Nel secondo episodio di ‘Sentieri persiani’ il reportage in tre puntate sull’Iran – da oggi disponibile integralmente in esclusiva sulla piattaforma TvLoft (https://www.tvloft.it/ e app TvLoft), avevamo lasciato Alessandro Di Battista all’ambasciata di Teheran. Ora il protagonista raggiunge Tabriz, la città più grande dell’Iran nord-occidentale nonché capoluogo dell’Azerbaigian orientale, una provincia persiana dove gli azeri sono la maggioranza della popolazione. Il suo bazar è uno dei mercati più belli al mondo tanto che dal 2010 è tutelato dall’Unesco come sito patrimonio dell’umanità.
Kandovan
Venticinque km a sud di Tabriz c’è Kandovan, un villaggio molto arcaico tutt’ora abitato. Gli abitanti di Kandovan si dedicano all’allevamento del bestiame, all’agricoltura – quando il clima lo consente – e al piccolo artigianato. Nel villaggio ci sono una moschea e una scuola, ma i giovani sono sempre meno. Preferiscono lasciare il villaggio e cercare lavoro a Tabriz o a Teheran. “Il turismo non solo migliorerebbe le condizioni di vita degli abitanti di Kandovan – spiega Di Battista – ma eviterebbe lo spopolamento delle zone rurali e il conseguente sovraffollamento delle città che non fa altro che aumentare disagi e disoccupazione”.
Golestan
Sulla strada per Mashhad, la città sacra di Persia, c’è la provincia del Golestan, una delle 31 province iraniane. Il Golestan confina ad ovest con il mar Caspio e a nord con il Turkmenistan.
In Golestan sono tutti iraniani, ma la maggior parte degli abitanti sono di etnia turcomanna. I turcomanni, ovviamente, conoscono il persiano, ma hanno la loro lingua, le loro tradizioni e sono sunniti. Il governo degli Ayatollah non è ben visto in questa provincia. Lì l’ex deputato M5S ha visitato in totale solitudine un cimitero molto particolare e un santuario, luogo di pellegrinaggio per gli abitanti della provincia. Secondo la tradizione orale nel santuario venne sepolto Khaled Nabi, un antico profeta. “Una tradizione religiosa sciita consiste nel legare un ‘dakhil’, ovvero un nastro o un pezzo di stoffa vicino ai luoghi di cult per chiedere ai santi musulmani l’intercessione presso Dio affinché esaudisca una preghiera”, racconta il regista che aggiunge “è bello visitare questi luoghi di culto e pensare, guardando quei pezzi di stoffa, a tutti gli uomini e le donne che vi hanno pregato”.
Mashhad
Mashad è la seconda città iraniana per numero di abitanti e in assoluto la più visitata per via del favoloso Haram, il Sacro santuario che si trova al centro della città. Si tratta del complesso religioso più importante di tutta la Persia. Mashhad si trova nell’Iran orientale non lontano dal confine turkmeno e da quello afghano. Dall’Afghanistan, oltre ai pellegrini sciiti entusiasti di poter andare a pregare al Sacro santuario, provano ad entrare i narcotrafficanti afghani con i loro carichi di eroina. “Sono molti i reparti dei pasdaran impiegati nella lotta al traffico di droga – spiega Di Battista – I pasdaran ed i talebani si sono sempre detestati, la sola cosa che hanno in comune è la lotta al narcotraffico”.
Kang
A 50 km da Mashhad, ad un altitudine di oltre 1700 metri sul livello del mare, c’è Kang, un antico villaggio a terrazze. Le case sono costruite con travi di legno e mattoni di fango.
Gli asini sono il principale mezzo di trasporto sui vicoli ripidissimi del villaggio. Qui Di Battista conosce un ‘Seyyed’, un discendente di Maometto. Gli sciiti prestano una particolare attenzione all’albero genealogico legato al profeta e di discendenti di Maometto capaci, a detta loro, di dimostrare il legame di sangue con il padre dell’Islam ce ne sono parecchi. “Discendente o meno di Maometto quest’uomo mi ha accolto in casa sua, mi ha offerto una tazza di tè e mi ha raccontato la storia del villaggio”.
Howraman
Nel Kurdistan iraniano, alle pendici delle montagne del Kūh-e Takht, c’è la valle di Howraman. Qui sono tutti curdi. Parlano il curdo, hanno le loro tradizioni, una loro cucina e sono sunniti. I curdi iraniani non hanno particolare simpatia per gli Ayatollah e per il governo islamico dell’Iran. Ciononostante, pur essendo sunniti come Saddam Hussein, durante la guerra Iran-Iraq combatterono valorosamente con l’esercito iraniano.
Confine con l’Iraq
Il contrabbando è sempre esistito da queste parti ma oggi, con le sanzioni imposte dagli Stati Uniti procurarsi alcuni prodotti – vestiti, sigarette, medicinali e soprattutto elettrodomestici – è difficilissimo e così, migliaia di persone, si mettono al servizio dei contrabbandieri e attraversano le montagne per raggiungere l’Iraq. Da queste parti li chiamano ‘kulebar’, una parola persiana che significa “ciò che si porta sulle spalle”. Sono tutti curdi-iraniani. “Le sanzioni non servono a nulla. Per lo meno non servono a ottenere l’obiettivo che chi le impone si prefissa, ovvero rovesciare governi a loro ostili, siano essi più o meno democratici. Le sanzioni indeboliscono i poveracci e rafforzano divisioni ed estremismi – dice Di Battista – Le fake-news che circolano in Occidente sull’Iran sono intollerabili. La Persia viene descritta come un Paese sull’orlo della guerra civile, con la fila di persone ai supermercati o alle pompe di benzina. Non è vero nulla. L’Iran ha mille problemi e mille contraddizioni. Tuttavia lo Stato esiste e questo lo sanno bene anche gli iraniani che, giustamente, chiedono cambiamenti e modernità. In Iran milioni di persone pretendono condizioni di vita migliori, ma in pochi sognano un collasso del sistema”, conclude l’ex deputato grillino.