C’è l’ombra dei paramilitari di Putin dietro alle rivolte che hanno preso di mira il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko in vista delle prossime elezioni Presidenziali del 9 agosto. Un tentativo di destabilizzazione dell’esecutivo, accusano da Minsk, che ha come obiettivo quello di indebolire la leadership dell’ex militare e riportare il Paese sotto l’ala protettrice di Mosca, dopo i tentativi di allontanamento degli ultimi mesi. Lo dimostrerebbero gli ultimi arresti delle autorità locali che nella notte hanno fermato 32 miliziani del Wagner Group, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa statale Belta, compagnia fondata dall’ex agente dei servizi segreti militari russi (Gru) Dmitry Utkin e gestita dall’oligarca Yevgeny Prigozhin, conosciuto come Lo chef di Putin.
Belta sostiene, senza che sia possibile verificarlo in modo indipendente, che le 32 persone arrestate nei pressi di Minsk siano cittadini russi arruolati nella “compagnia militare privata straniera Wagner”, la stessa a cui si rivolge il Cremlino per operare nei teatri di guerra più complicati, dove sarebbe difficile giustificare una presenza militare ufficiale di Mosca: dalla Siria alla Libia, dall’Iraq alla Nigeria, fino all’Ucraina. E proprio ciò che è successo in Ucraina, dove gli uomini della Wagner hanno anche operato al fianco dei gruppi separatisti filo-russi, è il modello di intervento che Vladimir Putin avrebbe in mente in Bielorussia, secondo Lukashenko , ricalcando le proteste di piazza Maidan, ma in versione pro-Russia. Una destabilizzazione della leadership con lo scopo di mettere alle strette il leader bielorusso al comando da 26 anni.
Anche un’altra persona è stata arrestata nel sud del Paese, aggiunge l’agenzia che ha anche pubblicato una lista di quelli che a suo dire sarebbero i nomi dei presunti “miliziani”, mentre le autorità sostengono di aver ricevuto informazioni sull’arrivo in Bielorussia di “oltre 200 combattenti per destabilizzare la situazione durante la campagna elettorale”.
L’occasione è stata fornita dall’imminente voto per le Presidenziali, il 9 agosto, dopo che a Minsk un migliaio di persone ha sfilato in protesta contro la sua ricandidatura, sostenuti dal blogger Syarhey Tsikhanouski, recentemente incarcerato per una “manifestazione di massa non autorizzata”, e dall’oppositore Mikalay Statkevich, entrambi esclusi dalla corsa alla presidenza dalle autorità bielorusse che hanno respinto le candidature di quasi tutti gli oppositori, alcuni dei quali sono stati arrestati.