Per essere percepiti si deve attirare l’attenzione dei destinatari. L’importanza di essere percepiti in modo efficace non è solo l’esperienza aziendale quotidiana di chi comunica, ma una caratteristica di base del mondo in generale. Attirare l’attenzione è un pre-requisito per fare business, per vincere le elezioni o per dare forma alla società. Nel mondo post-moderno contano solo le idee, le merci, le persone e le imprese che sono visibili e comunicano informazioni.
Ma quante sono le informazioni disponibili? Il numero di informazioni che ci raggiungono è aumentato in modo esponenziale negli ultimi quindici anni. E continuerà ad aumentare. L’informazione è una risorsa potenzialmente infinita. Ma se l’informazione non ha limiti di crescita, lo stesso non si può dire della nostra attenzione che è una risorsa finita, probabilmente la più scarsa sul nostro pianeta, ed è contesa tra decine di attori.
È stato Herbert Simon, premio Nobel per l’economia, a notare già nel 1971 che l’overload di informazione disponibile genera scarsità di attenzione. L’informazione consuma attenzione e bisogna quindi allocarla in modo efficiente, ma è anche difficile da ottenere.
La prima conseguenza cognitiva dell’overload è l’impoverimento della nostra attenzione, perché siamo costretti a distribuirla tra tutte le fonti di informazione con cui viene a contatto. A farne le spese sono soprattutto le marche e i prodotti dei piccoli imprenditori. Per le marche è sempre più difficile farsi vedere e farsi ascoltare, soprattutto per quelle che investono poco in formazione e comunicazione. Nei paesi anglosassoni l’equazione visibilità=vendita è espressa dal motto unseen, unsold. In effetti, non essere visti in un contesto comunicativo affollato è ben più che un rischio, è un suicidio.
Per essere visti occorre fornire al cervello informazioni di qualità, consapevoli che esso dispone di un filtro cognitivo capace di distinguere ciò che è rilevante da ciò che non lo è e lo conduca alla decisione con il minor rischio di errore. In definitiva, un messaggio efficace dovrebbe essere narrativo, emozionale, privo di ambiguità e molto semplice, per consentire al cervello umano di raccogliere rapidamente le poche informazioni-chiave per elaborare un giudizio con il minor sforzo cognitivo possibile.
Poiché l’attenzione dei consumatori è diventata l’oggetto del desiderio di tutti, è importante capire che occorre una nuova metrica, la cosiddetta quota di attenzione, che consenta di verificare qual è la performance del prodotto nel nuovo mercato dell’attenzione. Non si tratta di una metafora o di un concetto riservato solo alle grandi imprese ma di una concreta possibilità di analisi per il micro-marketing. Costruire una nuova strategia dell’attenzione vuol dire, prima di tutto, comprendere quali sono le reazioni cognitive ed emozionali dei consumatori ad un messaggio e poi individuare che cosa attrae la loro attenzione e perché.
Occorre molto impegno e la disponibilità a saper usare con professionalità i nuovi strumenti (social, sito web, recensioni on line) per capire cosa muove l’interesse inconscio dei consumatori. Senza l’impegno non vi è alcuna possibilità di costruire un rapporto più profondo con i propri clienti, tanto meno vendergli qualcosa. Senza la consapevolezza e la conoscenza infatti non può esserci alcuna azione efficace e di successo. Formarsi al riguardo è una necessità.