“È la chiave per vivere su Marte“. Così gli scienziati spiegano la portata della scoperta fatta a Chernobyl, all’interno del reattore nucleare distrutto nel disastro del 1986: si è sviluppato un fungo che protegge dalle radiazioni e che quindi potrebbe consentire all’uomo di sopravvivere sul Pianeta Rosso, finora inaccessibile proprio a causa del suo elevato livello di radioattività. La scoperta è stata fatta da un gruppo di ricercatori dell’università di Stanford, testata sull’Iss (la Stazione Spaziale Internazionale) e pubblicata su New Scientis, come riferisce il Daily Mail.
Uno strato di questo fungo di circa 21 centimetri di spessore potrebbe “negare ampiamente l’equivalente dose annuale dell’ambiente di radiazione sulla superficie di Marte“, ha spiegato Nils Averesch dell’università di Stanford a New Scientist. “Ciò che rende fantastico il fungo è che hai solo bisogno di pochi grammi per iniziare”. Dallo studio è emerso infatti che il fungo si auto-replica e si auto-guarisce: questo significa che anche se un bagliore solare dovesse danneggiare in modo significativo lo schermo radioattivo, questo sarà in grado di ricrescere in pochi giorni. “È già stato in grado di assorbire i dannosi raggi cosmici sulla Stazione Spaziale Internazionale e potrebbe essere potenzialmente utilizzato per proteggere le future colonie di Marte”, spiega ancora.
Le prime tracce di questo fungo furono scoperte nel 1991, cinque anni dopo l’esplosione: dei funghi neri erano comparsi sulle pareti del reattore abbandonato che era stato inondato di raggi gamma. Gli scienziati hanno scoperto che, allo stesso modo in cui le piante convertono anidride carbonica e clorofilla in ossigeno e glucosio attraverso la fotosintesi, i funghi hanno assorbito raggi mortali che gli hanno permesso di produrre energia. Questo processo – la radiosintesi salutata – ha catturato l’attenzione degli scienziati a causa delle sue implicazioni potenzialmente rivoluzionarie.
Il fungo, consentirebbe infatti ad esempio ai malati di cancro sottoposti a radioterapia, agli ingegneri delle centrali nucleari e ai piloti delle compagnie aeree di “operare senza il timore di assorbire una mortale dose di raggi”, come scrive la rivista Scientific American. Il potere di conversione delle radiazioni dei funghi potrebbe anche essere usato per alimentare apparecchi elettrici, essendo propagandato come possibile risposta biologica ai pannelli solari. “Questa tecnologia probabilmente troverà il suo posto nella biotecnologia in quanto non tossica e biocompatibile”, fanno sapere ancora gli scienziati autori dello studio. “I progressi nell’uso dei poteri dei funghi per scopi medicinali sono stati graduali, ma sono stati potenziati negli ultimi anni da uno studio in corso che ne ha visto inviare campioni nello spazio. Coltivandolo nella Stazione Spaziale Internazionale, dove il livello di radiazione è aumentato rispetto a quello sulla Terra”, ha aggiunto il professor Clay Wang dell’Università della California del Sud.