“Sono molto dispiaciuto per quello che ho fatto”. Una frase, pronunciata dall’appuntato Peppe Montella di fronte al gip nel corso dell’interrogatorio di garanzia, che suona a tutti gli effetti come una confessione. O comunque come una prima ammissione dei fatti accaduti nella caserma Levante di Piacenza. Come riporta il Corriere della Sera, il carabiniere considerato dai pm al vertice di quel “sistema criminale” fatto di falsi arresti, spaccio di droga e tortura, ha risposto a tutte le domande del giudice. E tra pianti e stanchezza ha confermato molte delle ricostruzioni trapelate finora, compreso il ruolo dei suoi colleghi. “Non ho fatto tutto io”, ha spiegato nel corso dell’interrogatorio. Alcuni fatti, invece, ha tentato di ridimensionarli. Come il presunto traffico di stupefacenti che avrebbe messo in piedi all’interno della caserma. “Ho cominciato a gennaio scorso e ho guadagnato appena 5mila euro in tutto”.

Le ammissioni di Montella su droga e violenze – Stando a quanto riporta il quotidiano di via Solferino, Montella aveva bisogno di soldi per pagare le rate di un finanziamento e del mutuo per la casa. Da qui la decisione di ricorrere alla droga. Il guadagno che lui sostiene di averne ricavato, però, contrasterebbe con il tenore di vita “decisamente sproporzionato” che il gip gli attribuisce nell’ordinanza cautelare. L’appuntato viene descritto come un “criminale pericolosissimo” che “è stato in grado per anni di mascherarsi da servitore dello Stato per perseguire esclusivamente i suoi scopi illeciti”. Dal 2008 al giorno del suo arresto ha cambiato dieci automobili e 16 moto passando da Fiat Punto e Smart a Bmw 520, Mercedes Classe A e Ducati Hypermotard. Il dubbio è quindi ” come mai nessun membro dell’Arma abbia sollevato dubbi sulle sue capacità economiche“, in teoria garantite solo dai 31.500 euro lordi di stipendio. Nel corso dell’interrogatorio fiume, almeno stando alle prime ricostruzioni, non si sarebbe fatta menzione invece del tariffario della droga documentato nelle carte d’inchiesta. L’altro capitolo affrontato con i pm riguarda le violenze ai danni degli arrestati. Montella ammette di aver dato schiaffi, ma tira in mezzo anche i colleghi: “C’erano tutti, non ero solo io in una stanzetta”. Un modo per rispondere a quanto dichiarato nei giorni scorsi dai carabinieri già interrogati dai pm. “Ha partecipato alle operazioni ma non sapeva cosa c’era a monte”, aveva dichiarato il legale di Giacomo Falanga, sostenendo inoltre che il nigeriano ritratto con del sangue nella foto-simbolo dell’inchiesta sarebbe “caduto da solo”.

Il ruolo degli altri carabinieri e dei vertici dell’Arma – Montella appare deciso nel rivendicare responsabilità collettive per quanto accaduto tra le mura di via Caccialupo. D’altronde tutti i carabinieri della caserma, eccetto uno, sono stati iscritti nel registro degli indagati. Compresi il maresciallo Orlando, che verrà ascoltato lunedì, e il comandante di stazione Bezzecchieri. Proprio lui, stando alle intercettazioni riportate nelle carte dei pm, avrebbe spinto i militari a eseguire il maggior numero di arresti per una “questione di orgoglio” di fronte ai colleghi delle caserme vicine. Secondo Montella, riporta sempre il Corriere, la pressione in tal senso è stata “incessante“. Chi non risulta coinvolta, invece, è la catena di comando dell’Arma provinciale. Nel corso dell’interrogatorio presso il carcere di Piacenza, l’appuntato ha negato l’esistenza di una “regia” e ha tirato in ballo solo i suoi pari-grado. Un elemento su cui sarà incentrata la fase 2 dell’inchiesta.

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